Israele: ‘lista della vergogna’ Onu contro i bambini mentre il governo perde pezzi

Fine degli sconti politici per lo stato ebraico. Le Nazioni Unite hanno incluso le Israel Defense Forces nella cosiddetta «lista della vergogna», elenco di paesi e gruppi armati che commettono gravi violazioni contro i bambini durante i conflitti. Reazioni politiche furibonde di Israele, mentre le operazioni militari con vittime civili e bambini uccisi continuano. Oggi la quasi certa uscita dal ‘Gabinetto di Guerra’ dell’ex generale Gantz, mentre Netanyahu resta al suo posto.

‘Lista della vergogna’ Onu per crimini sui bambini

Accusa pesante ma difficile da contestare stando al numero di vittime civili e di bambini tra i quasi 37mila morti di Gaza, ma la reazione di Israele è furibonda. Da intoccabili che scoprono di aver perso il privilegio. L’ambasciatore al Palazzo di Vetro, Gilad Erdan, sempre sopra le righe, la definisce una decisione immorale che aiuta il terrorismo e premia Hamas». E straripa dichiarando che «L’unico che oggi viene inserito nella lista nera è il segretario generale: vergognatevi!». Lui non si vergogna -immorale denunciare e non  l’uccidere-, e non spende neppure una parola per quelle migliaia di bambini morti tragicamente veri.

‘L’esercito più morale al mondo’

Per Netanyahu, ancora per un po’ ‘intoccabile in casa’, «le Nazioni Unite si sono messe nella lista nera della storia oggi, unendosi ai sostenitori degli assassini di Hamas», peraltro compresa nella lista della vergogna. Dall’accusa politica classica alla millanteria: «L’esercito israeliano è il più morale del mondo e nessuna decisione delirante dell’Onu potrà cambiare questa cosa». Reazioni dure anche dal ministro Esteri Katz, e dallo stesso Benny Gantz, pur fortemente critico con Netanyahu sulla gestione della guerra. Ogni anno il segretario generale Guterres compila un elenco di paesi e gruppi armati che ritiene abbiano commesso gravi violazioni contro i bambini durante i conflitti. Anche Hamas e Jihad Islamica sono finiti ovviamente nella lista.

Netanyahu senza «il giubbotto antiproiettile»

Gantz esce dal governo di emergenza. L’annuncio ufficiale atteso per questa sera, come da ultimatum del 18 maggio. Con i negoziati in totale stallo e il tema irrisolto del ‘post-guerra’ per Gaza, al primo ministro israeliano mancherà un contrappeso chiave ai partner di estrema destra, definito con molta efficacia dall’Huffpost, «il giubbotto antiproiettile» che lo ha protetto dalla comunità internazionale.

«Aveva dato l’ultimatum a metà maggio: se entro l’8 giugno il premier Benjamin Netanyahu non avesse definito un piano per terminare la guerra di Gaza e per il futuro governo della Striscia, avrebbe lasciato il gabinetto di guerra. Quel momento sembra essere arrivato: Benny Gantz, leader centrista, ministro del gabinetto di guerra, ex capo di stato maggiore dell’esercito, e principale rivale politico di Netanyahu, ha convocato per sabato sera una conferenza stampa, durante la quale annuncerà il ritiro del suo partito, Unità Nazionale, dall’esecutivo», sottolinea Nadia Boffa.

Negoziato ostaggi e cessate il fuoco, paralisi

Travaglio politico interno israeliana al termine di una settimana senza alcun progresso nel negoziato per il cessate il fuoco nella Striscia. Ma c’è di peggio sulla volontà reale nascosta dietro la fallita trattativa. «Israele si dice pronto a discutere solo pause temporanee finché Hamas non sarà sconfitto» scrive Reuters, che è quasi pernacchia alle richieste Usa. E l’Associated Press scrive apertamente che Israele si sta opponendo al tentativo degli Stati Uniti di approvare una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che porterebbe a un cessate il fuoco a Gaza.

Negoziato, rapporto Cia

Nessun passo avanti anche sul futuro di Gaza. Secondo un rapporto della Cia, Netanyahu ritiene di poter andare avanti senza definire un piano post guerra a Gaza, sfidando quindi le pressioni che arrivano dall’amministrazione Biden. Nel documento del 3 giugno e rivelato dalla Cnn, si legge che il premier israeliano «ritiene di poter mantenere il sostegno dei suoi vertici di sicurezza ed evitare defezioni da parte dei membri di estrema destra della sua coalizione limitandosi a discutere del futuro di Gaza in termini vaghi». Nel rapporto Cia si precisa anche che Netanyahu, così facendo, sta sfidando i moderati nel suo governo. Tra questi Benny Gantz, che ne sta traendo le conseguenze.

‘Gabinetto di guerra’ chi esce e chi entra

Niente di ciò che Gantz aveva chiesto è stato fatto. Quindi l’impegno alle dimissioni anche se gli Usa starebbero insistendo con l’ex capo dell’Idf per convincerlo a restare nel gabinetto di guerra’, almeno finché non si sarà arrivati ad un accordo per la tregua a Gaza. Ma, come scrive Haaretz, è probabile che il gabinetto di guerra, con l’uscita di Gantz, si sciolga. Al suo posto Netanyahu potrebbe istituire un ‘forum ristretto’, per le decisioni più importanti sul conflitto. Al posto di Gantz, esperto generale, i ministri di estrema destra della sua coalizione, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che la guerra la fanno a parole e a colpi di estremismi? E l’altro ministro e generale del gabinetto di guerra Gadi Eisenkot, anche lui all’opposizione?

Il governo regge ma la protesta monta

L’uscita di Gantz non avrebbe alcun impatto, al momento, sulla stabilità del governo perché Netanyahu ha ancora la maggioranza. Diverso se all’uscita di Gantz dovesse aggiungersi quella dei partiti ultraortodossi che sostengono la coalizione di maggioranza. A giorni è prevista la sentenza della Corte Suprema sulla lacerante esenzione degli ultraortodossi dalla leva obbligatoria.

I manifestanti israeliani, che ogni sabato sera si ritrovano nelle strade di Tel Aviv a protestare contro il governo, mirano allo scioglimento della Knesset prima della fine della sessione estiva, prevista per il 25 luglio, e quindi ad elezioni anticipate. Va anche detto che la presenza di Gantz nel governo è stata un contrappeso ai partner di estrema destra di Netanyahu, e la sua uscita dal gabinetto lascerebbe al premier israeliano poco spazio di manovra tra le richieste dell’alleato americano di porre fine alla guerra e rispetto alle richieste dell’estrema destra di intensificarla, mirando verso il Libano e dando ulteriore mano libera alle aggressioni dei coloni in Cisgiordania.

Indicativa la dichiarazione del presidente americano di qualche giorno fa quando per la prima volta ha ammesso che ci sono ragioni di ritenere che Netanyahu stia prolungando il conflitto per la sua sopravvivenza politica (e giudiziaria). «E’ credibile che Netanyahu allunghi la guerra per motivi politici». Sospetto largamente diffuso ma che questa volta arriva dai vertici del principale alleato storico di Israele, e che imporrà importanti riflessioni politico diplomatiche nel mondo.

 

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