
Il PIL tedesco è sceso dello 0,1%, mentre l’Eurozona fa + 0,3. In particolare l’indice ZEW, che misura la fiducia degli investitori, è più che dimezzato da luglio ad agosto da 42,8 a 19,2. E quello sull’auto è diventato oggetto di uno scontro aperto nella coalizione di governo formata da Liberali Democratici FDP, centro-sinistra SPD, e Verdi. Alle soglie delle elezioni in tre stati a settembre ( Sassonia, Brandeburgo e Turingia) i Liberali Democratici, il partito più vicino agli imprenditori, ha lanciato una crociata per incentivare l’uso dell’automobile. Si vuole incoraggiare i tedeschi ad usare di più le loro Volkswagen e BMW, e non di meno, come è nel dettato delle politiche degli alleati Verdi. Più parcheggi nei centri cittadini e abbassamento del limite per ottenere la patente auto, da 18 a 16 anni, due delle proposte unite allo slogan “L’automobile rimane una parte essenziale della mobilità e delle libertà individuali”.
La risi tedesca e le divergenze sulle soluzioni proposte sono anche i segnali che la politica economica di Bruxelles è entratata in rotta di collisione con la Germania. Da un lato la decarbonizzazione del Green Deal, dall’altro l’allineamento dell’Europa alle politiche protezionistiche degli Stati Uniti nei confronti della Cina.
Primo mercato automobilistico del mondo, la Cina resta un grandissimo sbocco per le autovetture e gli altri componenti manifatturieri tedeschi. Motivo per cui Il grande capitalismo tedesco sta ignorando platealmente le esortazioni del proprio cancelliere Olaf Scholz e della presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, che da tempo raccomandano alle imprese tedesche ed europee di ridurre il ‘rischio-Cina’. Infatti, gli investimenti esteri diretti della Germania nel primo semestre di quest’anno hanno raggiunto i 7,3 miliardi di euro, un vero e proprio boom visto che avevano raggiunto i 6,5 miliardi nell’intero 2023. La parte del leone di questa performance l’ha fatta l’industria automobilistica.
Ciò che sta avvenendo è uno scontro sulle strategie di quella che è stata definitita ‘ geopolitica dell’industria automobilistica’. Le critiche dei vertici di Bruxelles partono dall’errore a monte compiuto dagli imprenditori tedeschi con la Russia: legarsi mani e piedi a un mercato ignorando la dimensione geopolitica.
Il rischio Cina comprende una serie di conseguenze derivanti da ciò che può accadere con Taiwan o nei conflitti in corso. Per quanto riguarda il presente, è necessario difendere la sicurezza della proprietà intellettuale e proteggersi dai bassi prezzi. Motivo questo che ha portato alle recenti misure di dazi sulle auto elettriche. Perchè allora la Germania intende mantenere così forti legami con la Cina? Per gli operatori dell’industria automobilistica allontanarsi dal mercato cinese significherebbe cambiare mestiere. Molti tedeschi hanno la percezione che la grande ricchezza del Paese stia sfuggendo al proprio controllo e ritengono di difendere l’industria nazionale con le proprie mani.
La sensazione di un indebolimento della proverbiale prudenza e rigidità finanziaria è iniziata con il grande debito per salvare l’ economia europea dal Covid. Il PNRR, è stato garantito con la maggior quota dai soldi tedeschi e della loro tripla A (tripla B in Italia…).
Dopo la pandemia, il secondo elemento di impegno finanziario sovranazionale è emerso con gli ingenti aiuti all’Ucraina, diretti dalla centrale di Bruxelles e inseriti in un più ampio contesto di alleanze che comprende la potenza USA e la NATO.
Per ultimo, l’allineamento UE alla politica di Washington sulle restrizioni agli affari con Cina che ha coinvolto il più grande comparto industriale tedesco. A questi che sono stati percepiti da parte di molti come atti subordinati, hanno risposto gli imprenditori con l’aumento degli investimenti in Cina. Ora anche il governo, con la sua incerta coalizione, “ha congelato tutti gli aiuti militari aggiuntivi all’Ucraina a causa di vincoli di bilancio”, come annunciato a gran voce il 18 agosto scorso. Oltre alle questioni puramente politiche sulla decisione, ricordiamo che nessun altro paese del G7 ha limiti così rigidi sull’emissione di nuovi prestiti e che le regole sul debito sono sancite e regolate dalla costituzione tedesca. La gestione della finanza pubblica è un altro dei fattori identitari del Paese.
La risposta della Germania produttiva alle critiche sulle strategie economiche adottate in passato è che la Cina non è la Russia e che sarebbe sbagliato non trovare formule d’accordo più equidistanti dallo scontro globale tra americani e cinesi. Una soluzione forse riduttiva o forse un modo di affermare che Das Auto significa anche Das Europa.