Il ‘Digital News Report Italia 2024’, nato dal lavoro di Alessio Cornia (Dublin City University) e del Master in Giornalismo ‘Giorgio Bocca’ dell’Università degli Studi di Torino riportato da Avvenire, edizione web che resta fortunatamente gratuita. Il report parla chiaro: l’interesse verso la notizia è basso, ma in linea con la media occidentale. Anche se, per quanto riguarda la crescita della ‘news avoidance’, la tendenza a evitare intenzionalmente le notizie, la voglia/paura di non sapere cosa ci accade attorno, il nostro Paese resiste in parte, rispetto, per esempio, a paesi come Regno Unito e Stati Uniti.
Nonostante i dati appena citati, ciò, quasi la metà degli italiani, il 41%, si sente sopraffatta e sfinita dalla quantità di informazione che riceve ogni giorno. Quasi un bombardamento, e spesso con le armi micidiali della menzogna, o ‘fake news’ per la moda dell’inglese, o bufale per la versione proletaria. Un aumento significativo rispetto al 28% del 2019. Per dare qualche dettaglio, dal report è emerso come ad evitare più spesso le notizie sono le donne, chi ha un reddito basso e chi usa principalmente i social media per informarsi. I giovani ‘nativi del web’ vanno controcorrente e ricadono meno, rispetto ai più anziani, in questo comportamento e lo usano di più e meglio.
Per quanto riguarda gli abbonamenti, gli italiani non sono particolarmente propensi a pagare per le informazioni online. Tra gli intervistati solo il 10% ha speso denaro, una percentuale più bassa rispetto al 12% del 2023. Il numero sale tra gli under 24, arrivando al 16%. Dall’altra parte, però, il 39% di chi non paga sarebbe disposto a fare un abbonamento se fosse più economico, mentre il 50% rimarrebbe ancorato alla propria scelta. E comunque la diffusione delle testate online professionali e di adeguata qualità, dopo il boom degli improvvisatori, è fortemente diminuita.
Secondo il report, la causa è da individuare nella crescente adozione di ‘paywall’, che si poteva scrivere subito con ‘pagamento’: articoli leggibili solo a pagamento. Il singolo pezzo in molta stampa anglosassone, attratti da titolo e breve sommario, o con abbonamento esteso e in genere abbastanza oneroso in Italia. «Questione su cui riflettere –avverte Digital News Report-, «dato che dobbiamo aspettarci presto un sorpasso dell’online sulla televisione (attualmente ancora la principale fonte di informazione)», come avverte il professor Cornia. Rimanendo su internet, la maggior parte degli italiani che si informano principalmente online predilige i social (17%), rispetto ai siti o app di media informativi (10%) e quotidiani di antica firma (8%).
Ma anche i mezzi con cui si accede alle informazioni on-line cambiano. Da quando lo scorso marzo Facebook ha dato sempre meno spazio alle notizie (anche se la discesa è iniziata già qualche anno fa), solo il 37% degli intervistati legge articoli su questa piattaforma (la quale rimane ancora la più popolare). Una diminuzione drastica rispetto al 56% del 2020. Tra gli under 35 il crollo ha raggiunto il 24%. Anche X (ex Twitter ora nelle mani discutibili e interferenti di Elon Musk) si trova sulla stessa linea, con un calo dal 10% al 5% in soli sei anni. Dall’altra parte sono più alti i numeri delle piattaforme con un’utenza più giovane. Instagram e TikTok si attestano rispettivamente al 33% e al 12% (ma entrambi calano di due punti rispetto al 2023).
Nonostante questi dati, il 67% degli italiani riconosce l’importanza di essere aggiornati su ciò che accade (persino nel mondo, vedi questo nostro Remocontro), e il 63% ritiene che le notizie debbano far capire meglio un argomento e un evento.
Questi numeri però entrano in contrasto con il livello di fiducia verso i media da parte dei lettori: solo il 34% crede che ciò legge sia vero. Generalmente questa percentuale aumenta per le testate meno schierate. Chiudendo sull’intelligenza artificiale, la consapevolezza degli italiani sul tema è più elevata rispetto ad altri paesi. Al contrario, sono meno preoccupati rispetto a come l’Intelligenza artificiale possa influenzare il lavoro giornalistico.