Ad aprile la Corte suprema ha aperto un’indagine contro Elon Musk per intralcio alla giustizia, dopo che il miliardario ha riattivato su X una serie di account di estrema destra che il governo aveva ordinato di chiudere. Quando l’ingiunzione è stata disattesa, il giudice Alexandre de Moraes aveva minacciato una multa giornaliera di 20mila reais (3.200 euro, a far sorridere il miliardario) ed, eventualmente, una pena detentiva, minaccia più temibile.
X minaccia la chiusura delle sue operazioni in Brasile, per scansare le sanzioni I consulenti del giudice replicano che Starlink avrebbe comunque dovuto pagare dal momento che entrambe le società appartengono allo stesso ‘conglomerato’ del magnate sudafricano. Musk ha risposto alla sentenza del tribunale definendo de Moraes un “dittatore” sostenuto dal presidente brasiliano Lula da Silva. Dal presidente della Corte suprema a quello della Repubblica.
Mercoledì la Corte suprema ha dato a Musk 24 ore per nominare un rappresentante legale di X in Brasile, oppure “sospensione immediata” per il social network. E col suo ‘trumpismo’ d’istinto Musk pubblica su X un’immagine che mostra De Moraes nella cella di un carcere, accompagnata dal commento: “Un giorno questa foto di te in prigione sarà reale. Ricorda le mie parole”. Peggio, su X, a photoshop del giudice brasiliano paragonato brutti personaggi fantesy.
La disputa ha inizio per diffusione di disinformazione e incitamento alla violenza diversi account legati ai sostenitori dell’ex presidente di estrema destra del Brasile, Jair Bolsonaro. Musk da subito denuncia una “censura aggressiva” e ha addirittura chiede che de Moraes si “dimetta o venga messo sotto accusa”. In risposta ovvia, de Moraes avviato un’indagine su Musk per ostruzione della giustizia. In realtà nulla di nuovo per lo stramilardario molto pieno di se.
Non è il solo conflitto di questo tipo che coinvolge Musk. In Australia, il miliardario fondatore di Tesla è in conflitto con il Commissario per la Sicurezza Online, Julie Inman Grant, che aveva chiesto di rimuovere in tutto il mondo dei video che mostrano un violento accoltellamento durante una messa in una chiesa di Sydney. Mentre altre piattaforme internazionali hanno rispettato l’ordine, X ha bloccato i contenuti solo in Australia, portando a uno scontro legale.
Se l’estrema destra brasiliano lo celebra come un eroe e l’ex presidente Bolsonaro lo definisce “l’uomo che preserva la vera libertà per tutti noi”, la destra statunitense, da tempo alleata politica di Musk con cui condivide numerose battaglie ideologiche, accusa l’attuale governo di sinistra brasiliano di aver creato l’«Inquisizione digitale». Di fatto, ciò che il governo degli Stati Uniti chiama “influenza straniera maligna”, ma solo quando parla di Russia o Cina.
Musk una volta ha twittato: “Per ‘libertà di espressione’ intendo semplicemente quella che corrisponde alla legge”. La legge e volte sì, a volte no. A volte Musk si attiene a questo principio, accontentando le richieste dei governi autoritari come quello turco, dove si stima che il 90 percento dei media nazionali sia controllato dallo stato e la polizia abbia l’abitudine di aggredire i giornalisti. Allo stesso modo Musk ha ceduto alle pressioni del governo dell’India.
Nel caso brasiliano, invece, la riverenza di Musk per le leggi di uno stato passa in secondo piano rispetto alla volontà di diventare punto di riferimento ideologico per la destra globale. Contro ‘la sinistra’: un calderone nel quale lui mette cose diverse, dai socialisti sudamericani ai pacifisti pro-Gaza, agli accademici preoccupati del linguaggio, e ai trans activist», rileva Paolo Morretti su InsideOver. Ma in Brasile, il dibattito riguarda la nozione di sovranità dello Stato.
Il procuratore generale del Brasile è stato chiaro: “Non possiamo vivere in una società in cui miliardari domiciliati all’estero hanno il controllo dei social network e violano lo stato di diritto, non rispettando le ordinanze del tribunale e minacciando le nostre autorità”. Dal punto di vista di molti brasiliani, Musk è uno straniero ribelle, che fa pesare la sua enorme ricchezza (oltre 250 miliardi di dollari) per destabilizzare la giovane e fragile democrazia del Brasile.
Parallelismi con i tentativi del Congresso Usa di costringere la cinese ByteDance a disinvestire da TikTok. Come X, piattaforme di proprietà straniera, ed accuse sui contenuti motivate politicamente; la possibilità di un divieto; preoccupazioni per la libertà di espressione. Letture politiche a ‘convenienza’. Ma un divieto brasiliano su X è platealmente più fondato di un divieto Usa di TikTok. Musk minaccia immediata per la democrazia brasiliana rispetto al Cremlino per gli Stati Uniti.
«Un merito di Musk è quello di aver fatto cadere definitivamente il velo dell’ipocrisia sui social. Le piattaforme, lungi da essere infrastrutture neutrali, sono delle società private che possono essere utilizzate dai proprietari per fare politica e ottenere influenza». La vicenda brasiliana di Musk, o le rivelazioni di Mark Zuckerberg sulle pressioni subite dalla Casa Bianca per censurare alcuni account durante la pandemia, lo ha solo reso esplicito in modo eclatante.
«I social network non sono diversi dai media tradizionali. La neutralità apparente lascia il passo alle idee, alle ossessioni e le debolezze degli editori. Forse è meglio arrendersi all’evidenza e alla necessità per ogni stato di regolamentare le piattaforme».