Israele è uno «stato canaglia» o fuorilegge che minaccia la pace mondiale? Si direbbe che lo è diventato, violando per decenni le leggi internazionali e stando anche a quanto scrive in una recente lettera indirizzata al premier Netanyahu lo stesso capo dei servizi dello Shin Bet, Ronen Bar. Avvisando del pericolo rappresentato dai coloni israeliani armati, Bar afferma che «le armi ai civili sono state distribuite legalmente dallo stato israeliano».
Le forze armate israeliane, finanziate e rifornite a piene mani dagli Usa ma anche dagli europei e dall’Italia, hanno per altro inquadrato i coloni in una nuova unità la Desert Frontier Unit che recluta i suoi membri tra i più estremisti della destra israeliana. Dietro l’escalation in Cisgiordania c’è assai di più della «lotta al terrorismo» palestinese o iraniano. C’è il progetto di arrivare all’annessione della West Bank e di tutte le terre bibliche di Giudea e Samaria.
Anzi tra gli arabi c’è chi parla di un «terrorismo israeliano sostenuto dallo stato» con l’obiettivo di spaventare le popolazioni locali palestinesi, distruggere le loro proprietà e trasferirle in enclave isolate e assediate.
Al massacro di oltre 40mila abitanti di Gaza, si è aggiunto il massacro della Cisgiordania che come scriveva ieri Chiara Cruciati è la vera posta in gioco per Israele. La guerra a Gaza sta facendo da copertura per le costanti violenze e la continua espansione israeliana nella Cisgiordania occupata. Il ministro delle finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha annunciato nuovi progetti per espandere gli insediamenti nei territori palestinesi occupati, ignorando il diritto internazionale e il recente verdetto della Corte internazionale di giustizia secondo cui la presenza di Israele in quelle aree è illegale.
Israele persegue da decenni una politica di espansione in Cisgiordania, ma i vari governi hanno usato tattiche diverse. La coalizione di estrema destra oggi al potere ha accelerato il processo di occupazione della terra araba, con l’obiettivo di formalizzare quella che da tempo è una realtà di fatto.
Altro che due popoli e due stati, formula logora e sfiancante che serve soltanto alla diplomazia occidentale per trarsi d’impaccio ed eludere le domande scomode. Lo stato palestinese è stato fatto a brandelli. Ridotto da una parte a Gaza, prima una prigione a cielo aperto trasformata adesso in un poligono di tiro dell’Idf; dall’altra a una Cisgiordania che confina i palestinesi in una sorta di bantustan dove per loro, assediati dagli insediamenti ebraici e dai coloni armati, c’è sempre meno spazio, con l’obiettivo evidente di soffocarli e compiere un pulizia etnica senza ritorno. È a questi metodi da stato fuorilegge, contro ogni convenzione internazionale, quello cui assistiamo da anni senza fare nulla e di cui anzi siamo complici morali e materiali, giustificando sempre Israele e aiutandolo nel suo processo di colonizzazione. Arrivano oggi tardive prese di posizione americane contro i coloni che resteranno, come sempre è accaduto, lettera morta.
I fatti ci raccontano tutta un’altra storia. Dal 7 di ottobre in Cisgiordania ci sono stati oltre 650 morti e 10mila arresti tra i palestinesi. Gli attacchi dei coloni sono stati 1.200 con più di 120 morti. Secondo l’organizzazione Peace Now in pochi mesi Israele si è impadronito di 24 chilometri quadrati di territorio palestinese, più di quanto ne abbia sottratto negli ultimi vent’anni. L’esercito israeliano e i coloni da ottobre scorso hanno distrutto oltre 1.400 case e infrastrutture lasciando senza abitazione e un rifugio almeno 3.200 palestinesi. A loro posto in meno di un anno sono stati creati 44 avamposti di coloni, cinque volte di più che negli anni precedenti.
Israele sfrutta la guerra a Gaza per regolare vecchi conti coloniali in Cisgiordania, imponendo la sua sovranità, legittimando gli insediamenti e cacciando i palestinesi. L’attuale governo israeliano, di cui oltre a Smotrich fa parte Itamar Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale e anche lui esponente dei coloni di estrema destra, ha dato un contributo decisivo a questa politica. I due hanno fatto pressioni per aumentare gli insediamenti come tappa verso una piena annessione, e sono stati premiati da Netanyahu con maggiori poteri sulla Cisgiordania.
Così i coloni, godendo di una piena copertura politica da parte di questo governo, continuano a tormentare i palestinesi per cacciarli dalle loro terre, compiendo azioni di pulizia etnica con il sostegno dell’esercito, esattamente come ci racconta non uno qualunque ma proprio il capo dello Shin Bet che un tempo andava a Gaza a caccia dei capi di Hamas e in Cisgiordania soffocava la seconda Intifada.
In tutto questo noi qui in Occidente permettiamo a Israele di farla sempre franca. Quando qualcuno si spinge un po’ in là nelle critiche scatta l’accusa di antisemitismo. Oppure viene ridicolizzato come ha fatto il ministro degli esteri italiano con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, quando ha chiesto agli stati membri di valutare sanzioni contro alcuni ministri israeliani per aver espresso «messaggi di odio» contro i palestinesi che si ritiene possano violare il diritto internazionale. Israele, secondo i nostri politici, può permettersi tutto quello