In piena guerra commerciale ‘deglobalizzazione’ contro chi?

Il mondo economico stretto tra i fanatici no-global, i ‘nazional populisti’ alla Trump e, a scendere, alla Salvini; e frange di neoliberisti e molti antichi ‘guerrafondai’ tra Washington e Bruxelles. Da parte dell’autore una non troppo velata nostalgia per le levature politiche tra De Gasperi e Adenauer… Ma quella è storia lontana.
Mondo in blocchi, dalla mascherine Covid al gas russo. Deglobalizzazione vero rimedio? I problemi a nord, l’economia a sud dell’emisfero. Un nuovo sistema di regole

Mercati alla ricerca di nuove strategie

In una nuova era di incertezza e instabilità  le imprese e i mercati sono alle prese con la definizione di nuove strategie. L’economia è diventata un’arma i cui ordigni sono fatti di sanzioni, protezionismo, rischi di reputazioni vere o manipolate, e sistemi di pagamento vietati o punitivi e quelli alternativi. Ogni settore produttivo deve destreggiarsi tra scadenze di breve periodo, l’esatto contrario di una visione imprenditoriale.

Mondo in blocchi, dalle mascherine Covid al gas russo

I flussi commerciali globali di beni e servizi che hanno facilitato la crescita economica negli ultimi decenni si stanno riducendo. C’è un diffuso consenso al fatto che il mondo si sta spaccando in blocchi, non solo geopoliticamente ma anche economicamente. All’orizzonte il sogno di un ritorno a una stabilità del passato, che sia pure guerra fredda 2.0 o fantasie autarchiche. Si chiama deglobalizzazione e per alcuni è una necessità, per altri un rischio.

Deglobalizzazione vero rimedio?

I vantaggi della globalizzazione li avevamo dati per scontati, attratti dalle luminarie del low cost e incoraggiati dalla progressiva scomparsa di fabbriche buie e malsane. Abbiamo dovuto subire uno shock, la pandemia, per renderci consapevoli della vulnerabilità dall’affidare ad altri il ruolo di “fabbrica del mondo”. Un solo prodotto semplice, ma vitale, come le mascherine ci ha messo difronte al fatto compiuto. Neanche il tempo di pensarci un attimo su, che è arrivata la guerra in Ucraina e siamo quasi rimasti senza gas. Questo ha portato a un’accelerazione del dibattito sulla necessità di rafforzamento delle proprie capacità nazionali e sulla riduzione della dipendenza da fonti estere. Nel corso dell’ultimo anno, l’inasprirsi dello scontro tra le due potenze economiche mondiali USA e Cina ha definitivamente costretto ogni settore produttivo a ripensare i propri obbiettivi, primo, il proprio futuro e di conseguenza gli investimenti.

Globalizzazione a vantaggi diversi

Ciò che ora è sotto gli occhi di tutti è che mentre alcuni paesi hanno tratto un grande vantaggio economico dalla globalizzazione, altri molto meno. Lo squilibrio ha creato effetti negativi sulla stabilità del sistema mondiale. BRICS+, SCO, Global South, l’Africa per procura, sono le nuove rappresentazioni di blocchi economici uniti a spinte di potere egemonico insite nella storia , a noi sconosciuta (sic), di alcune di queste aree del mondo. “Vogliamo fare affari con voi, ma senza essere come voi “ stanno dicendo in varie lingue, dal cinese al russo al farsi, e anche in turco.

La Cina, il capitalismo, e la democrazia

Nel 2001 l’occidente a guida Bill Clinton –oltre alla ‘guerra’ umanitaria contro il piccolo daspota jugoslavo Milosevic (paremetri storici rispetto all’oggi NdR)- aveva spinto per far entrare la Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), convincendo tutti che, così facendo, l’ultimo Paese comunista e il più grande del mondo, avrebbe abbracciato anche’esso il sistema democratico e liberale. Dopo oltre 20 anni ci siamo accorti che i cinesi si sono presi il capitalismo, ma non la democrazia.

Sicurezza nazionale o semplice predominio?

Uscire dall’equivoco che sovrappone la sicurezza nazionale alla volontà di predominio globale non è certamente facile. Per interdire alla Cina l’accesso alle tecnologie si rischia di sanzionare le proprie aziende con un impatto su occupazione, produttività abbassando il tasso di innovazione e investimento. Lo scontro in atto sui dazi tra Europa e Cina rappresenta la misura del rischio delle ricadute politiche e sociali. La politica degli Stati diviene quindi centrale alla ricerca di soluzioni e soprattutto alla costruzione di nuove prospettive.

I problemi a nord, l’economia a sud dell’emisfero

Ma mentre il quadro geopolitico concentra l’attenzione a Nord, sul fronte russo-ucraino e in Medio Oriente, i problemi dell’economia globale si risolvono a Pechino. L’ascesa della retorica anti-globalizzazione e l’avanzata dei nuovi condottieri dell’Apocalisse a cavallo di populismo, nazionalismo, protezionismo e complottismo minacciano un establishment inadeguato (eufemismo), ma anche il buon senso e il pragmatismo. Il mercato è il mondo, fatto da interessi assai diversi e anche da alcuni malintenzionati da cui è necessario difendersi. Ma la deglobalizzazione come arma economica non può essere la soluzione ai problemi del commercio mondiale.

Un nuovo sistema di regole

Il cambiamento richiede un riequilibrio basato su un nuovo sistema di regole. Sia all’interno degli organismi esistenti sia definite da nuovi accordi multilaterali, risultato di una volontà negoziale pragmatica e custode al tempo stesso dei valori fondanti di una società democratica da cui far emergere il concetto di bene comune. Nuove regole e nuovi accordi di cui cercasi disperatamente nuovi leader.

 

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