Armi occidentali libere contro la Russia con i rischi di risposte nucleari

Ucraina: la guerra, che doveva ‘logorare’ la Russia, sta mandando in fibrillazione principalmente la Nato. Cioè, l’America. Quindi, cambiare di corsa strategia, anche a costo di qualche rischio nucleare. Sintesi estrema ripetuta alla Casa Bianca, sino a convincere il Presidente Biden a revocare il divieto, imposto a Zelensky, di colpire il suolo russo con armi di fabbricazione americana. Ma con quali rischi reali da oggi?

Il peggio tra pezza e buco

L’Intelligence Usa dice di aver ha scoperto adesso che la ‘dottrina nucleare’ di Mosca sull’utilizzo di bombe atomiche tattiche, ha una soglia molto più bassa di quanto credevano. Questo significa che, se le forze convenzionali russe dovessero trovarsi spalle al muro, il Cremlino potrebbe decidere l’inimmaginabile: cioè bombardare il nemico, sul campo di battaglia, con ordigni atomici ‘di teatro’. Scatenando un’escalation difficilmente controllabile. Biden, quindi, tirato per la giacca dai suoi consiglieri (che già avevano sbagliato sulla guerra che avrebbe logorato la Russia), ha deciso di muoversi. Seguendo anche gli inviti che arrivavano da alcuni alleati europei, come Regno Unito, Polonia, Francia, Germania e baltici su tutti. A cui si sono accodati altri a convinzione variabile (meno l’Ungheria di Orban).

Svolta a U sempre pericolosa

Una svolta ‘a U’ che ha avuto la sua conferma ufficiale in Cechia, durante il vertice dei ministri dell’Alleanza atlantica. Attenzione però: la nuova disposizione, partita dallo Studio Ovale, riguarda solo la fascia di territorio a ridosso del confine ucraino. Più precisamente l’area da cui partono gli attacchi, sempre più massicci, verso Kharkiv. E i bersagli interessati devono essere rigorosamente militari. Non si spiega, dunque, lo ‘strike’ condotto dai droni di Kiev, qualche giorno fa, addirittura ai confini col Kazakhistan. Un attacco mirato, contro un radar di scoperta di missili balistici nucleari. Guidato da chi, a 2 mila km. di distanza, e per che cosa? Un dubbio (legittimo) sollevato dal New Tork Times.

Tutti i bersagli ucraini sono decisi da Kiev?

Il Washington Post, invece, ricostruisce i retroscena, che hanno portato Biden a cambiare le regole d’ingaggio per l’uso, soprattutto, dei lanciamissili a lunga gittata Made in Usa. In sostanza, la decisione certifica un’evoluzione del conflitto assai negativa per l’Ucraina. Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, per finire col Segretario di Stato, Antony Blinken, avrebbero spinto il Presidente a dare l’autorizzazione per colpire su suolo russo sini ad oggi negata. Sapendo tutti che la Russia è una potenza con un arsenale nucleare sterminato. E che proprio partendo da questo dato di fatto, Putin non perderà mai la guerra in Ucraina. Messo alle strette, userebbe sicuramente le sue armi nucleari ‘tattiche’ (di teatro), con potenza più limitata, (1-10 chilotoni), ma devastanti lo stesso.

La Nato e la ‘quasi’ guerra per procura

La Nato, ormai «quasi in guerra per procura», ha la superiorità negli armamenti convenzionali e nella loro qualità tecnologica. La Russia non potrebbe reggere questa corsa al riarmo sofisticato e gestisce il conflitto ‘convenzionale’ entro certe sue ‘linee rosse’. Superati questi margini, il Cremlino è pronto a tutto e gli americani lo sanno. Sarebbero venuti in possesso del cosiddetto ‘aggiornamento’ della dottrina nucleare di Mosca. Dove -sempre rivelazioni di spionaggio-, la soglia fissata per il primo utilizzo delle armi nucleari tattiche sarebbe inferiore a quanto ipotizzato sino a ieri. Quindi, i margini di manovra dell’Occidente e il suo coinvolgimento militare in Ucraina, più o meno indiretto, diventano pericolosamente ambigui.

‘Top Secret’ a larga diffusione

Il Financial Times ha divulgato un rapporto ‘top secret’, giratogli da Servizi di informazione occidentali. In esso si legge che «Putin ha affermato l’anno scorso che la dottrina nucleare russa ammette due possibili soglie per l’uso delle armi atomiche: la ritorsione dopo un primo attacco nucleare da parte di un nemico. E la seconda è la risposta a una minaccia convenzionale, se l’esistenza stessa dello Stato russo dovesse essere messa in pericolo». Più da discorso politico che da piano strategico.

Escalation de-escalation

Di fatto, quello che gli analisti occidentali chiamano di «escalation de-escalation» che finora, nel caso dell’Ucraina, ha funzionato. «La Russia ha minacciato di utilizzare un’arma nucleare tattica – scrive il Financial Times – per evitare di essere coinvolta in una guerra estesa. Usando ciò che si chiama ‘induzione alla paura’, Mosca cerca di porre fine al conflitto alle sue condizioni, scioccando l’avversario con l’uso di una piccola arma nucleare. O, semplicemente, solo attraverso la minaccia di farlo».

Ma la crisi ucraina è davvero solo questione di armamenti?

«Funzionari ucraini -scrive FT- hanno sostenuto che le minacce nucleari di Putin, hanno convinto gli Stati Uniti e altri alleati a non armare Kiev in modo più deciso, all’inizio della guerra. Cioè, quando le armi avanzate della Nato avrebbero potuto cambiare la situazione». Ma le difficoltà degli ucraini, lo sappiamo, non si fermano alle armi e alle munizioni.

Il problema è anche dato dalla carenza di truppe e dalla scarsità di riservisti. «Biden ha da tempo escluso l’invio di truppe americane in Ucraina – scrive il Washington Post – ma resta da vedere se questo divieto – aggiunge sferzante il giornale – cadrà nel dimenticatoio come altre sue linee rosse».

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AVEVAMO DETTO

J. Stoltenberg lo è o lo fa ? Se lo fa, per ordine di chi?

 

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