
‘La grande frattura che lo sterminio di Gaza ha provocato nella community ebraica americana’, aveva scritto Peter Beinart sul New York Times. Ora, rilancia Luca Celada dagli Stati Uniti, «la crescente tensione ideologica fra progressismo e sionismo si è convertita in un terremoto che ha reso la solidarietà coi palestinesi un tema centrale per la sinistra americana quanto lo sono stati la difesa dell’aborto o l’opposizione ai carburanti fossili». In Italia molto meno, almeno per ora.
«E mentre molti giovani ebrei hanno rifiutato la militarizzazione dell’identità ebraica a sostegno della guerra impegnandosi nell’attivismo pacifista, contemporaneamente a favore della guerra totale prede corpo un impressionante apparato per silenziare il movimento studentesco attraverso l’equivalenza fra dissenso e antisemitismo». In Italia, ancora un mal riuscito ‘copia e incolla’ rispetto alla virulenza della reazione e nella repressione, modello americano.
«Contro il movimento studentesco sono allineati amministratori, gran parte dei due partiti e un’imponente macchina di propaganda e censura in cui figurano lobby filoisraeliane come la Aipac e sostenitori privati». Il New Times denuncia le pressioni sul sindaco di New York da parte di un gruppo di facoltosi imprenditori per reprimere l’occupazione della Columbia University. Nell’elenco, accanto a Joshua Kushner, fratello del genero di Trump, il fondatore di Starbucks (catena di caffè), Howard Schultz, e quello della Dell (Computer), Michael Dell, oltre al direttore di fondi di investimento Bill Ackman.
Ackman, particolarmente attivo nella causa sionista, aveva già orchestrato la campagna contro le rettrici di Harvard e U Penn, dimissionate a gennaio per ‘tolleranza dell’antisemitismo’, come da loro, Airpac, inteso. Peggio, Ackman sarebbe stato il finanziatore della spedizione contro la tendopoli degli studenti di Ucla, operazione a cui hanno partecipato reduci dell’esercito israeliano. Due azioni molto gravi e per ora prive di conseguenze giudiziarie.
Anche in questo frangente -altra denuncia di Celada-, la responsabilità dei media, a dir poco ‘timidi’ nel discostarsi dalle versioni ufficiali su «antisemitismo e manifestanti pro Hamas». Di recente, ci fa sperare il cronista, alcuni dei maggiori quotidiani americani hanno prodotto una copertura più lucida sulla guerra e il movimento che vi si oppone. Esempio, una meticolosa indagine sull’escalation della pulizia etnica in Cisgiordania, «The Unpunished: How Extremists Took Over Israel» (Gli impuniti: come gli estremisti si sono impadroniti di Israele), sul domenicale del New York Times.
L’uccisione, da ottobre, di oltre 500 palestinesi in Cisgiordania, in linea con la ‘visione’ del ministro Bezalel Smotrich, per il compimento della ‘predestinazione divina ed esclusiva del popolo israeliano ad Eretz Yisrael’, l’intero territorio dal Giordano al mare. «La normalizzazione dell’ingiustizia». Dottrine proclamate da ministri come Ben Gvir che inneggia a prossime colonie anche a Gaza nel nome della ‘vittoria definitiva’. Impunità garantita al movimento dei coloni che ha ormai enorme influenza sul governo ed effetto corrosivo sulla stessa democrazia israeliana.
«L’ultranazionalismo israeliano ha stretti legami, non solo con ambienti sionisti estremisti in America, ma con lo speculare oltranzismo della destra evangelica, evidenziati dalla sponda Maga in Congresso e negli attacchi violenti agli studenti». Meir Kahane, fondatore dell’organizzazione terrorista Jewish Defense League, lo scorso 7 maggio ha tentato di investire con l’auto un gruppo di studenti che a New York manifestavano pro Palestina.
«Lo sdoganamento sistematico dell’autoritarismo e dell’estremismo, a sostegno del teorema della ‘guerra giusta’, produce sulle sponde dell’Atlantico e su quelle del Mediterraneo, effetti corrosivi. Lo spregio dei diritti (di donne, Lgbtq, migranti, minoranze) con cui si flirta in Italia come a Washington o Gerusalemme. L’illusione di contenere un conflitto locale in una metastasi di estremismo nazionalista che rafforza le nuove destre».
Negli Usa, annotazione conclusiva di tanta analisi critica, è la saldatura tra ebrei e palestinesi l’avversario di destre, lobby, poteri economici e grandi media. Nei campus come nelle piazze, contro tecniche da Fbi e soldi di grandi aziende. «Gente con la kippah contro altri con la kippah»
«Gli impuniti», ma ora qualcuno inizia a tremare
Netanyahu prima a poi in carcere ci andrà ma per corruzione e non per crimini di guerra. Vertici politici di fatto sopra la legge internazionale, ma è così anche per i semplici soldati israeliani che con doppio passaporto, vivono solitamente in Paesi che riconoscono l’autorità dellaCorte dell’Aja eseguendone le condanne? Esempio ebrei sudafricani che hanno combattuto a Gaza e che potrebbero dover spiegare i video che mostrano distruzioni di scuole, università, infrastrutture civili e abusi a danno di civili palestinesi. Il Sudafrica è il primo firmatario della denuncia di Israele per genocidio.
Già prima il paese africano aveva identificato 73 soldati israeliani con doppia nazionalità e preso in considerazione l’avvio di azioni legali contro di loro. Ma non solo il Sudafrica. Circa 4.000 cittadini francesi sarebbero attualmente nelle forze armate dello Stato ebraico e almeno un deputato chiede di perseguirli penalmente annullando l’accordo che permette ai francesi di arruolarsi nell’esercito israeliano. In Olanda l’organizzazione filopalestinese 30 Marzo ha chiesto alle autorità di indagare 17 cittadini che hanno combattuto nella Striscia. Svizzera e Austria sono considerati i paesi in cui verranno aperti procedimenti contro soldati israeliani.