Italia-Francia, un rapporto difficile di amore e tradimenti

Le relazioni internazionali non sono solo un susseguirsi di guerre e trattati di pace, ma comprendono spesso atteggiamenti psicologici che hanno origini lontane e che in un modo o nell’altro influiscono sui comportamenti: in due secoli di rapporti tra Italia e Francia – a dispetto delle somiglianze, della vicinanza e di tante vicende comuni – è infatti successo quasi di tutto. E prima dei dispetti Meloni- Macron, hanno litigato ben altri, e per ben altre e spasso pessime ragioni.

I due Napoleoni

Nel 1796 il ‘repubblicano’ generale Bonaparte cala in Italia mettendola a soqquadro: dopo cinque anni sorge così una prima repubblica italiana – seppure strettamente legata a quella francese e con poca autonomia –, ma si passa poi al regno, inglobato nell’impero francese e strettamente controllato. Gli italiani si erano illusi di avere uno stato proprio, ma non andò esattamente così: senza le esperienze militari fatte assieme ai francesi però non sarebbe cominciato ‘Il Risorgimento’, anche se – ancora una volta – la Francia fu molto ambigua.
Il nipote di Napoleone nel 1849, pur non essendosi ancora proclamato a sua volta imperatore, scelse di appoggiare il papa mandando truppe francesi a liquidare la repubblica romana e il primo serio tentativo di unità d’Italia. Dieci anni dopo, nel 1859, si alleò con Cavour per scacciare gli austriaci dal nord Italia, ma a Villafranca piantò in asso gli italiani con un armistizio separato e la seconda guerra d’indipendenza finì a metà, nel timore che il vicino diventando troppo indipendente ostacolasse la Francia.
Quando nel 1867 Garibaldi tentò da solo di liberare Roma furono ancora i francesi a salvare Pio IX per la seconda volta, ma nel 1870, a causa della guerra con la Prussia, la Francia fu costretta a ritirarsi dall’Italia e Roma divenne capitale.

Schiaffi e guerre doganali

L’ex garibaldino e repubblicano Francesco Crispi, convertitosi poi in devoto monarchico, nutrì sempre scarsa considerazione nei confronti della Francia indicandone spesso le frequenti crisi parlamentari come segno di debolezza. Quando nel 1882, nonostante una forte presenza italiana nel paese, la Francia ottenne il protettorato sulla Tunisia (il cosiddetto ‘schiaffo di Tunisi’), l’immediata reazione italiana fu di sottoscrivere un trattato di alleanza con Austria e Germania, sebbene in contraddizione con la tradizione risorgimentale.
Seguì una tensione con la Francia che sarebbe durata almeno un decennio e nel corso della quale si acuì un contrasto economico che sarebbe sfociato in una guerra doganale ancora oggi ricordata per le conseguenze che produsse sull’economia italiana. Nel 1888 infatti Francia e Italia innalzarono i dazi doganali sulle reciproche importazioni. L’Italia era convinta che la Francia non avrebbe potuto fare a meno di alcuni prodotti italiani, ma questo non avvenne e in poco tempo le esportazioni italiane si ridussero di un terzo, mentre la Francia vi sopperì acquistando altrove.
Le produzioni agricole del Meridione ebbero un crollo per le mancate esportazioni di vino, olio e agrumi, mentre le industrie del Nord ne subirono minori conseguenze. La conseguenza maggiore in Italia fu tuttavia una divaricazione ancora più netta tra Nord e Sud e a poco servirono le nuove esportazioni italiane verso l’Europa centrale.

La pugnalata

L’episodio più drammatico di questi altalenanti rapporti fu tuttavia la breve campagna militare sulle Alpi occidentali dopo la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna del 10 giugno 1940: il dittatore tronfio annunciò la guerra dal balcone di palazzo Venezia, ma nelle ore successive non seguì alcuna veloce avanzata. Travolta dalle truppe corazzate naziste a nord, la Francia chiese l’armistizio ai tedeschi il giorno 17, ma nel frattempo non erano ancora verificati combattimenti di rilievo sul fronte alpino con l’Italia.
Quando le truppe italiane finalmente si mossero il 21 giugno seguì un disastro: lunghe colonne di soldati italiani furono avviate verso i passi montani provocando un vero e proprio imbottigliamento di uomini e mezzi e furono fermate dalle fortificazioni francesi. Una sola di queste, il piccolo forte di Traversette a 2400 metri di altezza, bloccò un’intera divisione italiana e si arrese il 2 luglio, solo dopo aver chiesto la conferma dell’avvenuto armistizio ai comandi francesi.
La campagna rivelò la grave impreparazione e la mancanza di equipaggiamento, perché il numero dei congelati fu quasi superiore a quello dei feriti, ma soprattutto scavò un profondo solco di risentimento. Alla fine della guerra vi fu addirittura un tentativo da parte francese di annessione della Val d’Aosta e si comprende come mai la Francia pretese ed ottenne una modifica dei confini a proprio favore.

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