Nuovo governo iraniano con più aperture del temuto

Nuovo governo iraniano e scenario ulteriormente complesso della teocrazia persiana. Dopo la rinuncia di un riformista della caratura di Javad Zarif, il neo Presidente Masoud Pezeshkian ha dovuto trovare altri difficili equilibri interni. I personaggi scelti, che hanno ottenuto il ‘pass’ da un Parlamento dominato dai conservatori, dicono molto sulla possibile traiettoria geopolitica dell’Iran che verrà.

Farzaneh Sadegh., neo ministra all’edilizia abitativa e strade

L’Iran da oggi, e la sua politica estera

Agli Esteri è andato Sayyed Abbas Araghehi, un diplomatico di carriera, di tendenze ‘pragmatiste’, che però possiede un curriculum capace di farci capire tante cose: era nella squadra che ha negoziato, portandolo felicemente a compimento, l’accordo sul nucleare nel 2015. Araghehi, che ha studiato all’Università del Kent, in Inghilterra, è stato anche ambasciatore in Giappone. La nomina di un ‘trattativista’, come responsabile della politica estera, è significativa, perché cade proprio in un momento in cui si sovrappongono voci di tutti i tipi sul problema del nucleare iraniano.

Iran nucleare ed ’effetto domino’

Proprio ieri, il Financial Times ha rilanciato l’allarme, con l’intervista a Rafael Grossi, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Il funzionario dell’Onu ha confermato che l’Iran, da oltre tre anni, arricchisce uranio sulla soglia del 60%. Si tratta, ha detto, di un limite che potrebbe essere facilmente superato, per arrivare a un grado utile per fabbricare l’atomica. Anzi, ha aggiunto Grossi, gli ayatollah potrebbero già avere a disposizione combustibile fissile sufficiente per realizzare tre ordigni nucleari. È chiaro, conclude il direttore dell’AIEA, che una situazione del genere potrebbe avere un immediato effetto domino, inducendo altre nazioni, in Medio Oriente, a dotarsi della Bomba. Ecco, dunque, perché la scelta fatta di Araghehi, rispecchia da parte di Teheran la volontà di mandare un messaggio preciso all’Occidente.

L’economia e l’America delle sanzioni

E questo avviene nel momento in cui si infittiscono le voci su una precisa direttiva della Guida suprema, Alì Khamenei, sulla necessità di trovare qualche forma di intesa con l’America. Il problema di fondo è quello delle sanzioni e, ovviamente, quello di un’economia sempre più strangolata da tutta una serie di restrizioni e divieti che colpiscono l’import-export. E qui arriva il secondo segnale “aperturista” di Pezeshkian, che all’Economia è andato a cercare un riformista-moderato, Habdolnasser Hemmati, ex presidente della Banca centrale, attualmente docente all’Università di Teheran. Con solidi rapporti internazionali nella sfera finanziaria, Hemmati potrebbe lavorare “a tenaglia” col nuovo Ministro degli Esteri, per ottenere un ammorbidimento delle sanzioni. La sua competenza macroeconomica potrebbe essere un aiuto formidabile, per fare uscire il Paese da una crisi inflazionistica ormai cronica. Uguale abilità dovrebbe avere un altro tecnocrate di area moderata, il Ministro del Petrolio Mohsen Paknejad, che è già stato al governo, come vice, durante la presidenza del riformista Hassan Rohuani.

Ministra donna, ma resta la ‘polizia morale’

Pezeshkian ha inoltre affidato un dicastero a una donna, con una mossa più che simbolica, considerato il clima che si vive nel Paese. All’Edilizia abitativa e alle Strade andrà infatti Farzaneh Sadegh. Per la restante parte, l’esecutivo è fatto di “ortodossi” e in qualche caso, di “intransigenti”. Al Ministero degli Interni è stato imposto un “duro e puro”, Iskandar Momeni. È stata questa scelta che ha fatto dimettere il riformista Javad Zarif. Mentre l’Intelligence se la sono riservata direttamente gli ayatollah, riaffidandola a Esmail Khatib, seguace di Raisi, ma prima ancora addirittura discepolo di Alì Khamenei e di Ruollah Khomeini. Certo, quelli di Pezeshkian sono solo segnali, ma confermano tutto quello che in questa fase storica si dice sul Paese degli ayatollah. E cioè, che ci troviamo di fronte a una società lacerata dai problemi economici, frustrata sul tema dei diritti civili e desiderosa di recuperare un ruolo internazionale, uscendo dall’isolamento in cui l’ha cacciata l’anacronistico regime teocratico.

L’Iran strategico con cui dialogare

Insomma, una “nazione-paria”, con un’immagine da ricostruire e con un’architettura di relazioni politiche e commerciali da riallacciare. Molto dipenderà anche dagli Stati Uniti e dall’Occidente. Inimicarsi completamente una nazione di quasi 90 milioni di abitanti, con una posizione strategica straordinaria, può essere un boomerang. Se viene spinto in altre braccia, l’Iran può diventare la cerniera ideale che salda la Cina e la Russia in una delle aree più sensibili del pianeta.

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