20 morti e 46 feriti il bilancio non ancora definitivo degli attacchi compiuti ieri sera da uomini armati nella repubblica russa del Daghestan. Lo riferisce il ministero della Salute della repubblica, citato dalla Tass. In precedenza autorità locali avevano detto che cinque o sei degli assalitori erano stati uccisi dalle forze di sicurezza.
Tra le prime vittime c’è il parroco, padre Nikolai, che secondo alcune fonti sarebbe stato «sgozzato o decapitato». Gli scontri sono durati ore e, attorno alle 20, decine di fedeli della chiesa di Derbent erano ancora bloccati, forse ostaggi, forse rifugiati, impossibilitati a fuggire. A tarda notte, la caccia agli attentatori era ancora in corso. Blindati per il trasporto truppe percorrevano le vie cittadine sparando con mitragliatrici pesanti. In tutto il Daghestan è stato proclamato lo «stato di emergenza».
Nonostante l’assenza di rivendicazioni ufficiali, la radice delle azioni terroristiche si ipotizza proveniente dall’estremismo islamico, con l’Isis-K (‘Stato Islamico del Khorasan’, la regione della popolazione pasthun tra Afghanistan e Pakistan) come possibile autore degli attacchi. Questa ipotesi è avvalorata dall’agenzia Tass, che parla di un’organizzazione terroristica internazionale responsabile degli attacchi simultanei a luoghi di culto di Derbent e a un posto di blocco a Makhachkala. Tra i terroristi abbattuti ci sarebbero due figli e un nipote di Magomed Omarov, un governatore distrettuale che collaborava con Mosca.
Omarov è stato fermato dalla polizia, invitato a dimettersi immediatamente, e la sua casa è stata perquisita. Il presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha condannato gli attentati, dichiarando che mirano a creare discordia tra le religioni. Da Mosca, la condanna è giunta insieme alle accuse verso l’Ucraina e i «servizi segreti stranieri», in particolare americani. Dmitry Medvedev ha collegato la strage in Daghestan al bombardamento ucraino che ha provocato morti in Crimea, definendo entrambi «vili attacchi terroristici». Anche Israele ha seguito da subito con grande preoccupazione tutta la vicenda: l’ambasciata israeliana a Mosca.
Il patriarca Kirill, capo della chiesa ortodossa russa e convinto sostenitore del Cremlino, ha affermato che «il nemico sta cercando di distruggere la pace interreligiosa in Russia». A marzo un attacco rivendicato dal gruppo Stato islamico a una sala concerti alla periferia di Mosca aveva causato la morte di più di 140 persone. Il capo della direzione del Servizio di sicurezza federale russo, l’Fsb per il Daghestan, ha imposto operazioni antiterrorismo ‘mirate’. Obiettivo l’integralismo islamico nella muove forme organizzative che in questa falsa fase di apparente scomparsa, ha deciso di darsi.
All’epoca, Mosca accusò il governo di Kiev di avere ‘un ruolo chiave’ in quell’azione, ovviamente respinta da Kiev e dagli Stati Uniti. Eventuali mandanti a parte, abbastanza certe le mani che hanno colpito. Per il think tank statunitense ‘Institute por the study of war’ (Isw), l’attentato di ieri sarebbe da attribuire al gruppo Wilayat Kavkaz, ramo del Caucaso settentrionale dello Stato Islamico. A siamo di fatto alla rivendicazione indiretta con l’elogio ai fratelli del Caucaso per aver dimostrato le loro capacità», da parte della filiale russa dell’IS-K ‘Al-Azaim Media’. II riferimento al Caucaso suggerisce fortemente che Wilayat Kavkaz sia responsabile dell’attacco», sostiene il think tank Usa.
«La struttura antiterrorismo regionale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) ha avvertito che Wilayat Kavkaz è diventata più attiva in seguito all’attacco al Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo e ha intensificato gli appelli di reclutamento nel Caucaso settentrionale dall’aprile 2024». Lo SCO è un organismo fondato nel 2001 dai capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan mirato alla sicurezza, identificando nel terrorismo, nel separatismo e nel fondamentalismo le principali minacce alla loro esistenza.
Con una superficie di 50mila chilometri quadrati e poco più di 3 milioni di abitanti, la piccola Repubblica del Daghestan si trova nel Caucaso settentrionale, affacciata sul Mar Caspio, e fa parte della Federazione Russa. Confina con gli Stati federali russi di Cecenia, Calmucchia e Stavropol, con la Georgia e con l’Azerbaigian. A maggioranza musulmana sunnita, il Daghestan ha gruppi di popolazione di una trentina di etnie: le più numerose sono gli avari, i russi, i darghini, i camucchi e i lezgini. Ci sono anche azeri e una comunità di ebrei (chiamati «della montagna», «del Causaco» o juhuro).
Nei primi anni 2000 la regione caucasica fu devastata da attacchi terroristici e movimenti separatisti. Il radicalismo islamista è fortemente diffuso nella confinante Cecenia, da dove molti miliziani di area Daesh/Isis sono partiti per combattere, negli scorsi anni, in Siria e, più recentemente, in Ucraina.