Il 28 maggio 2024 la Commissione Difesa della Camera, «in una seduta durata appena cinque minuti» – sottolinea Antonio Mazzeo – «ha dato parere positivo al decreto del ministro Crosetto sull’acquisto per il nostro esercito, dei sistemi controcarro di 3^ generazione ‘Spike’ con munizionamento e supporti addestrativi e logistici» da una delle maggiori aziende del comparto militare-industriale di Israele, la Rafael Advanced Defense Systems Ltd. Sette giorni prima (21 maggio) era stata la Commissione del Senato a dare l’ok al decreto ministeriale. E l’affare era fatto.
890 missili ‘Spike Long Range 2’. Qualcosa di micidiale, te lo pubblicizzano, contro ogni veicolo o struttura corazzata o protetti da sistemi antimissile di ultima generazione. Come il ‘lava più bianco del bianco’, ‘Spike’ può essere impiegato anche se piove o tira vento, sia di giorno che di notte, in una ‘guerra normale’, o anche contaminata NBC (nucleare, batteriologico e chimico) senza risentire di ‘disturbi elettromagnetici’. Solo 13 chili di peso, 5 chilometri e mezzo dal bersaglio o 10 se lo tiri da un elicottero. Alta capacità di perforazione dell’acciaio e del cemento armato e sui bersagli con sensori di ricerca ultra-sofisticati e all’impiego dell’intelligenza artificiale. Il ‘bugiardino’ di supposte per il futuro del mondo.
Acquisto dei ‘Long Rangeì’ «tramite procedura negoziata senza avviso di bando di gara presso la Rafael Advanced Defense Systems Ltd», deciso nel luglio 2023 e arrivato in parlamento quasi un anno dopo. La richiesta di parere è stata trasmessa alle Camere il 23 aprile 2024, in piena escalation dei bombardamenti israeliani contro Gaza e il sud del Libano. In meno di un mese sono arrivati, uno dopo l’altro, i pareri favorevoli delle Commissioni Bilancio e Tesoro e di quelle della Difesa. La ragione chiave dei 5 minuti impiegati per decidere, e che già di quei missili per precedenti centinaia di milioni, armavano molti reggimenti della nostra fanteria e marina (Gruppo Operativo Incursori e le nuove unità navali polifunzionali). Voto finale in parlamento, uno solo contro.
Probabilmente quella di ‘Pagine Esteri’ è una sottolineatura molto forte legata alla tragedia in corso, ma i dati riferiti sono tutti reali, al dettaglio. Compreso il trasferimento alle forze armate di Tel Aviv di armi e munizioni prodotte in Italia, con qualche forte dubbio di legalità sulla armi a Paesi in guerra. Duccio Facchini di Altreconomia ha documentato l’export bellico a Israele dopo lo scoppio del conflitto del 7 ottobre 2023 per un valore di 2,1 milioni di euro nell’ultimo trimestre dell’anno (233.025 euro ad ottobre, 584.511 euro a novembre, 1,3 milioni a dicembre, secondo i dati Istat).
Complessivamente, nel 2023 l’Italia ha esportato ‘armi e munizioni’ verso Israele per 13milioni e 700mila. 200mila in meno dell’anno precedente. Ma in entrambi gli anni le importazioni hanno superato le esportazioni. Neppure se fossa l’Italia ad essere in guerra. Salvo velleità o pessime ed occulte intenzioni.