Brexit a troppo caro prezzo e il premier britannico chiede sconti

Keir Starmer, nuovo premier britannico, si aggrappa all’Europa, per trovare una sponda indispensabile per rimettere in piedi il suo Paese. E lo fa usando come tribuna i discorsi a margine del suo viaggio a Berlino e a Parigi. Non rinnega apertamente la Brexit, ma rilancia una collaborazione ‘multipla’, foriera di promettenti sviluppi.

Regno Unito e nuova socialdemocrazia

Il Regno Unito vorrebbe essere il Paese-laboratorio di una nuova proposta socialdemocratica. Ricordate la ‘Terza via’ di Tony Blair? Fu un esperimento parzialmente fallito per diverse ragioni. Probabilmente, i tempi non erano maturi e i modelli politici vivevano ancora nel solco dei ‘bipartitismi perfetti’. Programmi o bianchi o neri, senza sfumature di compromesso. Oggi, il premier laburista ritorna alla carica, con un progetto di governance riformista, che potremmo tranquillamente battezzare come “Quarta via”. Però, la strada è in salita. Anzi, pericolosamente scoscesa, perché l’ex glorioso Impero britannico è ormai un ricordo sbiadito.

Terra bruciata dopo la catastrofe Boris

Starmer ha vinto le elezioni a valanga: allegoricamente, è come se i Tories fossero stati cacciati dal potere coi forconi. A furor di popolo. I socialisti britannici hanno ereditato le macerie di un Paese scassato, malgovernato da una classe politica conservatrice non più guidata da personaggi col carisma o le qualità di Margaret Thatcher. Una chiara mancanza di leadership, che si è fusa con una visione sociale e dell’economia francamente molto discutibile. La Brexit ha fatto il resto, infliggendo al commercio del Regno una penalizzazione formidabile, ancora tutta da quantificare. Gli inglesi si sono messi ‘in proprio’ giusto nel momento in cui bisognava puntare sulle “economie di scala”. Cioè, per essere chiari, su “grosso è bello”, perché ti dà più potere contrattuale. Come avviene con l’Unione Europea.

Numeri come pietre, da Johnson a Trus e Sunak

E siccome i numeri sono come pietre, basta guardare gli attuali fondamentali dell’economia britannica per accorgersi dei danni fatti, da Boris Johnson in poi, passando per Liz Truss e arrivando fino a Rishi Sunak. I conti pubblici sono devastati e i servizi sociali arrancano. L’inflazione, che nel Regno Unito è stata ancora più violenta che nel resto dell’Europa, è stata domata a fatica. Con un rialzo dei tassi che ha tagliato le gambe alla crescita dell’economia. Insomma, “mala tempora currunt”. E così il nuovo inquilino di Downing Street ha parlato chiaro, promettendo, per ora, “lacrime e  sangue”, nell’attesa di rattoppare la situazione e prima di sognare un futuro più prospero e, soprattutto, più giusto per tutti. Insomma, Starmer è stato onesto e ha detto che ci sarà bisogno di alzare le tasse e tagliare le spese.

Secondo il progressista Guardian, il leader laburista ha un grande pregio: riesce ad avere una visione strategica della politica, su archi temporali più lunghi e senza farsi condizionare da camicie di forza ideologiche. Che vuol dire? Significa che se Starmer ritiene utile, per il bene pubblico, derogare dalle dottrine classiche della governance socialista, specie in economia e in politica estera, lo fa. Interpretare i bisogni della gente, prima di quelli dell’ideologia.

Real politik medicina amara

Di fronte all’emergenza finanziaria dello Stato e alla credibilità del suo indebitamento, il premier è obbligato a dare risposte immediate. Che, naturalmente, provocano reazioni uguali e contrarie, a seconda degli interessi toccati. I grandi gruppi societari sono già in rivolta, perché Starmer ha annunciato che bisognerà tappare un buco di bilancio di 22 miliardi di sterline. “E ci dovranno pensare quelli che hanno le spalle più larghe”, ha aggiunto, col Financial Times che ha immediatamente spiegato come ci sia l’intenzione di alzare le tasse (forse) sulle attività delle aziende. Un’altra ipotesi è che l’obiettivo del governo laburista sia quello di aumentare le imposte sulle plusvalenze e le successioni. Comunque sia, il solo annuncio ha già scatenato un pandemonio e l’intera Inghilterra finanziaria è in fibrillazione: chi può vende o compra di corsa, prima del 30 ottobre, data dell’approvazione della prossima legge di bilancio, che cambierà le regole del gioco. Ma questo è il “dazio” che Starmer deve pagare, se vuole superare questa difficile fase di transizione

Europa sponda indispensabile

Starmer vede l’Europa come una sponda indispensabile, da riconquistare senza rivoluzioni anti-Brexit, gradualmente, puntando su piccoli e grandi accordi di partenariato. Politicamente meno impegnativi, ma economicamente molto vantaggiosi. Starmer, con grande intelligenza politica, ma anche con notevole umiltà (dote rara per un premier inglese), sta cercando nel Continente quelle risposte che ancora il suo Regno Unito non può dargli. E non è un caso se nelle sue due visite ufficiali, in Germania e Francia, ha voluto ricordare, come i rapporti con l’Europa siano “un’opportunità irripetibile per una generazione”. Certo, prima di partire aveva anche detto agli inglesi che “i tempi peggioreranno”.

Scrive Martin Kettle, sul Guardian: “Nel giardino di Downing Street, Starmer ha parlato di come le rivolte, in Inghilterra, abbiano mostrato una società profondamente malsana, un buco nero sociale, in un Paese in cui niente sembra più funzionare. E dove 500 bambini al giorno vengono destinati ai servizi di salute mentale”. Ecco, è proprio in questa realtà che deve essere applicata la nuova “Quarta via” del Labour.

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