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Tempo dietro a lui ne hanno perso tanto per prenderlo (e anche soldi, moltissimi soldi per finanziare missioni infinite a schiere di investigatori a caccia perenne del latitante) ma di sicuro hanno perso tempo – sempre a causa sua – nell’aggiornare le mappe criminali e scoprire chi comanda veramente in quella che è la provincia più misteriosa dell’isola.
DAI TEMPI DEL PREFETTO MORI
Quando l’hanno catturato, il 16 gennaio scorso, abbiamo scritto che era «un quasi morto di una mafia già morta da vent’anni», ora che è morto per davvero questo mafioso ci lascia in eredità un bel po’ di segreti che sono seppelliti chissà dove e probabilmente non solo nei covi mai trovati di Castelvetrano o di Campobello di Mazara.
Per avere fatto il ricercato di lusso per trent’anni, Matteo Messina Denaro – figlio di don Ciccio che era un capo mandamento e quindi lui, suo figlio, un predestinato – ha potuto contare su appoggi e coperture che gli hanno permesso di sfuggire a operazioni poliziesche e retate che non si vedevano in Sicilia dagli Anni Venti del secolo scorso, dai tempi del prefetto Cesare Mori.
Fortunato a scansare i blitz ma anche esageratamente difeso, tenuto al riparo permanentemente dal maggio del 1993, i giorni delle bombe ai Georgofili di Firenze. Matteo Messina Denaro ha potuto godere di grandi protezioni, orizzontali e verticali. Delle orizzontali, quelle basse, abbiamo sempre saputo tutto. Delle altre, quelle verticali, niente.
I FAVOREGGIATORI
Le sue protezioni verticali, quelle alte. Nulla abbiamo saputo dal 1993 in poi, nulla abbiamo saputo neanche dal 16 gennaio 2023 quando lui è finito in cattività dopo che i carabinieri dei reparti speciali l’hanno circondato davanti a una clinica di Palermo. Con addosso un montone da gigolò anni ’70, il Viagra sul comodino della camera da letto, le calamite del Padrino sul frigorifero, i selfie con il chirurgo che l’aveva operato, i messaggini con le pazienti che aveva conosciuto in corsia e quegli altri con le amiche che aveva rimorchiato fra una seduta di chemioterapia e l’altra. I vari Tumbarello, Bonafede e Luppino, medici curanti, autisti, fornitori di identità.
MAGHI E COINCIDENZE
Era il 6 dicembre del 2022, momento di svolta della caccia a Matteo Messina Denaro a sentire gli investigatori. Giusto una settimana dopo, il 14 dicembre, al carcere milanese di Opera si è presentato per scontare la pena l’ex sottosegretario all’Interno Antonino D’Alì, accusato di avere sostenuto in più riprese la mafia trapanese. Un altro momento di svolta, a sentire invece gli osservatori più maliziosi delle vicende siciliane.
Ma inseguendo suggestioni e ombre potremmo anche arrivare alle profezie di Salvatore Baiardo, il famoso gelataio di Omegna legatissimo ai fratelli Graviano di Brancaccio che già nel novembre scorso aveva annunciato a Massimo Giletti negli studi di Non è l’Arena l’imminente cattura di Matteo Messina Denaro.
Maghi legati a boss stragisti, ex sottosegretari amici di capicosca, pizzini che prima nessuno aveva visto e che poi vengono miracolosamente ritrovati, intorno a Matteo Messina Denaro ci sarà ancora tanto da scrivere. E magari qualcuno ci spiegherà un giorno come è rimasto libero per trent’anni.