
«Io servirò ciascuno di voi, che mi abbiate votato o no. Il Paese ha votato per il cambiamento» ha detto il leader laburista nel suo discorso di vittoria come deputato nel collegio londinese di Holborn e St Pancras, dove è stato con oltre 18.000 suffragi e con oltre 11.000 voti di vantaggio sul secondo candidato.
Gli exit poll ingigantiscono le previsioni, assegnando una maggioranza storica e la riconquista del governo ai laburisti con 410 seggi sui 650 della Camera dei Comuni. Frutto anche dell’annunciatissimo tracollo dei conservatori del premier uscente Rishi Sunak, affossati a quota 131, giusto un po’ meno peggio delle stime più nere ma comunque il loro minimo storico: il record negativo precedente era stato raggiunto con le elezioni del 1906, quando il partito allora guidato da Arthur Balfour ottenne 156 seggi.
l Liberaldemocratici centristi di Ed Davey vengono proiettati a 61 e l’ultradestra di Reform UK di Nigel Farage, con più voti previsti rispetto ai LibDem, ma meno concentrati tra i seggi uninominali, può sperare) di portare per la prima volta a Westminster ben 13 deputati. Mentre nei collegi della Scozia si certifica la caduta libera pure degli indipendentisti, da 48 ad appena 10, sempre a vantaggio del Labour. Il suggello dei pronostici unanimi d’una campagna elettorale decisa nei suoi esiti sin dal giorno uno della convocazione a sorpresa a fine maggio delle urne da parte di Sunak, con qualche mese in anticipo sulla scadenza naturale della legislatura.
Scommessa kamikaze destinata in effetti a far scoccare solo un po’ prima del tempo l’ora di un risultato scontato, figlio d’un diffuso sentimento di rigetto da fine ciclo del partito di governo. Scenario che si traduce comunque in una svolta generazionale.
«Fine di quasi tre lustri di governi a guida conservatrice segnati da crisi, scossoni, scandali, lacerazioni interne e cambiamenti di leader, fra responsabilità proprie e conseguenze di terremoti internazionali; oltre che dai contraccolpi – almeno per ora largamente negativi – di quella sorta di gioco di prestigio che è stato il referendum del 2016 sul divorzio dall’Ue, sfociato nella Brexit», la sottolineatura di Logroscino. Svolta nel nome del ritorno alla normalità, con l’ex procuratore della corona prestato alla politica del 61enne Starmer; e che gli elettori sperano non significhi normalizzazione.
Una taglio netto rispetto agli istrionismi di un Boris Johnson, «il più controverso e divisivo ma anche simbolicamente significativo fra i 5 premier della girandola Tory di questi 14 anni». La super maggioranza in Parlamento che i primi dati ad urne chiuse confermano fragorosamente lascia del resto margini di manovra all’uomo incaricato ora di riportare le insegne del laburismo a Downing Street dai tempi di Tony Blair e Gordon Brown. Un uomo emerso politicamente nella corrente intermedia della ‘soft left’, sinistra sempre più soft, passo dopo passo su posizioni sempre più centriste, che promette di lavorare a un miglioramento più equo delle condizioni di vita della «gente comune” come antidoto alla minaccia populista».
Ai Tories toccherà ripartire dal baratro, con un nuovo leader dopo l’addio inevitabile di Sunak. Per provare a riconsolidare almeno il primato a destra, minacciato da Farage e dal suo ‘Reform UK’; e quello della leadership dell’opposizione parlamentare ai Comuni, avvicinato – in uno scrutinio comunque da incubo, senza precedenti in 190 anni di storia per il partito fondato da Robert Peel nel 1834 – dai redivivi LibDem.
Le priorità programmatiche immediate, avvio accelerato nuove leggi su temi ‘ecumenici’ quali «la stabilità e il rilancio dell’economia, la sanità, l’edilizia pubblica, la sicurezza e il contrasto (senza la follia del piano Ruanda) dell’immigrazione illegale. Continuità conservatrice invece sulla trincea dei conflitti internazionali – sostegno senza quartiere all’Ucraina in primis – e alla lealtà a Usa e Nato.
Proclamati tutti i vincitori dei 650 seggi nella Camera dei comuni: 412 deputati al Labour del neopremier Keir Starmer, mentre i Tory dell’ex primo ministro Sunak ne ottengono 121. I liberaldemocratici di Ed Davey, ai quali è andato l’ultimo seggio assegnato in ritardo in Scozia, salgono a quota 72 e ottengono un risultato record. Reform Uk di Nigel Farage conquista cinque seggi.
Tutti i neo ministri secondo tradizione a piedi al portoncino Number 10 di Downing Street. Fra i primi ad arrivare, la vicepremier Angela Rayner, considerata una delle esponenti più ‘di sinistra’ della compagine: la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeeves, prima donna a guidare la politica economica di un governo britannico; il titolare degli Esteri, David Lammy; Hilary Benn con il portafogli dell’Irlanda del Nord) Jonatan Reynolds, bAttività Produttive; i neoblairiani Liz Kendall (Lavoro) e Wes Streeting alla Sanità.
Ieri sera Starmer ha anche inaugurato la sua attività internazionale con una serie di colloqui: sentendo nell’ordine – secondo la tempistica dei comunicati di Downing Street – il presidente americano Biden, il presidente ucraino Zelensky, la presidente della commissione europea von der Leyen, il premier irlandese Simon Harris, la premier italiana Giorgia Meloni, il premier polacco Donald Tusk e il premier canadese Trudeau.