Tensione ai vertici Ue su armi a Kiev e sanzioni a Israele

Disunione europea sulla proposta dell’uscente rappresentante esteri Josep Borrell di togliere le limitazioni sull’uso delle armi occidentali inviate all’Ucraina e di sanzionare i ministri di Israele che “hanno lanciato messaggi d’odio, incitazione a commettere crimini di guerra contro i palestinesi. L’Ungheria (presidenza di turno)sull’Ucraina: “Sconsiderato, va fermato”. Tra un po’ sostituito/, e non è detto sarà più facile.

Pessimo inizio prima ancora di partire

Lo spagnolo Josep Borrell, ‘alto commissario esteri Ue’ uscente, lo aveva preannunciato: “sarà un Consiglio degli Esteri informale molto intenso“. E l’avvio è stato in linea con le previsioni. “Le restrizioni all’uso delle armi date all’Ucraina devono essere revocate – ha detto il quasi ex, accogliendo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba a Bruxelles -, ci deve essere pieno utilizzo per colpire obiettivi militari in Russia in linea con le regole internazionali”. Regole internazionali che ognuno si fa a si disfa a piacere. Per Borrel, ad esempio, sì alle armi occidentali per colpire la Russia e alle sanzioni contro Mosca, ma sanzioni solo contro singoli ministri di Israele, per non esagerare. Distinguo difficili tra i massacri del Donbass e quelli di Gaza, o le invasioni tra quelle russe e quelle nelle terre palestinesi in Cisgiordania.

Ungheria presidente di turno

Durissima la replica dell’Ungheria, presidente di turno dell’Ue e sulla guerra in Ucraina orientata sulle posizioni di Mosca. In un post su Facebook il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha definito quelle di Borrell “proposte sconsiderate da Bruxelles sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente. La pericolosa furia dell’Alto Rappresentante deve essere fermata. Non vogliamo altre armi in Ucraina, non vogliamo altri morti, non vogliamo un’escalation della guerra, non vogliamo un’escalation della crisi in Medio Oriente. Oggi continuiamo ad adottare una posizione pacifica e di buon senso”. L’Ungheria di Orban ‘eterno provocatore’, a sostenere moderazioni a variabile geopolitica alternata.

Subito una provocazione

Che la giornata a Bruxelles sarebbe stata incandescente lo si era capito subito. Borrell ha tolto a Budapest il tradizionale ‘Gimnych’, la due giorni informale esteri-difesa di fine agosto che si tiene di solito nel Paese che della presidenza di turno. “Perché questo consiglio a Bruxelles e non a Budapest?”. “Perché l’ho deciso io”, straripa Borrel. Poi, guadagnato il vaffa unitario, prova a giustificarsi. “Alcune delle posizioni del governo ungherese vanno direttamente contro la politica estera comune dell’Ue, dunque ho ritenuto che fosse meglio tenere il consiglio qui che nella capitale ungherese”. Il riferimento è alla “missione di pace” lanciata a luglio dal premier Viktor Orban all’avvio della presidenza ungherese del Consiglio dell’Ue. Iniziativa non coordinata con gli altri Stati dell’Ue che ‘non rifletteva la posizione comune sull’invasione russa dell’Ucraina’”. ‘Posizione comune’ di fatto ignota.

Italia più prudente di Borrel

“Ero contrario al Consiglio Esteri informale qui a Bruxelles invece che a Budapest. Lo ha deciso Josep Borrell”, prende le distanze Antonio Tajani, con una tv ungherese. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha anche ribadito che sul tema delle armi la posizione dell’Italia non cambia. “Ogni Paese decide per sé, come da delibera concordata dell’Unione -ha detto Tajani -. Per quanto ci riguarda l’uso delle armi italiane può avvenire solo all’interno dell’Ucraina“. “Noi abbiamo inviato soprattutto armi difensive (soprattutto ma non del tutto, NdR): adesso stiamo per inviare la nuova batteria Samp-T che è difensiva e non può essere utilizzata in territorio russo. Ribadiamo che noi non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la Russia quindi per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino”.

L’Ucraina verso Kursk insiste

In mattinata Kiev era tornata ad avanzare la richiesta e a sollecitare gli alleati occidentali sulla consegna degli armamenti. “Possiamo sconfiggere la Russia – sostiene un po’ audacemente Kuleba -, ma dobbiamo poter colpire gli obiettivi militari dentro la Russia, gli aeroporti da dove partono gli attacchi all’Ucraina”. Ma servono tanti più missili occidentali e nessuna limitazione al loro uso contro la Russia, e senza che esploda la terza guerra mondiale. Astrazioni. Il capo della diplomazia di Kiev ha chiesto quindi “a tutti i paesi che si sono impegnati da mesi a consegnare i ‘sistemi Patriots’, di consegnarli finalmente, ma la loro distruzione è molto più rapida delle consegne. Mentre Kiev sostiene che ciò manca è solo il via libera per farlo, quali che siano le ragioni espresse dai singoli Stati fornitori.

Borrel estremista diversificato

“L’Unione Europea ha iniziato a trasferire all’Ucraina i proventi dei beni russi immobilizzati e a finanziare direttamente gli Stati membri per fornire armi a Kiev”, ha insistito Borrell, con dettagli. “Abbiamo già trasferito 1,4 miliardi“. Mosca, a stretto giro di dichiarazione, ha semplicemente ricordato che si tratta di “un furto“, che avrà “sicuramente conseguenze legali”. Banche occidentali screditate in blocco da qui al futuro per pochi ‘miliardi spiccoli’, con Svizzera e Brics che ringraziano. Borrel sulla linea del governo di Madrid sulla questione israeliana, anche se ridotta ai due ministri platealmente impresentabili. Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, “per incitamento all’odio e ai crimini di guerra”.

La proposta prima di una riunione informale dei 27 ministri degli Esteri a Bruxelles, dove una decisione sulle sanzioni ai ministri israeliani non può essere presa formalmente ed ‘altamente improbabile’ che ottenga il sostegno unanime di una Unione che sul Medio Oriente e i suoi rapporti con la politica estera Usa risulta ancora più divisa che per la guerra ucraina.

 

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