«Proteggere il confine meridionale e rafforzare la sicurezza nazionale» l’obiettivo ufficiale dichiarato da Saddam Haftar, figlio più giovane del generale Khalifa Haftar, il capo della Cirenaica. «Pattugliare il deserto e monitorare la striscia di frontiera con i paesi vicini, senza voler prendere di mira nessuno», prova a rassicurare l’erede di tanto padre, ma senza convincere nessuno. L’«Alto consiglio di Stato della Libia», voce del diritto giuridico dove vale solo quella del più forte, ‘condanna fermamente’, ma poi spiega cosa c’è veramente dietro. Obiettivo strategico dei movimenti militari la città di Gadames a il suo aeroporto, che erano sotto il controllo del ‘Governo di unità (inesistente) nazionale’, con sede a Tripoli, timbro Onu, e poco altro.
Obiettivo politico con molti interessi internazionali intrecciati, il controllo nelle zone di frontiera con Algeria e Tunisia, ma anche Niger e Ciad, tra i protagonisti della recente rottura ad occidente e nuove familiarità politiche russe. Il primo ministro di Tripoli Dabaiba, che è anche ministro della Difesa dichiara, «lo stato di massima allerta», mentre gli alleati internazionali «esprimono preoccupazione». «Le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti condividono le preoccupazioni della comunità internazionale riguardo ai movimenti militari in corso», è il rosario diplomatico recitato. Timore di uno scontro tra gli eserciti e i gruppi armati che rispondono a Tripoli e Bengazi. È dalla tregua 2020 che la situazione è abbastanza stabile, dopo un’intesa favorita da Russia e Turchia, sempre più protagoniste nell’area.
Soltanto in mese fa l’Ispi -studi di politica internazionale-, ma certamente anche i nostri servizi segreti, avvertivano del recente dispiegamento di forze militari russe in Libia, con implicazioni «per la sicurezza della Libia, dell’Europa meridionale e del Sahel». Ma altro ancora era accaduto e stava accadendo. Il Rappresentante delle Nazioni Unite per la Libia, dopo aver criticato aspramente i leader libici per la loro riluttanza a negoziare in buona fede l’organizzazione di elezioni presidenziali e parlamentari, se ne va sbattendo la porta. Fine di un processo politico ormai da anni ostaggio di interessi e rivalità tra politici e uomini forti. Libia politicamente e territorialmente divisa tra est e ovest. Come se i 13 anni dalla crudele fine di Gheddafi, fossero trascorsi invano.
La Russia ha recentemente incrementato la propria presenza militare in Libia. Secondo un’inchiesta del sito d’opposizione russo Verstka e di Radio Free Europe, negli ultimi mesi Mosca avrebbe trasferito almeno 1.800 soldati e mercenari nei territori sotto il controllo di Haftar, insieme ad almeno cinque carichi di armamenti pesanti, riporta ISPI. Un funzionario del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha confermato che questi numeri sono “sostanzialmente in linea con le stime del Comando degli Stati Uniti per l’Africa” (Africom). Il porto di Tobruk e la base di al-Khadim, nel nord-est della Libia, e le basi di al-Jufrah e Brak al-Shati, nella Libia centrale, sono da tempo importanti punti di svincolo per il trasferimento passaggi chiave verso l’Africa subsahariana (Niger-Mali). Con il viceministro della Difesa russo Yevkurov che incontrato Haftar in Libia per la quinta volta in meno di un anno.
L’obiettivo a lungo termine del Cremlino -sostengono gli avversari-, sarebbe quello di costituire una forza militare permanente di 20.000 uomini per operazioni militari, politiche e commerciali in Medio Oriente e in Africa. Ma è soprattutto diplomazia e politica. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov riceve a Mosca una delegazione da Tripoli. Prima, l’ambasciatore russo a Tripoli, Aydar Aganin, che parla fluentemente l’arabo, si era recato in Cirenaica. Al suo ritorno a Tripoli, l’ambasciatore aveva poi incontrato i vertici del governo locale. «Questi incontri sembrano indicare l’intenzione della Russia di mantenere solidi legami diplomatici anche con le autorità di Tripoli, al fine di posizionarsi come principale intermediario tra est e ovest e rafforzare la propria influenza nel paese», segnala sempre su ISPI Federico Manfredi Firmian.
Riguardo alla presenza militare russa in Libia e ad altre violazioni dell’embargo alle armi, gli Stati Uniti hanno recentemente dichiarato: “Notiamo con particolare preoccupazione le recenti segnalazioni di navi della Federazione Russa che scaricano attrezzature militari in Libia. Ci impegniamo a utilizzare le sanzioni per scoraggiare le minacce alla pace e alla stabilità in Libia”.
Ma questo era un mese prima che i ribelli tuareg in Mali, sotto la guida di militari ucraini, infliggessero pesanti perdite agli ex Wagner ora arruolati nell’esercito russo ufficiale.