Le due Cipro che dopo 50 anni non pensano proprio a riunificarsi

Cinquant’anni dopo il colpo di Stato greco degli allora Colonnelli, l’isola di Afrodite come bene ricorda Limes, è ancora divisa, e non intende cambiare. Si parla di unione, ma in realtà si guarda ad altro, mentre i nodi irrisolti –per Massimiliano Sfregola- sembrano diventare inestricabili.

Alla ‘Porta di Famagosta’

“Questa terra è nostra. Nostra e dei turco-ciprioti”, ha gridato dal palco Stefanos Stefanou, segretario generale di Akel, il più grande partito di sinistra di Cipro, davanti a una folla delle grandi occasioni. Questo 15 luglio, alla Porta di Famagosta, in un parco adiacente alle suggestive mura veneziane di Nicosia. Memoria del 15 luglio 1974, quando nella capitale regnava il silenzio del coprifuoco dopo il golpe, nel primo giorno dell’autoproclamata Repubblica ellenica di Cipro che aveva appena cancellato il breve e sfortunato esperimento di coabitazione indipendente tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, insieme sotto la stessa bandiera e la stessa costituzione.

Colonelli greci e crudeltà feroci

Quel 15 luglio 1974, nel primo giorno dell’autoproclamata Repubblica ellenica di Cipro che aveva appena cancellato il breve e sfortunato esperimento di coabitazione indipendente tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, insieme sotto la stessa bandiera e la stessa costituzione. Nessuno voleva diventasse un’altra Grecia, nessuno voleva i colonnelli, ma per undici anni le due comunità erano state dilaniate da scontri interetnici: turco-ciprioti rinchiusi in enclave, una scia di esecuzioni e ritorsioni, migliaia di persone uccise e seppellite in fosse comuni, che ancora oggi il ‘Committee of Missing Persons’, cerca.

Presidente despota per pochi giorni

Sempre quel 15 luglio, i ciprioti seppero di avere un nuovo presidente, mai eletto. Un certo Níkos Sampsón, editore ultranazionalista ed ex combattente del gruppo paramilitare Eoka B, che aveva combattuto prima gli inglesi e poi i turco-ciprioti. Scelto dai colonnelli greci in fretta e furia per rimpiazzare Makarios III, il presidente legittimo messo in fuga, Sampsón doveva realizzare il sogno di enosis di molti greco-ciprioti, ossia l’unificazione dell’isola con la “madre patria”. Durò giusto una settimana. E cadde insieme al regime dei colonnelli greci – che quel golpe lo avevano orchestrato – tre giorni dopo che la Turchia aveva imbarcato le truppe, preparato i paracadutisti e dato il via alla ‘Operazione Atilla’ (non Attila).

Doppia Operazione Atilla

L’invasione turca di Cipro il 20 luglio 1974, in risposta al golpe greco che aveva rovesciato del legittimo Presidente, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios. Tre giorni più tardi il colpo di Stato filo-greco fallì e fu restaurato il governo cipriota scaturito dalle elezioni. Atilla II fu il nome in codice della seconda parte dell’intervento turco a Cipro, avvenuta il 14 agosto 1974, meno di un mese dopo la prima operazione militare e la restaurazione del legittimo governo cipriota. Da allora, una crisi di identità tra le due comunità nazionali che mezzo secolo di divisione ha reso un muro più invalicabile dei 158 chilometri di filo spinato e torrette che compongono la ‘buffer zone’, la ‘zona cuscinetto’ delle Nazioni Unite.

Dall’antica ferocia alla separazione condivisa

«Chi per diffidenza, chi perché nel 1974 ha perso una proprietà o perché parente di una persona scomparsa – vi furono 5 mila desaparecidos durante le violenze intercomunali –, ognuno si tiene lingua e tradizioni del suo paese storico di riferimento», precisa Massimiliano Sfregola. «La Cipro unita esiste a tavola, in alcuni aspetti del folklore e in qualche espressione dialettale. Ma nella pratica, solo pochi ciprioti frequentano attivamente concittadini dell’altra comunità. Troppo pochi per spingere avanti una nuova riunificazione, oltre la fila a nord dei greco-ciprioti per acquistare benzina e sigarette più economiche nell’area occupata, o nella direzione opposta, verso sud, dei turco-ciprioti alla ricerca di stipendi migliori o di prodotti Ikea e di altre catene internazionali che nella zona occupata, a causa dell’embargo, non possono trovare».

Il tempo muta i problemi

Prima del 2004, i ciprioti dei due lati della ‘buffer zone’ si incontravano nel Regno Unito: Cipro non ha avuto università fino alla fine degli anni Novanta e a lungo questo è stato l’unico modo di conoscersi. Ma il mondo è andato avanti e Cipro vive oggi altri problemi più globali: l’immigrazione dai paesi del Sud del mondo, l’emergenza abitativa, la polarizzazione della società su linee politiche e non più etniche, le disuguaglianze di reddito, le guerre regionali, il boom del mercato valutario e della finanza internazionale e gli investimenti più e meno puliti. Con la Repubblica secessionista, terra senza Stato e senza storia, dipendente in tutto dalla Turchia e stretta nella coabitazione controvoglia tra i turco-ciprioti e i ‘coloni’ turchi con passaporto valido.

«In questi 50 anni la questione cipriota è andata tante volte vicina a una soluzione. Ma i nodi irrisolti, con il tempo, si sono accumulati e hanno mostrato di essere un giogo più inestricabile del previsto. Ogni anno che passa, sono sempre meno i ciprioti che ricordano l’isola unita e lo status quo dell’isola divisa si è ormai consolidato».

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