I legami con la Russia hanno portato la Mongolia a una posizione di ufficiale neutralità riguardo alla guerra in Ucraina. Il paese ha solo 3,5 milioni di abitanti e si muove in un difficile equilibrio fra le due potenze confinanti: sono forti anche le pressioni della Cina, che invece è di fatto l’unico mercato delle sue esportazioni. Nonostante i tentativi di apertura verso i paesi occidentali (la Mongolia ha ricevuto visite ufficiali del presidente francese Emmanuel Macron e del segretario di stato statunitense Antony Blinken), restano più importanti i legami con i paesi vicini.
La visita di Putin ha come ragione ufficiale le celebrazioni per l’85° anniversario della vittoria degli eserciti mongolo e sovietico contro le forze d’invasione giapponesi, nel 1939, nella battaglia di Khalkhin Gol. Putin è stato accolto al suo arrivo da una guardia militare e nella capitale Ulan Bator sono state issate molte bandiere russe. La polizia ha anche bloccato la contestazione di un piccolo gruppo di attivisti del gruppo “No War” che cercava di esporre una bandiera ucraina durante il passaggio del convoglio di auto del presidente russo.
L’accoglienza ufficiale in Mongolia è una vittoria diplomatica per Putin e conferma che l’isolamento politico del regime russo non è totale, soprattutto nei paesi asiatici e nelle aree che hanno una storica dipendenza dalla Russia. Allo stesso tempo conferma una cosa che è risaputa da tempo: cioè che le decisioni della Corte penale internazionale non hanno all’atto pratico effetti immediati e sicuri, ma dipendano dalla volontà politica dei paesi che hanno deciso di sottostare alla sua giurisdizione.