Africa cinese dopo i troppi tradimenti occidentali

In un numero del 2000, The Economist, copertina all’Africa con il titolo: “il continente senza speranza”. In quello stesso anno, a Pechino, venne istituito il Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC). Dal 4 al 6 settembre a Pechino il prossimo vertice con Xi Jinping ad aprirlo. Segno di riguardo per celebrare il quasi quarto di secolo trascorso, in cui la Cina è diventato il principale partner commerciale e creditore dell’Africa.

Africa decisiva per il futuro del mondo

Nel mondo globalizzato di oggi, lo sviluppo dell’Africa non è solo cruciale per il continente stesso, ma anche per il futuro del mondo. È sufficiente osservare alcuni dati: l’Africa conta 1,4 miliardi abitanti, ma con il tasso demografico attuale nel 2050 diventeranno 2,5 miliardi, circa il doppio. L’età media dei suoi abitanti è 19 anni contro i 44 della UE (47,8 Italia), i 38 Usa  e i 39 della Cina. L’economia africana è seconda solo a quella asiatica per tasso di crescita: 3,5% contro 4,5%.

Tutto ‘più’, solo ricchezza ‘meno’

Il Fondo Monetario Internazionale dice che il PIL dell’intero continente è di circa 3000 miliardi di dollari, pari a quello della Francia. Le disparità tra i 50 paesi africani: oltre il 50% della ricchezza riguarda solo Nigeria, Egitto, Sud Africa, Algeria e Marocco. Meno della metà del PIL è prodotto dai restanti 45 paesi dove è centrale la povertà che alimenta i flussi migratori verso l’Europa.

Cina presente da tempo non più sola

La maggior parte delle infrastrutture di questi Stati, come ferrovie e porti, sono state costruite dalla Cina e rientrano nel grande progetto strategico della Belt Road Initiative (BRI, o ‘Via della seta’). Dalla costituzione del FOCAC la Cina ha investito in Africa oltre 150 miliardi di dollari, ma i Paesi africani stanno sviluppando rapporti con un numero crescente di nuovi partner, quali India, Giappone Corea del Sud, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e una sempre più intraprendente Turchia.

L’Europa, continua a restare in bilico tra  gli interessi individuali frutto di relazioni dei singoli membri e un rinnovato approccio comunitario, sostenuto anche dalle recenti evoluzioni geopolitiche nel Sahel ( per informazioni citofonare a Eliseo – Parigi, Francia).

Europa Global Gateway

Tra il 2021 e il 2027 l’UE dovrebbe investire in Africa 150 miliardi di euro con il programma Global Gateway. Una opportunità per le aziende europee di distinguersi competitivamente dagli altri attori internazionali sia sul piano delle competenze che in quello strategico della prossimità geografica.

Non solo materie prime ma beni lavorati

La grande sfida per l’economia di molti paesi africani è di aggiungere valore alle proprie esportazioni attraverso un aumento delle lavorazioni e della produzione. Un obbiettivo difficile da raggiungere per uscire dalla dipendenza nelle materie prime. Ne sono un esempio i grandi esportatori di cotone come Burkina, Benin, Mali, Ciad che non sono mai riusciti a trasformare la materia prima in prodotto finito per il settore tessile, restando così tra le economie più povere del mondo. Se non si avviano processi produttivi locali, gli stati africani continueranno ad esportare minerali grezzi per alimentare l’economia cinese, così come in passato hanno fatto con le vecchie potenze coloniali e multinazionali.ì

Per uscire da relazioni unilaterali e dominate dalle importazioni di materie prime, all’Africa occorrono nuovi investimenti che però si vanno aggiungere ad una crisi del debito pubblico, che richiede soluzioni.

+114% di nuovi investimenti cinesi 2023

Sebbene i nuovi investimenti cinesi in Africa siano aumentati del 114% lo scorso anno, secondo un report di Reuters che cita  il Griffith Asia Institute, essi si sono concentrati principalmente sui minerali essenziali per la transizione energetica globale e in generale sui piani della Cina per rilanciare la propria economia alle prese con nuovi possibili scenari di crisi. Al di là della retorica sull’emancipazione  dall’influenza post-coloniale, l’economia africana, intesa come chiave per lo sviluppo delle popolazioni più povere del pianeta, resta ancora appesa al drammatico titolo dell’Economist di vent’anni fa.

Non solo la Cina per salvare l’Africa

Non sarà la Cina a salvare l’Africa, ma solo la consapevolezza nella necessità di promuovere ed istituire un piano d’intervento internazionale senza precedenti. Un piano che non solo rinnovi, ma sostituisca la pletora delle organizzazioni mondiali che, nei decenni, non sono riuscite a realizzare programmi adeguati ad un reale sviluppo economico del continente. La speranza rimane racchiusa nel famoso proverbio africano: “Se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano vai con qualcuno”.

Tags: Africa Cina
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