
Concerti che quasi sempre, soprattutto durante il rigido inverno, sono ‘tutti esaurito’. Nella Russia più rurale, quella di campagna, la popolazione attende mesi per assistere al concerto del suo ‘preferito’ quando è in tournée. Si sobbarca ore di auto o di treno, magari riservandosi con largo anticipo in “platzkart”, l’economica cuccetta a scompartimento unico dei treni russi.
Due i grandi miti e cantori della canzone sovietica, il cantante di Stato Lev Leshchenko e Oleg Gazmanov. L’ottantenne Leshchenko, con voce solenne e celebrativa, è diventato famoso soprattutto per la sua interpretazione di ‘Den Pobedy’, canzone popolar-patriottica per celebrare la ‘Vittoria’ (Pobeda) del 9 maggio. Pensare che all’inizio non era particolarmente gradita. Le note di ‘Den Pobedy’ risuonano ancora oggi all’interno di alcuni negozi e nei parchi, nelle giornate che anticipano l’imponente parata del 9 maggio sulla piazza Rossa. Due grandi della musica sono stati sicuramente il cantante lirico Muslim Magomayev, detto il ‘Sinatra sovietico’ e Iosif Kobzón, quest’ultimo nel 2002, uno dei negoziatori con i terroristi nella crisi del teatro Dubrovka a Mosca per il rilascio degli ostaggi.
La canzone ‘Sdelan v SSSR’ (Made in URSS) del settantenne Gazmanov glorifica il passato dell’Unione Sovietica e nei secondi iniziali cita i Paesi post-sovietici come Ucraina, Bielorussia, Moldavia e i Baltici «come tutti parte dello stesso Paese», ovvero l’Unione Sovietica.
La musica, l’arte e la cultura, oltre allo sport, sono mezzi per abbattere muri e stereotipi. L’esecuzione del 7 febbraio del 1987 di una giovanissima Alla Pugacheva – un tempo la ‘primadonna’, la ‘zarina della musica pop sovietica’, ora emigrata in Israele perché contraria all’intervento in Ucraina – sul palco del Festival di Sanremo venne ritenuta una grande apertura verso l’Occidente da parte del Cremlino e del suo allora inquilino Mikhail Gorbaciov, l’uomo della ‘glasnost’ e ‘perestrojka’ che due anni prima era succeduto al conservatore e fedelissimo di Leonid Brezhnev, Konstantin Ustinovich Chernenko. Un momento che venne trasmesso, seppur in differita, dalla televisione di Stato sovietica e che lasciò stupiti.
L’apertura portò a uno scambio. I sovietici primi e i russi dopo iniziarono molto velocemente ad affezionarsi alle canzoni – da “Gelato al cioccolato”, “Mamma Maria”, “L’italiano” o “Gloria” – e ai cantanti italiani. Resta nella storia della musica mondiale il concerto del 9 dicembre del 1990, voluto da Gorbaciov, di Zucchero all’interno del “Gosudarstvennyj Kremlëvskij dvorec”, il Palazzo di Stato del Cremlino, quello delle assemblee del PCUS: quello resterà il primo concerto di un artista occidentale in Unione Sovietica dopo la caduta del muro di Berlino.
Maestri e cantanti importanti, che hanno segnato la musica in Russia ma anche negli ex ‘stan’ (stan-terra, dell’Asia centrale come l’Afghanistan), Nikolaj Rastorguev con la sua popolar-militare ‘Kombat’, Irina Allegrova, Nadezda Babkina, Sofia Rotaru, Larisa Dolina, Tamar Gverdsiteli, Nadezda Kadyshecva ma anche i più recenti, dalla compianta Zhanna Friske a Kristina Orbakaite, da Gregory Leps a Kristina Orbakaite, e quelli che vanno più in voga ora, Mitia Fomin e Pelageja, quest’ultima che ricorda la Russia d’un tempo.
A piacere ai russi di ieri ma anche ai giovani ci sono anche gli artisti italiani. I più famosi sono Pupo e Al Bano – famoso il doppio ‘concerto reunion’ con Romina Power del 17 e 18 ottobre 2013 al Crocus City Hall di Mosca (distrutto nell’attentato del marzo scorso) per volere del padrone della sala concerti Aras Agalarov – ma ad essere popolari in Russia sono anche Gianni Morandi, Toto Cutugno (‘Toto Cotunio’, per i russi), Umberto Tozzi, Ricchi e Poveri, Riccardo Fogli, Pupo, Antonella Ruggero e i Matia Bazar.