«I ministri criticano la Difesa e i capi dello Shin Bet», titola lapidario il quotidiano Haaretz, aggiungendo che «la decisione ha provocato indignazione nel governo e alcuni esponenti hanno chiesto la rimozione del capo del Servizio di sicurezza. Lo stesso Shin Bet e il Servizio carcerario hanno fatto dichiarazioni contraddittorie che spiegano il rilascio». Lo scontro, ormai aspro, tra l’esecutivo politico di Netanyahu e frange sempre più ampie delle forze armate e dell’Intelligence, dimostra che l’Israele attuale e un Paese altamente instabile. La cui geopolitica va attentamente monitorata e supervisionata dagli alleati (in primis gli Stati Uniti), per evitare sgradevoli escalation di qualsiasi tipo.
Cosa sarebbe accaduto? Prigionieri palestinesi che entrano nelle galere israeliane senza lo straccio di una prova documentale. Spesso, vengono arrestati solo sulla base di esigenze dettate dalla ‘sicurezza nazionale’. Un’espressione che, in tempo di guerra, serve a coprire qualsiasi nefandezza e qualsiasi sopruso giuridico. La storia degli arresti preventivi nei Territori occupati e a Gaza è vecchia, e nessuno si era mai stupito se legioni di innocenti venivano trattenuti per mesi in cella. Solo che questa volta c’è stato un incidente di percorso: tra i prigionieri liberati, c’è pure il direttore dell’ospedale Al-Shifa, di Gaza. Un personaggio di spicco. Mohammad Abu Salmiya era stato arrestato più di sette mesi fa, dalle autorità israeliane.
Contro di lui non c’era un’accusa specifica, né tantomeno prove, ma l’IDF pensava che il suo ospedale fosse stato un centro di sostegno per Hamas, e che un ostaggio fosse stato ucciso proprio lì. Inoltre, (si dice) Hamas prendeva la “luce” per i suoi tunnel dai cavi dell’ospedale. Per tutto questo, Abu Salmiya doveva pagare. E come lui, altri medici e infermieri.
Il problema per gli israeliani è che questo tipo di arresti, alla fine, non ha retto di fronte ai magistrati inquirenti. Col sistema della «pesca a strascico», come viene definita, puoi arrestare mezza Palestina. Ma se sei, appena appena, un Paese democratico, non avrai mai materiale sufficiente per convalidare la misura e impiantare un processo. Lo ha detto pure Abu Salmiya, come riporta Haaretz: «Israele mi ha arrestato come se avesse preso un pesce grosso. Ora si scopre che tutto era una bugia è un’illusione, e che hanno gonfiato l’intera faccenda. Eccomi qui, rilasciato senza nessuna accusa; mi hanno portato davanti a un giudice diverse volte e anche lì non hanno presentato alcuna prova. Sono stato rilasciato senza nessuna condizione e senza intese o accordi».
Tutto nasce dalle pronunce dell’Alta Corte israeliana sui diritti dei prigionieri. Che, specie nel famigerato sito di ‘Sde Teiman’ -una sorta di Guantanamo ebraica-, pare che se la passino maluccio. Lì i palestinesi detenuti sarebbero sottoposti a vessazioni e maltrattamenti. «La condotta nelle prigioni e nei centri di detenzione – aggiunge il direttore di Al-Shifa – dimostra che tutto era una misura vendicativa contro i prigionieri, incluso il personale medico. Alcuni dei sanitari hanno pagato con la vita, come i dottori Arantisi e Arbaruch». Certo, la scarcerazione ‘eccellente’ ha sconfessato tempi e metodi usati contro i palestinesi, sia a Gaza che nei Territori occupati. E questo ha favorito le polemiche sottotraccia tra governo, esercito e Intelligence, ora divampate apertamente
Ronen Bar, direttore dello Shin Bet (Servizi segreti interni), parla di ‘sovraffollamento carcerario’ e della necessità di svuotare le celle. Sottinteso, troppe carcerazioni assurde. L’Intelligence dell’IDF dice che Abu Salmyia poteva essere rilasciato, perché di pericolosità bassa. E, a ogni modo, ‘continuerà a essere indagato’. Comunque, ambedue le strutture di intelligence scaricano la decisione finale sulle spalle del Servizio carcerario che dipende da Itamar Ben-Gvir, discusso ministro per la Sicurezza Nazionale. Però il Servizio carcerario risponde picche: «Noi non c’entriamo, avete fatto tutto voi». Netanyahu? Ha aperto un’indagine, come sempre quando le cose girano storto e serve coprire. Con Benny Gantz, utilità opposta, che si dice indignato per quanto avvenuto.
Ma forse il commento più acido, di Ben-Gvir, è anche quello più azzeccato: «a Gallant (Difesa) e Bar (Shin Bet) non frega più niente di questo governo», ha sentenziato. Appunto. Di questo passo, però, la traiettoria politica di Israele è destinata a cadere nel limbo dell’imprevedibilità, un fattore che apre sempre la strada a un sistema decisamente ingovernabile.