
Meloni che dal palchetto della lussuosa tenuta alberghiera pugliese decanta la «compattezza e l’unità dei ‘grandi’ su vari temi, dall’Ucraina al Medio Oriente». E raccomanda ai cronisti ‘orgoglio patriottico’: «Stiamo facendo una gran bella figura». Ma guastare la festa, Macron indice una sua conferenza stampa con decine di cronisti di tutto il mondo in cui difende la sua decisione di andare al voto anticipato. E rivela lo scontro che c’è stato per tutta la settimana, prima tra gli sherpa e poi tra i leader, sull’aborto. «Mi dispiace che quella parola non sia nel documento finale del G7. Conoscete la posizione della Francia che ha inserito il diritto all’aborto nella Costituzione. Non è la stessa sensibilità che c’è nel vostro Paese». Un modo garbato per dire all’Italia che ospita il G7 che il suo governo è molto indietro sui diritti, ed un colpo politico duro alla padrona di casa.
La presidenza italiana, a seguire, denuncia che ‘aver rivelato lo scontro sull’aborto’ (scontro c’è stato), «è stata una scorrettezza, una strumentalizzazione elettorale». Ma prima della cena con Mattarella al castello Svevo di Brindisi, la replica diretta della premier che rincara. «Profondamente sbagliato, in tempi difficili come questi, fare campagna elettorale utilizzando un forum prezioso come il G7». Attacco personale verso Macron. «La polemica sulla presenza o meno della parola aborto nelle conclusioni è pretestuosa. Le conclusioni di Borgo Egnazia richiamano quelle di Hiroshima, nelle quali abbiamo già approvato lo scorso anno la necessità di garantire che l’aborto sia sicuro e legale».
E il caso Meloni-Macron oscura altri temi ben più importanti in agenda, come il sostegno esitante alla mediazione Usa su Gaza e la richiesta, condivisa da tutti ma negata da Israele, di una presenza dell’Anp nella Striscia nel sogno di una soluzione politica a due stati. Ma sono mediazioni deludenti. Mente la presidente della Commissione Ue von der Leyen tenta un rilancio personale e annuncia 250 miliardi di dollari per l’Africa ma –annotano i cronisti politici di frequentazione Ue-, anche lei avrebbe esibito una certa freddezza con Meloni. A chi le chiedeva se il suo feeling con la premier italiana fosse ancora in salute, ha risposto rigida: «Lavoro bene con tutti i leader G7». Per fortuna arriva Papa Francesco a portare, se non propri serenità, almeno maggior garbo.
«I cinque giorni matti della politica francese», titola il Post. Dopo le elezioni europee è successo di tutto: è stato sciolto il parlamento, e da elezione ad elezione, si sono create nuove alleanze, alcuni leader sono stati espulsi dai loro partiti, e non è ancora finita. Tutto di corsa. Il primo turno per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale già il 30 giugno, e secondo turno il 7 luglio. L’annuncio di Macron ha subito scatenato assieme commenti e trattative in vista delle ri-elezioni.
Lunedì sera i partiti della sinistra francese si sono accordati per presentarsi uniti alle elezioni e costituire un Fronte Popolare, un’alternativa sia al partito centrista di Emmanuel Macron sia all’estrema destra. Il Fronte Popolare sarà formato dal Partito comunista, dal partito ecologista Europe Écologie-Les Verts, da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, da Place Publique, partito di recente formazione fondato da Raphaël Glucksmann, e dal Partito socialista (la lista Place Publique-Partito Socialista ha ottenuto un ottimo risultato alle europee raggiungendo quasi il 14 per cento). Tutti insieme questi partiti hanno annunciato candidature uniche in ogni collegio elettorale.
Martedì Eric Ciotti, presidente del partito di centrodestra ‘I Repubblicani’ (gollisti), aveva annunciato a l’intenzione di accordo elettorale con il Rassemblement National di Le Pan, gelando tutti. Problema è che Ciotti non si era consultato con il resto della dirigenza, e di conseguenza si è aperta una grave crisi interna. E mercoledì l’assemblea di partito ha votato all’unanimità l’espulsione di Ciotti, che però ha ribadito di ritenersi comunque il presidente dei Repubblicani, con ricorsi alla magistratura. Ma la nuova dirigenza lo esclude dalla candidature assieme a Christelle D’Intorni, a sua volta favorevole all’alleanza con l’estrema destra. E Ciotti a si inventa un partito personale, a frammentare il poco che resta del vecchio glorioso gollismo.
Marine Le Pen indica l’attuale presidente Jordan Bardella come candidato primo ministro e cerca di ricomporre le fratture di casa. Con Marion Maréchal, sua nipote ed ex dello stesso partito, che alle europee era capolista di ‘Reconquête!’, il partito di estrema destra dell’opinionista Eric Zemmour. Per qualche ora un accordo tra Reconquête! e il partito di Le Pen e Bardella è stato ritenuto probabile, ma poi la stessa Maréchal ha fatto sapere che il Rassemblement National ha cambiato idea, decidendo di non procedere con l’alleanza. Ma Maréchal ha anche detto che alle legislative sosterrà l’alleanza tra RN e Ciotti e per questo è stata espulsa da Reconquête!.
Emmanuel Macron ha definito «assurda» la possibilità di dimettersi dalla carica di presidente della Francia nel caso in cui le elezioni legislative confermassero il risultato delle europee e ha parlato della necessità di creare un largo blocco di centro contro i due estremismi rappresentati, secondo lui, da RN e La France Insoumise. Nel frattempo, ogni giorno, da domenica sera, migliaia di persone manifestano a Parigi e in moltissime altre città francesi contro l’aumento di consensi dell’estrema destra.
Il presidente del National Front Jean-Marie Le Pen con le figlie Marine, Yann e Marie Caroline
Se le prossime elezioni per rinnovare l’Assemblea Nazionale rifletteranno l’ottimo risultato dell’estrema destra alle europee, il risultato sarebbero un presidente e un capo del governo di partiti diversi. È una situazione che si è già verificata in passato: è la cosiddetta «cohabitation», una situazione nella quale il presidente ha solitamente grande difficoltà a portare avanti il proprio programma politico.