«Le elezioni del 2024 si svolgono in un contesto interno caratterizzato da anni di terrorismo di estrema destra, spesso esacerbato proprio dall’avvicinarsi del voto. Numerosi esperti di sicurezza nazionale e di antiterrorismo hanno avvertito del possibile ripetersi di atti simili a quello verificatosi il 6 gennaio 2021 al Campidoglio. Altri hanno suggerito che atti di violenza, seppur più piccoli e isolati, sono probabili». Esattamente ciò che è accaduto ieri in Pennsylvania.
«Il terrorismo di estrema destra negli Stati Uniti può essere suddiviso in due grandi categorie: una è legata all’ideologia della supremazia bianca, l’altra alle teorie antigovernative. Entrambe si sono sviluppate nel corso di diversi decenni, se non secoli, ma si sono consolidate negli ultimi 15 anni e sono emerse dopo l’elezione di Barack Obama nel 2008». E l’elenco della ricaduta internazionale del fenomeno, è da paura: dalla Norvegia, Oslo 2011, a Christchurch, in Nuova Zelanda nel marzo 2019.
Senza poter dimenticare il febbraio 2018 a Macerata, quando il suprematista bianco Luca Traini aprì il fuoco contro un gruppo di migranti africani, ferendone sei. E quando Brenton Tarrant sparò contro due moschee a Christchurch l’anno successivo, uccidendo 51 fedeli musulmani, su una delle cartucce era inciso il nome di Traini 10.
Durante l’amministrazione Trump, si sono sviluppate diverse milizie di estrema destra: gli Oath Keepers, i Three Percenters, i Proud Boys. Questi gruppi si sono uniti e sono stati gli assaltatori di punta che il 6 gennaio 2021 hanno violato il Campidoglio, l’attacco antigovernativo più eclatante nella storia recente degli Stati Uniti. L’Anti-Defamation League (Adl) a febbraio denuncia che, «Tra il 2014 e il 2023, di 442 omicidi legati all’estremismo, 336 (cioè il 76%) sono stati commessi da estremisti di destra». Anziché affrontarla, i politici di entrambi gli schieramenti sembrano adattarsi alla situazione.
Un linguaggio di questo tipo mira ad alzare la posta in gioco. Le elezioni sono diventate una questione, letteralmente, di vita o di morte. Continuando con questi toni, la possibilità che gli sconfitti ricorrano alla violenza rischia di farsi realtà. Il terrorismo, dopotutto, è spesso un rimedio estremo, scelto da attori che ritengono esauriti i mezzi politici, proprio come nel caso del 6 gennaio. E i problemi legali del presidente Trump diventano un’ulteriore incognita. Trump ha minacciato disordini nel caso in cui le questioni legali dovessero influire sulle elezioni del 2024: a gennaio, ad esempio, aveva previsto che «ci sarà il caos nel paese».
Nell’agosto 2019 un suprematista bianco ha ucciso 23 persone di origine latina in un Walmart a El Paso, Texas. Prima del suo attacco, aveva diffuso un proclama in cui sosteneva di star «difendendo il paese dalla sostituzione culturale ed etnica alimentata dall’invasione». Come l’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson che ha accusato tutti i vertici del Paese di «aver ha deciso di distruggere il paese permettendo che venga invaso». Elon Musk, meschinamente insegue, con Biden accusato di «far entrare nel paese il maggior numero possibile di immigrati illegali e legalizzarli per creare una maggioranza permanente – uno Stato a partito unico».
In molti comizi Trump ribadisce come gli immigrati stiano «avvelenando il sangue del nostro paese». Parole simili a quelle di Adolf Hitler, che nel Mein Kampf notava come «tutte le grandi culture del passato si sono estinte solo perché la razza originaria morì avvelenata dal sangue». Nel migliore dei casi retorica sconsiderata. Nel peggiore, un vero e proprio incitamento a pratiche violente. Intelligenza artificiale e manipolazioni: la tecnologia sta diventando sempre più sofisticata. L’intelligenza artificiale e i deep fakes (falsi volti false voci), indipendentemente dal loro successo o dalla loro diffusione, potrebbero minare la democrazia nel suo complesso.
L’infiltrazione di fazioni estremiste nelle Forze armate e nelle forze dell’ordine. Una eredità della feroce guerra civile Nord-Sud. Gli organi incaricati di rispondere a qualsiasi forma di violenza – forze dell’ordine federali, polizia statale o locale , Guardia nazionale – sono stati tutti contaminati dalla presenza di suprematisti bianchi e di estremisti antigovernativi. Tra gli imputati dell’attacco a Capitol Hill molti avevano avuto un’esperienza militare. Prima della celebrazione inaugurale della presidenza Biden, ad esempio, 12 membri della Guardia nazionale sono stati rimossi dall’incarico di proteggere il presidente, alcuni proprio a causa delle loro opinioni estremiste.
Gli Stati Uniti soffrono di un deficit di fiducia profondo e paralizzante. Nel periodo successivo al 6 gennaio, l’amministrazione Biden ha provato ad affrontare la crescente minaccia del terrorismo nazionale. È stato nominato un consigliere speciale per la Sicurezza interna, così da contrastare gli atti estremi, ma queste misure non sembrano funzionare. E come affermano Pete Simi e Seamus Hughes, «la paura è sufficiente. Anche senza ricorrere alla violenza, gli estremisti possono portare alla normalizzazione della violenza e al degrado della democrazia».
Naturalmente, le conseguenze di una elezione presidenziale americana segnata da una situazione simile non si limiterà agli Stati Uniti. Con oltre 80 elezioni in tutto il mondo nel 2024. «Emergerà o un processo elettorale prospero o un paese caratterizzato dalla violenza e dalla discordia. Se, come sembra, si sta imponendo quest’ultima ipotesi, la democrazia degli Stati Uniti e, di fatto, l’intero ordine liberale occidentale si troveranno sotto pressione», la conclusione largamente condivisibile di Jacob Ware.
Torniamo all’affermazione di partenza: negli Stati Uniti ci sono più armi che persone E l’attentato a Donald Trump ci ricorda che la violenza politica è una caratteristica distintiva dell’America. E dell’America in crisi. Episodi violenti costellano l’intera storia nazionale. Tre dei quattro assassinii di presidenti in carica sono avvenuti in periodi turbolenti per gli Stati Uniti -ci ricorda Limes-, Lincoln alla fine della guerra civile, McKinley mentre l’America emergeva a impero, Kennedy all’alba di un decennio di sangue e tumulti sociali. L’attentato a Trump non è dunque una novità, ma accade in questa fase di crisi degli Stati Uniti.
Il tentato omicidio di Trump radicalizzerà certamente il mondo degli estremisti che ruotano attorno all’ex presidente e la loro convinzione di essere bersaglio di una vasta cospirazione dello ‘Stato profondo’. «Una vera e propria cultura paranoica sedimentata nelle profondità dell’America», avverte Federico Petroni. «Dalla capacità di Trump di tenere a freno i gruppi violenti che lo contornano dipende la tenuta di un argine gravemente eroso dall’attentato di stanotte. Nel caso incoraggiasse vendette, potrebbe perdere il voto di molti elettori moderati.