
L’interesse a scontrarsi prima possibile è stato reciproco. Entrambi sanno che una buona performance nel dibattito potrebbe essere determinante, per convincere la massa degli indecisi, ad andare a votare, scegliendo chi ha dato la migliore impressione. Per questo, le due squadre sono al lavoro, per preparare la sfida come se fosse un duello all’ultimo sangue. Chi perde, potrebbe ancora rifarsi nel secondo dibattito di settembre. Ma, intanto, uscirebbe pesto e malandato, da un confronto che avrebbe ricadute negative anche sui finanziamenti della campagna elettorale. E che, soprattutto, potrebbe avere serie ripercussioni all’interno dei rispettivi partiti.
Specie quello Democratico, dove ancora esiste una piccola ‘fronda’ contro Biden, che spinge per cambiare candidato in corsa. Ma il team del vecchio Presidente è sicuro: questa volta Joe colpirà il bersaglio grosso, anzi, ‘ingombrante’, cioè il «criminale Trump». Si prevede che Biden solleverà il tema dei conti aperti con la giustizia, che ha il suo avversario, e quando quest’ultimo parlerà di «criminalità dilagante», lui gli risponderà semplicemente: «Da che pulpito viene la predica»? Insomma, i suoi aiutanti stanno preparando per bene lo ‘sceriffo Joe’, affinchè affronti, senza paura, ‘Jesse James Trump’.
Il Wall Street Journal ha pubblicato alcune storie, sugli ‘allenamenti’ a cui Biden è sottoposto prima di scontrarsi col ‘pistolero’ repubblicano. È in ritiro a Camp David, dove sta studiando i copioni che gli sottopongono gli adviser: Ron Klain (capo del ‘gruppo-dibattiti’) e Bruce Reed (vice capo dello staff alla Casa Bianca). Quest’ultimo, avrebbe preparato un dossier sui punti deboli delle politiche proposte da Trump. Un dossier, scrive il Wall Street Journal, che Biden dovrà imparare a memoria, perché le condizioni con le quali si svolgerà il dibattito sono severissime.
Niente appunti, nessun foglio di carta scritto. Niente pubblico nello studio, nemmeno i collaboratori più stretti. Tutti fuori. E microfoni aperti e chiusi alternativamente (non si potrà intervenire mentre l’altro parla), con la posizione delle sedie decisa per sorteggio. Fra parentesi, ha vinto Biden, che sceglierà la poltrona a destra dello schermo e, per questo, Trump (da sinistra) riceverà l’ultima domanda e chiuderà il dibattito. Ma non è finita qui.
Per farvi capire lo scrupolo con cui la squadra di Biden sta preparando un evento politico che tutti giudicano cruciale, basti dire che si sta sottoponendo il povero Presidente a un vero tour de force. Il Wall Street Journal rivela che si sono messi in quattro, a ‘indottrinare’ il presidente, sottoponendolo a sedute ripetute. Nell’ordine, oltre ai due già citati, il ‘gruppo di fuoco’ comprende Jeff Zients (capo dello staff della Casa Bianca), Mike Donilon (consigliere per la campagna elettorale), Anita Dunn (consigliere senior della Casa Bianca) e Steve Richetti (consigliere della Casa Bianca).
Questo team ha organizzato una ‘recita’, che potrebbe dare i suoi frutti. Gli adviser hanno ‘travestito’ un avvocato (Bob Bauer?) da Trump, chiedendogli di fare un finto dibattito con Biden. Per 90 minuti (tanto durerà la trasmissione) i due hanno provato e riprovato. E pare che il Presidente se la sia cavata egregiamente.
Trump, invece, sembra prendere il dibattito sotto gamba. Sembra. O, almeno così fa capire il suo consigliere senior, Jason Miller. Ma i più informati dicono che, al di là della sua spavalderia, avrebbe già avuto dei briefing segreti con i senatori Marco Rubio e James D. Vance, chiedendo loro dei consigli (cosa per lui disdicevole). Al briefing avrebbero partecipato anche Kellyanne Conway (consulente politica), Stephen Miller (adviser sull’immigrazione) e Richard Grenell (consigliere per l’Intelligence).
Perché è importante questo dibattito? Secondo i sondaggi, il Presidente in carica è di circa un punto percentuale indietro, sul totale generale dei votanti (0,9% la media ponderata di RealClearPolitics). Quasi niente. Ma il problema vero per Biden è il sistema elettorale Usa: i voti si contano Stato per Stato. Chi prende una sola preferenza in più, si piglia tutti i delegati. Ci sono aree che votano. tradizionalmente democratico, e altre che invece scelgono i repubblicani. In mezzo ci sono i «campi di battaglia», cioè Stati che oscillano, premiando ora l’uno, ora l’altro. Sono sei-sette e, in questa fase, il vantaggio di Trump è più consistente. In alcuni casi, parliamo di due-tre punti percentuali, che si potrebbero recuperare solo portando al voto gli indecisi e i ‘non registrati’.
In teoria, Biden potrebbe anche essere un po’ avanti a livello nazionale, ma se perde (segnatevelo) Pennsylvania e Michigan, dovrà lasciare la Casa Bianca. Per questo tutti aspettano il vecchio sceriffo Joe al varco, giovedì: sarà in grado di mettere il sale sulla coda di ‘Jesse James Trump’?