Kursk, ben oltre l’azione armata simbolo delle forze ucraine in terra russa, e oltre la memoria dello sfortunato sommergibile nucleare sovietico con quel nome affondano misteriosamente nell’agosto 2000.
La battaglia di Kursk, dal 5 al 16 luglio 1943, la più grande battaglia di carri armati della storia, con più di 5.000 mezzi corazzati impiegati in combattimento. Il suo esito segnò la fine delle speranze della Germania nazista di poter arrestare l’avanzata sovietica e mise in luce la forza della macchina industriale di Mosca, ormai capace di alimentare continuamente l’Armata Rossa con mezzi e armamenti di qualità.
Alla fine degli anni Settanta, ancora guerra fredda e corsa agli armamenti, per colmare il divario crescente con le forze armate occidentali, l’Unione Sovietica lanciò un ambizioso programma di costruzioni navali chiamato «Granit», ‘Programma 949’: dieci anni dopo l’immissione nella flotta di nuovi sommergibili lanciamissili nucleari. Dodicesimo battello della classe Oscar, fu il K-141 «Kursk», varato nel 1994.
Il 12 agosto 2000 la marina militare russa conduce la più vasta esercitazione navale dai tempi dell’Unione Sovietica sul mare di Barents: vi prendono parte una trentina di navi e tre sommergibili, compreso il modernissimo «Kursk», fiore all’occhiello della flotta. L’esercitazione inizia intorno alle 08.30, ora locale, e alle 11.28 si verifica una prima esplosione subacquea, seguita da una seconda pochi minuti dopo. Il battello si adagia sul fondo, ma una parte dell’equipaggio riesce ancora a restare in contatto radio prima del silenzio. Solo dopo quattro giorni, il 17 agosto i soccorritori
constatano la morte di tutti i centodiciotto dell’equipaggio.
Vladimir Putin, insediato a maggio per il primo mandato presidenziale, incontra il 22 agosto i familiari delle vittime, e denuncia le appropriazioni degli oligarchi che avevano privato di risorse e di sicurezza le forze armate russe. Per molti storici l’avvio della militarizzazione della società russa.
Il «Kursk» affondato, fu recuperato e demolito. Tra i 2005 e il 2016, dei 13 della ‘classe Oscar’ ne furono smantellati altri quattro ed attualmente ne risulterebbero in servizio solo quattro, dopo lunghi lavori di ammodernamento, mentre i restanti si trovano da anni ‘in cantiere per riparazioni’.
Sommergibile a parte, il nome Kursk nella storia russa, ha un ancora più forte valore evocativo. Nel luglio del 1943 intorno alla città fu combattuta una spaventosa battaglia di logoramento, che segnò le fine dellA iniziativa strategica tedesca sul fronte orientale. Dopo Stalingrado, intorno a Kursk si era creato un ‘saliente’, una sporgenza della linea del fronte che impegnava risorse in una pericolosa situazione di stallo: da una parte il saliente avrebbe potuto diventare la base di partenza di una potente offensiva sovietica proiettata verso occidente, ma dall’altra un attacco a tenaglia tedesco avrebbe potuto circondare un milione di soldati russi annientandoli.
I tedeschi si concentrarono sulla preparazione logistica e tecnologica: attesero che giungessero in linea nuovi modelli di carri armati, anche se alcuni di questi ‘strabilianti mezzi’ si rivelarono in realtà tutt’altro che affidabili. L’altro aspetto sul quale poterono incidere poco fu quello dei rifornimenti: la stragrande maggioranza era trasportata su linee ferroviarie che percorrevano itinerari fissi.
I sovietici, nell’imminenza dell’attacco, trasformarono il saliente in un’immensa fortificazione campale estesa per centinaia di chilometri: grazie a quasi trecentomila civili russi, furono costruite a nord e a sud linee di trincee continue, davanti alle quali furono collocati campi minati, fossati anticarro e trappole per la fanteria. Gli attaccanti, nonostante la superiorità organizzativa, subirono perdite spaventose per occupare le diverse linee, ma soprattutto esaurirono in breve rifornimenti e munizioni: i sovietici infatti bombardarono con l’aviazione tutte le linee ferroviarie destinate al trasporto di rifornimenti.
Prima della battaglia i sovietici avevano ricevuto conferma dell’attacco tedesco grazie ad un loro agente in Gran Bretagna in grado di accedere alle informazioni ottenute dagli inglesi attraverso la decrittazione dei messaggi cifrati della macchina ‘Enigma’. che non sempre erano trasmesse completamente agli alleati russi e qualche volta nemmeno agli americani.
Stalin manifestò grandi preoccupazioni nella convinzione che Mosca fosse nuovamente in pericolo e tentò di convincere l’alto comando dell’Armata Rossa a una controffensiva prima dell’attacco tedesco, ma alla fine prevalse la linea dei militari, convinti che l’attacco tedesco si sarebbe progressivamente esaurito di fronte alle forti posizioni e alle trappole escogitate. A fargli cambiare idea fu soprattutto Zukov il cui ruolo da quel momento uscì rafforzato per tutta la durata della guerra: nonostante perdite spaventose in uomini e mezzi, il vero vincitore fu lui.
Dopo Kursk, sebbene l’armata nazista restasse ancora un complesso temibile, la macchina bellica subì complessivamente un rallentamento soprattutto nei rifornimenti e nei trasporti e non fu più in grado di condurre grandi offensive. Al contrario i sovietici poterono far affluire rifornimenti in misura crescente dalle fabbriche russe percorrendo strade che non potevano più essere minacciate o colpite. Dietro il grande scontro di mezzi corazzati, il crogiuolo in cui furono annientate intere unità, si manifestarono quindi anche altri fattori e ben presto il fattore ‘morale’ si trovò a rivestire un ruolo determinante.