‘India surprise’: Modi vince ma è senza governo e rispuntano i Gandhi

Modi voleva stravincere, ma è l’opposizione che esulta: ‘Il Paese lo ha punito’, rileva la sempre prudente ANSA. Modi ha rivendicato la vittoria e il ‘mandato storico’ per governare l’India per la terza volta consecutiva, ma prima di esprimersi e ringraziare gli elettori il premier indiano ha lasciato passare quasi l’intera giornata dei risultati elettorali ufficiali, rimanendo in silenzio.
Il suo partito ha vinto le elezioni ma con forti perdite, sia rispetto al 2019, sia rispetto alle aspettative della vigilia.

Rahul Gandhi assieme alla madre Sonia

Quasi testa a testa con l’opposizione

Quasi al termine dello scrutinio, i risultati ufficiali davano l’alleanza Nda del premier a 292 seggi, e il fronte di opposizione India a 232, rispettivamente al 45% e al 41%. Quasi un testa a testa che Modi e il suo partito evidentemente non si aspettavano. Come non si aspettavano che il Bjp si fermasse a soli 239 seggi, perdendone 64 rispetto al 2019, mentre il Congresso di Raul Gandhi sale a 100 seggi, guadagnandone 48.

Governo problematico. Per formare il governo in India è necessario che un singolo partito, o una alleanza, abbiano almeno 272 sui 543 seggi totali del Parlamento.

‘Vittoria’ deludente

Modi è stato applaudito, ma la delusione tra i suoi sostenitori è palese. Non solo il suo partito non ha sfondato nel sud del Paese, dove non è mai stato di fatto presente, ma ha perso clamorosamente nell’area centrale, la sua tradizionale roccaforte, nota come ‘hindi belt’, la cintura hindi, sottolinea Rita Cenni. La sconfitta più bruciante nello Stato dell’Uttar Pradesh, dove il premier ha perso persino nel collegio di Ayodhya, la città simbolo del connubio tra induismo e politica, dove lo scorso gennaio è stato inaugurato con una campagna martellante il tempio dedicato al dio Ram, costruiti sulla macerie di una moschea.

E tornano i Gandhi

Tutt’altra atmosfera nella sede del partito del Congresso, dove sin dalla mattina con l’arrivo dei primi risultati, hanno iniziato a suonare canti e tamburi. E dove, a metà pomeriggio, l’arrivo di Rahul Gandhi, affiancato dalla madre Sonia, è stato accolto da applausi interminabili. «Gli elettori hanno punito la protervia del Bjp», ha detto Gandhi, subito all’attacco. «Il mandato degli elettori è contro il Bjp e il premier Modi dovrebbe dimettersi per ragioni morali», è la tesi di altri leader delle opposizioni.

Troppe diseguaglianza stridenti

Gli elettori hanno dimostrato di essere preoccupati per inflazione e disoccupazione. E non hanno apprezzato la campagna di Modi, toni solo trionfalistici sull’obiettivo di 400 seggi, sempre esasperata e divisiva, con ripetuti attacchi alla comunità musulmana. «Modi ha chiesto un plebiscito a un Paese dove l’innegabile crescita economica sconta disuguaglianze stridenti, ha raccontato molte bugie, ha usato le agenzie governative per far tacere gli avversari», l’analisi di molti.

Troppa arroganza del potere

«L’immagine simbolo della debacle del Bjp è andata in onda sul canale all news India Today, quando Pradeep Gupta, a capo della società di ricerca di mercato tra le più autorevoli in India- scoppia in lacrime a favore di telecamera: solo un giorno prima aveva predetto una vittoria schiacciante del Bjp e un numero di seggi di coalizione tra 361 e 401», racconta Matteo Miavaldi sul Manifesto

Sotto l’immagine di Gupta in lacrime, la grafica segnava un ben più misero 296 seggi, inchiodando i sondaggisti a un abbaglio vergognoso. Una cinquantina di seggi persi per Modi, mentre la coalizione della famiglia Gandhi, insegue a 235, guadagnando più di 100 seggi in cinque anni.

L’ultrainduismo reazionario

L’ultrainduismo di governo, il fiore all’occhiello di un progetto politico che il Bjp non ha più nascosto dietro al paravento del progresso e della crescita economica, ma ha rivendicato con forza per polarizzare l’elettorato hindu: «votateci per un’India degli hindu, contro i musulmani e le opposizioni che vogliono togliervi soldi, tradizioni, dignità e orgoglio». Dati alla mano, questa strategia ha spinto milioni di persone verso le opposizioni unite contro Modi e a difesa della costituzione.

E non è neppure certo sarà ancora Modi

I piccoli partiti possono fare la differenza. Da oggi partono le trattative su tutto l’arco parlamentare, alla ricerca di una maggioranza post-elettorale che potrebbe riservare molte sorprese. «Ma la notizia è che se l’India di Modi somiglia sempre meno a una democrazia, l’elettorato indiano ha dimostrato al mondo di cosa è capace per proteggere un esperimento unico nel suo genere.

Nessuno lo sa come si fa a governare democraticamente un paese da 1,4 miliardi di persone. Ma da ieri sappiamo che le persone che hanno a cuore la democrazia indiana stanno continuando a cercarlo».

 

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