“A Drunken Evening, a Rented Yacht: The Real Story of the Nord Stream Pipeline Sabotage” con una ricostruzione di quello che definisce “uno degli atti di sabotaggio più audaci della storia moderna”. L’esplosione del 26 settembre 2022 sarebbe stata pianificata da un gruppo di alti ufficiali e uomini d’affari ucraini, andando contro gli ordini del presidente Volodymyr Zelensky e della CIA. Secondo il WSJ l’operazione è costata circa 300 mila dollari e ha visto l’impiego di un piccolo yacht noleggiato in Polonia e di un equipaggio di sei membri, tra cui sommozzatori civili, a fingersi vacanzieri con donne e sbronze.
Zelensky avrebbe inizialmente approvato il piano, ma quando la CIA ne è venuta a conoscenza (?), ha dato al presidente ucraino il contrordine. Il presidente trasmette ma il generale Zaluzhny avrebbe dato il via all’operazione coinvolgendo ufficiali delle forze speciali. Sintesi dal WSJ, un gruppo di imprenditori e subacquei durante una sbronza decidono di far esplodere i gasdotti russo-tedeschi in fondo al Mar Baltico. Il presidente ucraino e il capo di stato maggiore delle forze armate sono inizialmente d’accordo ma Zelensky cambia idea perché “la CIA non vuole”. Zaluzhny però se ne frega del presidente, che è anche capo supremo delle forze armate e tira dritto.
Il WSJ ha parlato con quattro alti funzionari militari e della sicurezza ucraina che hanno partecipato o erano direttamente a conoscenza del complotto. Parti del loro racconto coincidono con quanto emerso dall’indagine tedesca durata quasi due anni e che ha puntato il dito su sabotatori ucraini a bordo di una barca noleggiata in Polonia. L’inchiesta tedesca non ha collegato però il presidente Volodymyr Zelensky all’operazione clandestina ma ha emesso un mandato d’arresto europeo contro un cittadino ucraino chiamato Volodymyr Z. (non ridete) che sarebbe un istruttore subacqueo di cui si sono perse le tracce mentre altri due sub ucraini sarebbero indiziati, secondo i media tedeschi.
Nel novembre 2023 Washington Post e Der Spiegel rivelano che a coordinare l’attacco dinamitardo ai gasdotti era stato un alto ufficiale delle forze speciali ucraine che aveva operato sia nei ranghi dell’intelligence militare che in quelli dei servizi di sicurezza interna (SBU). Secondo la ricostruzione, l’ufficiale dipendeva direttamente al generale Viktor Hanushchak che rispondeva al capo di stato maggiore della Difesa ucraina, il generale Valery Zaluzhny. Sei attentatori ucraini avrebbe minato il gasdotto a oltre 60 metri di profondità provocando un’esplosione che ha lasciato intatto solo uno dei quattro collegamenti energetici subacquei.
Zaluzhny ha dichiarato di non sapere nulla di tale operazione. Quel Zelensky più popolare del presidente e interessato a candidarsi alle elezioni presidenziali che lo stesso Zelensky ha poi annullato, rimuovendolo dall’incarico. Improbabile che in piena guerra con la Russia il generale potesse gestire da solo un’operazione dai risvolti internazionali, strategici ed economici così rilevanti così come è impossibile che gli anglo-americani, i cui uomini dal 2014 sono integrati in tutti i gangli politici, militari e di intelligence ucraini, non ne fossero al corrente. Altrettanto incredibile che la CIA si sia opposta alla distruzione del Nord Stream dopo tutte le minacciose ostilità Usa a quella infrastruttura energetica europea.
Altre rivelazioni, allargano le responsabilità dell’attentato alla Polonia. L’ex capo dell’intelligence tedesca August Hanning rivela a Die Welt che Zelensky e il presidente polacco Andrzej Duda “potrebbero aver concordato di sabotare i gasdotti Nord Stream”, spiegando così il rifiuto di Varsavia di partecipare alle indagini. Hanning sostiene che questo “atto terroristico di Stato” non poteva essere un’iniziativa privata. “Come hanno dimostrato i risultati dell’indagine, qui ha agito una squadra ucraina. Tuttavia, il sabotaggio sarebbe stato possibile solo con il supporto da terra e a giudicare dalla mappa le forze speciali polacche erano chiaramente coinvolte”, ha detto l’ex capo degli 007 tedeschi. “Tali decisioni vengono prese al più alto livello politico, credo che ci sia stato un accordo tra il presidente Zelensky e il presidente Duda”, ha aggiunto Hanning.
Subito dopo l’attentato, operazione mediatica occidentale, Italia compresa, e la responsabilità venne attribuita alla Russia, con Mosca che distrugge i gasdotti che le erano costati decine di miliardi, come quel marito che taglia altro per far dispetto alla moglie. Molti esperti di questioni militari concordarono da subito che un sabotaggio di quelle dimensioni non poteva essere opera di un gruppo di avventurieri. Servivano competenze in possesso solo di un certo numero di marine militari. L’inchiesta giornalistica di Seymour Hersh, puntò il dito sugli Stati Uniti con il supporto di alcuni alleati in Europa. Mentre lo sbadato presidente polacco Duda ringraziò su Twitter gli Stati Uniti per la distruzione dei gasdotti, salvo cancellare inutilmente il tweet. Il giorno l’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi la Polonia inaugurava il nuovo gasdotto che riforniva Varsavia di gas norvegese.
Gli Stati Uniti fin dal 2014 stavano premendo sugli europei per rinunciare al gas russo. Compreso il South Stream che avrebbe portato il gas russo fino in Austria e in Puglia attraverso i Balcani. Washington nomina addirittura un sottosegretario per ostacolare l’entrata in funzione del Nord Stream 2. E sia il Biden sia il sottosegretario Victoria Nuland avvertono che in caso di guerra in Ucraina il Nord Stream avrebbe cessato di esistere. Nuland, già ben nota per il suo “l’Europa si fotta!” all’epoca del Maidan, in un’audizione al Senato si disse “molto soddisfatta, e credo lo sia anche l’amministrazione, di sapere che il Nord Stream 2 è adesso un rottame metallico in fondo al mare». Il segretario di Stato Anthony Blinken, pochi giorni dopo definì la distruzione dei gasdotti una «splendida opportunità per mettere definitivamente fine alla dipendenza dell’Europa dall’energia russa».
Non stupisce che l’inchiesta svedese come quella della Danimarca siano state chiuse con un nulla di fatto: gasdotti “intenzionalmente sabotati ma senza i presupposti per aprire un’inchiesta penale e individuare i responsabili”. Difficile persino da dire, oltre fa capire. Gaiani, di memoria lunga, lega la distruzione del Nord Stream anche alla fine della carriera politica dell’allora premier britannico Liz Truss che già di sua incapacità ci metteva molto. Subito dopo l’esplosione dei gasdotti avrebbe inviato al segretario di stato statunitense Blinken un messaggio col telefono con scritto “Fatto!”. L’intelligence russo che intercetta, pubblica quelle cinque lettere micidiali, e la signora Truss, meno di un mese dopo l’esplosione dei gasdotti, deve dimettersi, record assoluto di più breve permanenza a Downing Street.
Per l’Unione Europea, la presidente Ursula von der Leyen, all’indomani dell’attentato ai Nord Stream, affermò su Twitter che “Ora è fondamentale indagare sugli incidenti, ottenere piena chiarezza sugli eventi e sul perché. Qualsiasi interruzione deliberata delle infrastrutture energetiche europee attive è inaccettabile e porterà alla risposta più forte possibile”. Più forte contro chi? Il fantomatico subacqueo ucraino Volodomyr Z.?