Secoli di scambi di prigionieri e ostaggi: Russia-Usa ma non Netanyahu

L’attualità la conoscete: Usa e Russia che sopra la guerra indiretta in Ucraina, si scambiano prigionieri, e l’assassinio di Stato di Israele a Theran a far saltare la difficile trattativa sulla liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas. Netanyahu modello antico.
Euripide nella tragedia «Le troiane»: gli uomini furono passati a fil di spada e le donne messe in stato di schiavitù. Esisteva tuttavia un’altra possibilità: i catturati potevano diventare merce di scambio richiedendo un riscatto o ottenendo in cambio la liberazione di altri prigionieri dal campo avverso.
Prigionieri e ostaggi hanno sempre rappresentato comunque uno dei lati più oscuri della guerra e certamente tra quelli meno nobili.

Un valoroso crociato tra prigionia, riscatto e scomuniche

Riccardo Cuor di Leone, al ritorno dalla III crociata, si era imbarcato da Corfù sotto mentite spoglie per raggiungere l’Alto Adriatico e proseguire il viaggio. Dopo un naufragio in un tratto di costa vicino ad Aquileia, si era diretto a nord finendo nel mezzo dei domini asburgici dove fu catturato nei pressi di Vienna per ordine del duca Leopoldo d’Austria che lo riteneva responsabile della morte del marchese Corrado del Monferrato, re di Gerusalemme, caduto vittima di misteriosi sicari.
Riccardo fu internato in un castello austriaco e da qui consegnato al ‘sacro romano imperatore’ Enrico IV che lo mise in un’altra prigione, ma soprattutto chiese un riscatto enorme al re d’Inghilterra: centomila sterline d’argento, che era una somma tre volte superiore alle rendite annuali della corona inglese.
Inoltre, poiché il papa Celestino III, ritenendo cosa indegna trattenere un nobile cavaliere e un valoroso crociato (sia pure sospettato di regicidio), aveva nel frattempo scomunicato il duca d’Austria e ripetuto la scomunica anche nei confronti dell’imperatore, si aprì una crisi internazionale. A complicare la situazione si aggiunse il principe Giovanni, fratello del prigioniero, che invece, d’intesa con il re di Francia, offrì una somma all’imperatore perché continuasse a trattenere Riccardo in Germania.
Alla fine, a due anni dalla cattura, Riccardo fu liberato, ma per raccogliere la somma pretesa furono asportati tesori dalle chiese, dalle case dei più ricchi e imposte tasse spietate.

Cambiano le guerre, ma fino ad un certo punto

La prassi del riscatto per i nobili cavalieri proseguì per secoli con alterne vicende. Dopo il Sacco di Roma (1527) i lanzichenecchi di Carlo V crearono anzi una sorta di tariffario, ma non tutti furono fortunati: durante l’assedio di Firenze (1529) l’ambasciatore veneziano si lamentò del fatto che i prigionieri fossero pochi e che si trattasse ormai di una «guerra a morte» anche se i contendenti lo negavano o accusavano gli altri.
A parte questi eccessi Niccolò Machiavelli scrisse però chiaramente «il disarmato ricco è premio del soldato povero» lasciando intendere che, al di fuori dei canali ufficiali, le cose andavano diversamente.
Probabilmente il momento di più acuto contrasto tra la ferocia della guerra e l’avidità di alcuni si ebbe con la guerra dei Trent’Anni, che fu contemporaneamente una guerra di mercenari e una guerra di religione. I primi solidarizzavano tra loro anche sotto bandiere diverse, ma l’aspetto religioso, che trasformava tutti gli avversari in eretici, spingeva anche ai massacri in nome di Dio.
Diverse le guerre del secolo successivo, almeno fino alla rivoluzione francese. Un nobile milanese che si era arruolato nell’esercito di Maria Teresa ed era stato catturato dai prussiani, poté muoversi con una certa libertà per la Prussia orientale – dopo aver dato la propria parola d’onore di non fuggire – dove ebbe l’opportunità perfino di essere presentato ad Immanuel Kant e di frequentare altri rispettabili cittadini di Königsberg.

Due guerre mondiali

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX cominciò la codificazione di norme internazionali riguardanti il trattamento dei feriti e dei prigionieri di guerra, ma soprattutto fu riconosciuto il ruolo neutrale della Croce Rossa internazionale ammessa a controllare le condizioni dei campi e che in numerosi casi organizzò degli scambi reciproci e collettivi di prigionieri da una potenza all’altra.
Il lavoro ebbe inizio con la compilazione di liste fornite dai belligeranti e alla fine risultarono compilate sette milioni di schede, un numero mai visto nella storia, anche se studi recenti hanno stimato in otto milioni e mezzo il numero dei soldati rinchiusi tra il filo spinato: da queste liste e da questi elenchi si mossero i primi scambi di prigionieri, rivolti soprattutto a malati o mutilati, come caldeggiato dalla Santa Sede fin dal 1915.
Anche nel corso della Seconda Guerra mondiale, benché l’imbarbarimento della guerra e della ferocia nazista ne connotarono l’aspetto, vi furono scambi di prigionieri grazie alla mediazione svizzera o svedese. Questo piccolo segno di umanità tuttavia non deve trarre in inganno, perché il sistema concentrazionario fu sempre negato e quanto vi accadde fu sempre nascosto.
Tardivamente e in maniera grottesca, nelle ultime settimane di guerra, alcuni gerarchi nazisti ricorsero alla distribuzione di poche centinaia di ‘lasciapassare’ destinati ad internati per ottenere in cambio una via di scampo.

Il ponte delle spie

Oggi, tra le tante immagini della Guerra Fredda, il ponte di Glienicke, conosciuto come ‘il ponte delle spie’, suscita ancora interesse. Si trattava di una struttura metallica sul fiume Havel sfuggita alla distruzione di Berlino nell’aprile 1945 diventata per caso il punto di contatto tra la zona controllata da sovietici e quella controllata dagli americani. La fama risale al febbraio 1962, quando si svolse il primo scambio ufficiale di due spie.
Il russo Vilyam Genrikhovich Fisher, che viveva negli Stati Uniti sotto il nome Rudolf Ivanovich Abel, condannato per spionaggio, fu scambiato con l’americano Francis Gary Powers, pilota dell’aereo spia U2 abbattuto dai russi e condannato dai sovietici. Una scena analoga nello stesso luogo si ripeté nel 1985, quando furono scambiati quattro agenti sovietici con una ventina di agenti occidentali. Ultimo in ordine di tempo, 1986, lo scambio sul ponte del dissidente ebreo Sharansky e la superspia sovievica Karel Koecher, infiltrato nella Cia.
La fine della Guerra Fredda non significò automaticamente la fine degli scambi, perché a Vienna nel 2010 l’affascinante Anna Chapman, protagonista della vita notturna di New York e informatrice dei nuovi servi russi, fu scambiata con l’agente occidentale Serghei Skripal.

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