A leggere bene tra le carte delle proposte di James David Vance, possibile/probabile prossimo vice presidente Usa, viene fuori una teoria che ha una sua logica. E cioè, per gli Stati Uniti il vero nemico è la Cina e svenarsi sul fronte europeo, rischia di togliere risorse che potrebbero risultare vitali nell’Indo-Pacifico. Questo il Vance-pensiero, illustrato anche dalla rivista Time. L’articolo raccoglie le prime preoccupate reazioni ucraine. Simon Shuster ha registrato commenti non proprio entusiastici, apparsi sia sui ‘Social’, sia sentiti nei corridoi dei Palazzi che contano. Commenti ufficiali, invece, quasi niente, e quel poco che trapela viene sempre espresso col bilancino del farmacista. Vista la piega presa dagli avvenimenti politici oltre oceano, a Kiev nessuno è così imprudente da inimicarsi l’ingombrante e imprevedibile ‘sfidante capo’ repubblicano. Che straparla di «pace in 24 ore» e che si tira appresso un vice energico e che, a quel che si dice, potrebbe eventualmente avere una delega, per sovrintendere le aree di crisi: Ucraina, Medio Oriente e Mar Cinese meridionale.
Ironia amara sui ‘social’ dietro la paura politica nascosta. La foto di Vance col titolo «Questo è un male», o le critiche a doppio taglio tipo, «Con l’assistenza americana, i funzionari ucraini potranno acquistare uno yacht più grande». Ma oltre le battute, un consigliere di Zelensky, citato da Time, ha avvertito: «Ora l’Ucraina deve stare attenta alle sue parole e alle sue azioni». Secondo la rivista, «il cattivo sangue tra Vance e Zelensky risale almeno all’autunno del 2023, quando il senatore Usa si battè per bloccare i fondi a Kiev». Dopo che la controffensiva ucraina falli definitivamente, Vance denunciò «un conflitto che inghiottiva centinaia di migliaia di vite umane e montagne di miliardi di dollari, solo per vedere il fronte spostarsi di qualche centinaio di metri». Quando gli dissero che i soldi all’Ucraina avrebbero ‘arricchito’ anche gli americani, lui scrisse una lettera sprezzante al Washington Post. «La guerra non è un’iniziativa imprenditoriale -sostenne Vance- perché gli Stati Uniti sono più di una semplice economia».
Se a novembre non gira la ruota, Zelensky dovrà salvare il salvabile. Oleksandr Kharebin, adviser del Presidente ucraino, è sicuro: «Con un vicepresidente come Vance, il piano di Trump di imporre condizioni di pace a Kiev sta cominciando a sembrare una strategia confermata». Anche se occorre approfondire. Perché la narrativa sul presunto e sfacciato filoputinismo della proposta trumpiana veicolata da Orban, va aggiornata con dettagli ‘freschi’ e senza demonizzazioni preconcette. Il progetto di discussione elaborato da Keith Kellog e Fred Fleitz, già esponenti del Consiglio per la Sicurezza nazionale durante la Presidenza Trump, è stato reso noto dalla Reuters. ‘Minaccia’, è vero, Kiev di tagliare i rifornimenti, nel caso gli ucraini non volessero trattare. Ma, nello stesso tempo, ‘avvisa’ Putin che se anche lui si dovesse rifiutare di sedersi al tavolo dei colloqui di pace, in quel caso gli Usa raddoppierebbero i loro aiuti militari.
Da quel che si capisce, l’unica regione che sicuramente dovrebbe passare di mano, alla fine dei giochi, è la Crimea. Ma questo non è scritto e non va detto. Tutto da decidere, invece, lo ‘status’ del Donbass di cui, pare di capire, viene assolutamente esclusa un’annessione formale. Autonomia, magari sullo stile di Taiwan? Si vedrà. È chiaro che dovrà essere discussa è definita anche una cornice di sicurezza dei confini di Kiev. Dato che l’adesione alla Nato, per ora (e chissà per quanto tempo ancora) verrà accantonata. Certo, non è una soluzione equa e nemmeno moralmente desiderabile. Ma la politica è l’arte delle cose possibili. Se qualche Premio Nobel, a Bruxelles o a Washington, ha delle idee migliori le renda note. Purché non siano le solite idiozie pronunciate anche l’altro ieri da Charles Michel, cioè che i «valori della democrazia vanno difesi fino a quando sarà necessario». Necessario per chi?
Per capire meglio cosa abbiamo di fronte, ecco le previsioni del Washington Post: «Per l’Ucraina e la Russia si prospetta un’estate mortale, con poche speranze di grandi guadagni. Migliaia di persone rischiano di morire, mentre gli eserciti cercano aperture lungo una linea del fronte in gran parte statica». Insomma, si prospetta un altro bagno di sangue, perché tutto resti come prima. Monsieur Michel, a chi fa comodo questa guerra?