L’ombra del nespolo

L’ombra piccola del nespolo si prende cura del sorriso. Sulla casetta verde di legno disegna ipotesi affilate a scolpire lineamenti di delicatezza. Oltre l’ombra, il sorriso e la gentilezza color arancio del nespolo, si erge la semplicità della storia, la polvere, il sottile incessante legame di terra e pietra. Di pioggia che fa crescere l’erba impetuosa in primavera, di vento a far oscillare le spighe. Di silenzi bruciati dal sole e dal ricordo.

Foto di copertina, ‘All’ombra di un albero’ dell’artista ucraino Kalenyuk Alex

Improvviso un fiore scavato nel travertino esplode bianco nel verde lucente. Profuma di mani che hanno modellato con cura ogni dettaglio. Per il piacere di donare bellezza, per il desiderio di scolpire, di fare poesia vivendo, senza l’ambizione feroce del dichiarare superiorità, successo, affermazione di sé. Per amore. Solo amore.

Ed è un miracolo quel poco e niente tra le dita della memoria che impercettibile viene alla luce. Un miracolo di delicatezza e rispetto nei confronti della vita.

All’ombra del nespolo l’uomo anziano forgiava fiori di pietra, delicato ne carezzava la forma levigando. Per un dono. Per un ricordo da lasciare agli amici. Ho tra le mani una foglia scavata a raccogliere acqua, un inno all’esistenza solcato da linee da leggere come fossero storie antiche di una mano. È di una bellezza assurda, ardente nella sua potenza straniante.

Nella sua assenza l’ombra continua a raccontare un mondo delicato ed essenziale. A ricordare il necessario del cuore, il sorriso di un amore infinito che per sempre appartiene.

Per questo, pensando all’uomo anziano artista di un’arte pura senza compromessi fino all’ultimo giorno, è saltata fuori da un libro a portata di mano questa poesia di Mariangela Gualtieri che sembra dare risposte prima ancora che le domande facciano male al cuore.

Ma avevo troppo da fare io
ero sempre nel pieno di una lotta
ero nella velocità del sangue
nella sua corsa impennata di sangue
che chiede una vittoria
una qualunque. Ero
dentro la storia – a quella solfa
di nomi e cognomi a quella graduatoria
di chi ce la fa.
Forse la gioia è nella geografia che non ha
nomi di persona ma catene di monti
continenti città mari campi. Ere.

Per questo, raccontando di questo uomo gentile, seguendo questa traccia, giurando di salvare la delicatezza del poco e del niente, penso che l’insegnamento che viene alla luce sia il seme dentro il seme. Perché da quel niente nasce ogni frutto. E quel niente che sembra così poco pomposo, così lontano dalla solfa rutilante dei successi, dei nomi e delle cariche, è tutto.

All’ombra del nespolo colmo di frutti maturi, i silenzi sgorgano ruvidi e belli. Servono a dedicare queste parole, questo giuramento, a mio padre, a Tullio che se n’è andato, e alla sua arte memoria, seme dentro il seme, che resta con noi.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro