Primo segretario generale della Nato fu nominato nel 1952 il generale inglese Lord Hastings Lionel Ismay, che nel corso della guerra aveva fatto parte del gruppo ristretto dei collaboratori di Winston Churchill seguendolo praticamente in tutti gli incontri internazionali che avevano segnato il corso della guerra. Nel 1947, su richiesta dell’ultimo viceré dell’India, aveva coordinato le attività amministrative
e politiche in corso, ma ben presto era giunto alla conclusione che l’India era «una nave in fiamme carica di munizioni in mezzo all’oceano».
Quando gli fu proposta la carica di segretario generale della Nato, la prima risposta di Ismay fu negativa ed accettò solo dopo forti insistenze di Churchill in persona. Il compito essenziale dell’alleanza – come disse con la stessa franchezza usata nei confronti dell’india – era «tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto» alludendo alla situazione della Germania ancora sotto occupazione e ben lontana da ipotesi di riarmo.
Inizialmente scettico di fronte al riarmo tedesco sostenuto invece dagli americani, lo accettò infine per puro realismo politico. Quando nel 1956 si verificò la crisi di Suez con la conseguente tensione scoppiata tra gli Stati Uniti da una parte e Francia e Inghilterra dall’altra, il vecchio generale svolse un ruolo di abile mediatore, ma – su sua richiesta – lasciò l’incarico nel 1957. Ismay, pur strettamente legato a Churchill, passò alla storia anche per un franco scambio di battute con lo statista: «Vi siete dimenticato che siete alla Nato per merito mio?». «Avete ragione, come sempre … »
Il politico belga Paul-Henry Spaak, secondo segretario generale dell’Alleanza dal 1957, trovò invece nel generale Charles de Gaulle uno strenuo difensore delle prerogative della Francia in seno alla Nato, anche se – ad onor del vero – fu Spaak a criticare per primo le resistenze francesi sia all’integrazione europea, ovvero la nascente Comunità Europea, che i nuovi rapporti con gli Stati Uniti. Il principale motivo del contendere fu la difesa accanita di de Gaulle della sovranità nazionale che portò poi alla decisione di dotarsi di un proprio arsenale nucleare.
Come il suo predecessore Ismay mostrò grandi doti di mediatore cercando di risolvere la ‘crisi delle sedie vuote’ – meno cruenta di quella di Suez – provocata dall’inflessibilità di de Gualle che non inviava deliberatamente rappresentati francesi alle trattative europee per sabotarle. Il generale continuò tuttavia la sua politica ‘autonoma’: nel 1966 la Francia denunciò infatti le clausole militari della Nato, ma non quelle ‘politiche’.
Una prima conseguenza fu il trasferimento della sede da Parigi a Bruxelles, dove ancora si trova mentre gli alti comandi sono a Mons. Al belga Spaak seguì l’olandese Dirp Stikker (dal 1961 al 1964) e a lui il primo italiano al vertice della Nato: l’ambasciatore Manlio Brosio dal 1964 al 1971. Nel frattempo la guerra fredda continuava e nel 1968 si ebbe un grave momento di tensione con il Patto di Varsavia per l’occupazione della Cecoslovacchia.
Al momento della caduta del muro segretario generale era il tedesco Manfred Wörner, ex ministro della difesa della Repubblica Federale: forse meglio di altri capì che immaginare un futuro di pace per tutti era quanto meno un po’ azzardato. Fu infatti nel corso del suo mandato (che si svolse dal 1988 al 1994) che esplose il conflitto nella ex Jugoslavia, ma fu anche lo stesso Wörner a dichiarare a Brema nel 1990 che l’Alleanza non intendeva espandersi verso est, tema delicato e controverso che oggi è diventato un argomento forte nelle accuse di slealtà rivolte alla Nato da Vladimir Putin.
D’altra parte, proprio negli anni Novanta, dopo la generale illusione della globalizzazione portatrice di pace, si era anche discusso di sciogliere o ridimensionare drasticamente tutta la struttura dell’Alleanza, cioè politica e militare, ritenuta un ferro vecchio della ‘guerra fredda’. Inoltre, dopo l’invasione del Kuwait, la risposta delle Nazioni Unite era stata unanime e concorde nel ripristinare la pace e sembrava si annunciassero tempi nuovi. I massacri balcanici costituirono un brusco risveglio, al quale però seguì un’escalation -segretario Nato lo spagnolo Javier Solana-: dopo la sorveglianza dei cieli fu condotto dalla Nato qualche intervento definito ‘chirurgico’ – ad esempio sui serbi di Pale -, ma ben presto le cose peggiorarono e lo dimostrò una campagna aerea di settantotto giorni sulla Serbia. La Storia non era finita, come aveva scritto Fukuyama.