L’autocrate tunisino Kais Saied non vuole opposizioni

Il presidente tunisino, che da tempo sta seppellendo il sistema democratico del suo paese, ha fatto arrestare i suoi principali avversari alle prossime presidenziali. Il 6 ottobre in Tunisia ci saranno le elezioni presidenziali e Kais Saeid, sarà certamente rieletto perché senza una reale opposizione. Negli ultimi giorni alcune delle persone che si erano candidate sono state condannate con l’accusa di aver falsificato i documenti necessari per presentarsi, con conseguente impossibilità di presentarsi a qualsiasi futura elezione.

 

Il presidente tunisino Kais Saied ha rimosso il primo ministro Ahmed Hachani, senza dare spiegazioni

Il giurista che insulta il diritto

Il 6 agosto una candidata, Abir Moussi, importante e popolare esponente dell’opposizione, è stata condannata a due anni di prigione per aver denunciato la mancanza di indipendenza dell’Isie, l’autorità che nel paese si occupa delle elezioni. Altri candidati alle presidenziali erano stati arrestati e incarcerati settimane fa e altri ancora sono stati esclusi dall’Isie governativa ed obbediente all’autoritario capo dello Stato. Vergogne giudiziarie su cui il mondo mediterraneo attorno sempre distratto sul progressivo logoramento della democrazia in Tunisia, che è governata in modo sempre più autoritario da Saied, denuncia il Post. Antica giustificazione di ogni despota, «complotti portati avanti da forze controrivoluzionarie contrarie al popolo tunisino e al movimento di liberazione nazionale», e la propria candidatura per un nuovo mandato da presidente come un atto di «lotta per l’autodeterminazione» del suo paese». E qualcuno lo va anche a riverire.

Via anche il premier

Il 7 agosto ha anche rimosso il primo ministro Ahmed Hachani sostituendolo con il ministro degli Affari sociali Kamel Madouri, senza fornire spiegazioni. Aveva fatto lo stesso nel 2021, quando aveva nominato Hachani al posto di Najla Bouden, rimossa dopo poco più di due anni da prima ministra. Lui decide e fa senza spiegare è la sua cultura del potere. Saied, 66 anni, è accusato da tempo di aver smantellato il sistema democratico tunisino e le libertà ottenute dopo le primavere arabe, l’ondata di proteste nel 2011 che portarono alla destituzione di regimi autoritari al potere da decenni. Tra i paesi interessati dalle rivolte, la Tunisia – guidata allora dal presidente autoritario Ben Ali, al potere dal 1987 – fu quello che ne uscì con il sistema democratico apparentemente più stabile e duraturo, oltre ad essere quello dove la rivoluzione ebbe inizio.

Tortuoso percorso verso la democrazia

Negli anni successivi alle rivolte la Tunisia iniziò un complicato e tortuoso percorso verso la democrazia, con riforme e conquiste di nuove libertà politiche. Alle elezioni parlamentari del 2011 – le prime elezioni libere in Tunisia dal 1956, anno in cui il paese ottenne l’indipendenza dalla Francia – vinse il partito islamista moderato Ennahda, che durante gli anni di Ben Ali era stato reso illegale. Ennahda si impose come la più importante formazione politica del paese. Nel 2014, dopo due anni di discussioni, le forze politiche si misero d’accordo per approvare una nuova Costituzione che, tra le altre cose, riduceva i poteri del presidente e aumentava quelli di parlamento e magistratura, oltre a garantire il diritto di espressione, di manifestazione e nuove libertà civili. E la Tunisia fu celebrata e presa come modello, ottenendo riconoscimenti, contreso –nel 2015-, il Premio Nobel per la Pace al “Quartetto per il dialogo nazionale tunisino”.

Poi la delusione Saied con l’inganno

C’erano grandi speranze, insomma, sulla democrazia tunisina. Ma l’economia continuò a peggiorare e la situazione politica rimase piuttosto caotica. L’elezione come presidente di Kais Saied, nel 2019, va vista in questo contesto. Saied, un professore di diritto costituzionale, si presentò come indipendente e senza nessuna precedente esperienza politica. Sfruttò la sua provenienza per mostrarsi come un leader nuovo, onesto, non compromesso, in grado di combattere la corruzione e di risolvere i problemi del paese. Ma a partire dal 25 luglio del 2021, Saied ha invece progressivamente smantellato molte istituzioni democratiche. Lo ha fatto rimuovendo la prima ministra Najla Bouden e bloccando i lavori del parlamento, assumendosi gli incarichi di governo e cominciando di fatto a governare da solo, per decreto, con azioni che i suoi oppositori definirono un «colpo di stato».

L’autocrate in beffa al diritto

Ha limitato l’autonomia del potere giudiziario, sciolto il Consiglio superiore della magistratura, represso con violenza le proteste di chi lo accusava di voler riportare il paese verso l’autoritarismo, fatto imprigionare vari oppositori, rimosso decine di giudici critici nei suoi confronti e fatto approvare una nuova Costituzione che gli garantisce ampi poteri, redatta da un gruppo di esperti che lui stesso aveva personalmente nominato. Ha inoltre istituito una nuova legge elettorale che non prevede la partecipazione alle elezioni dei partiti, ma solo di candidati indipendenti. L’affluenza alle prime elezioni che si sono svolte con questa legge, nel dicembre del 2022, fu fra le più basse al mondo.

Un po’ di galera per tutti

Giovedì 1 agosto è stata arrestata Sihem Bensedrine, una delle persone più importanti per il femminismo e la lotta per i diritti umani del paese. Bensedrine era presidente della Commissione per la verità e la dignità, incaricata di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le dittature in Tunisia che, nel tempo, ha ricevuto più di sessantamila denunce e ascoltato quasi cinquantamila vittime dichiarate in udienze pubbliche trasmesse in diretta televisiva. Azione plateale per ermare il processo democratico e garantire impunità per coloro che si erano resi responsabili di quei crimini, tra cui molti funzionari e dirigenti dell’attuale ministero dell’Interno.

Razzismo contro l’Africa subsahariana

Durante il mandato di Saied è peggiorata moltissimo anche la condizione delle molte persone originarie dell’Africa subsahariana che si trovavano già in Tunisia o che ci arrivano sperando di raggiungere l’Italia. Saied li descrive spesso come i responsabili della crisi economica tunisina. Nei loro confronti ha avviato una campagna di discriminazioni sistematiche, che prevede fra l’altro arresti, violenze ed espulsioni di massa.

Libertà di stampa, scordatela

Per quanto riguarda la situazione di radio, giornali e televisioni, l’Unione nazionale dei giornalisti tunisini (SNJT) ha denunciato l il graduale allineamento dei media al regime di Kais Saied, soprattutto a partire dal 2021. Diversi canali e redazioni sono state chiuse, molti giornalisti dissidenti sono stati licenziati, minacciati di essere sottoposti a provvedimenti disciplinari o perseguiti. Il giornalista satirico Haythem El Mekki ha detto: «Praticare il giornalismo politico indipendente oggi in Tunisia è diventato impossibile».

Le candidature per le elezioni presidenziali

Il 6 agosto era l’ultimo giorno per presentare le candidature alle presidenziali e il 10 agosto l’Isie ha comunicato di aver accettato solo tre candidature: quella di Saied, quella di Zouhair Maghzaoui, 59 anni, ex deputato che aveva sostenuto il colpo di stato di Saied tre anni fa, e quella di Ayachi Zammel, anche lui un ex deputato e leader di un piccolo partito poco conosciuto. Altri quattordici candidati non sono invece stati ammessi, ma potranno presentare un ricorso. L’elenco definitivo delle candidature sarà pubblicato il 4 settembre.

‘Arresti arbitrari’

La settimana scorsa una trentina di ONG, tra cui la Lega tunisina per i diritti umani, ha denunciato «arresti arbitrari» di candidati alla presidenza, un’autorità elettorale che «ha perso la propria indipendenza e una monopolizzazione dello spazio pubblico con l’uso di risorse statali per favorire un unico candidato».

Tags: Saied Tunisia
Condividi:
Altri Articoli
Remocontro