Il 15 maggio del 2025 la ‘Moskovskij metropoliten imeni V. I. Lenina’ (metropolitana di Mosca intitolata a Lenin) compirà 90 anni di attività e sono già operativi i cantieri che entro il 2029 faranno entrare in funzione nuove linee (prossime a toccare quota 20 escludendo le linee di collegamento dei treni locali di superficie) ed espansioni di quelle già esistenti. Ad oggi la metro di Mosca ha una rete di 514 chilometri e serve ben 294 stazioni.
Se ai tempi dell’Unione Sovietica ma anche fino a metà anni 2000, i passeggeri per trascorrere il tempo leggevano libri talvolta ingialliti – da Aleksandr Pushkin a Nikolaj Gogol, da Fëdor Dostoevskij a Lev Tolstoj –, ora sulla metro i libri cartacei sono quasi spariti: tutti, babushke comprese (anziane signore), hanno in mano il telefono cellulare oppure l’e-book, i più giovani cuffiette e via ad ascoltare musica.
La metropolitana di Mosca è un flusso interminabile di persone. Scale mobili di epoca sovietica abbellite da lampioni datati tutti accesi, per raggiungere i binari si scende nelle viscere di una città che non dorme mai e sempre più proiettata al futuro cercando, però, di mantenere sempre le sue antiche tradizioni e i suoi radicati usi e costumi.
Per scoprire Mosca e come vivono i moscoviti bisogna ovviamente uscire dagli itinerari comuni. Con un turismo europeo azzerato ormai da oltre due anni, nella capitale russa ecco che si vedono cinesi e arabi oltre ai cittadini che sotto l’Urss erano anche loro ‘russi’ ma che oggi sono kirghisi e tagiki. È solo strisciando la ‘Troika’, la carta ricaricabile entrata in funzione nel 2011 per utilizzare tutti i mezzi pubblici a Mosca (una corsa costa 57 rubli, 60 centesimi di euro), che si scopre la città.
Percorrendo la ‘linea 10’ di colore verde che taglia la capitale da nord a sud sul lato orientale si trova la stazione ‘Rimskaja’ in onore alla capitale italiana. La fermata ‘Romana’ è in funzione dal 28 dicembre 1995. Poco dopo i tornelli, in alto spicca il medaglione della Lupa capitolina. A 50 metri di profondità hanno lavorato architetti italiani Giampaolo Imbrighi ed Andrea Quattrocchi. Era stata predisposta una fontana ma non è funzionate per motivi legati all’umidità. L’aspetto più curioso che attira lo sguardo sono le tipiche colonne romane con sopra le sculture di due bambini, Romolo e Remo.
Non è il caso di ‘Rimskaja’ ma nella storia ci sono state 29 stazioni che sono state rinominate almeno una volta. C’è una stazione che detiene il record con quattro cambiamenti del nome. È quella più comune a tutti, quella più centrale, quella che serve la piazza Rossa: ‘Okhotnyj Rjad’.
Nome dato nel 1935 perché nei pressi c’era un mercato che vendeva selvaggina, nel 1955 il primo cambiamento in ‘Kaganovich’ in onore di Lazar Kaganovich, braccio destro di Stalin, autore della costruzione della metropolitana di Mosca e scomparso all’età di 97 anni nel 1991 qualche mese prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Con la destalinizzazione voluta da Nikita Krusciov, Kaganovich venne cancellato e dopo due anni ritornò il nome iniziale.
Nel 1961, però, arrivò una nuova denominazione, ‘Prospekt Marksa’ in onore al filosofo tedesco Karl Marx. Nel 1990 il quarto cambio e il ritorno al passato con ‘Okhotnyj Rjad’.
Lungo la linea 3 c’è la stazione che fino al 1961 si chiamava ‘Stalinskaja’ in onore di Iosif Stalin. Oggi ridotta al quartiere di Semyonovskaya.