Ricadute politiche rilevanti e quasi immediata si attendono in Libano, Paese alle prese con una terribile crisi economica e da oltre venti anni campo di battaglia tra i partiti legati a Teheran/Damasco (Fronte 8 Marzo) e quelli filoccidentali appoggiati da Riyadh/Washington (Fronte 14 Marzo). In ballo la nomina del nuovo presidente libanese congelata da ottobre a causa delle divisioni tra ‘8 Marzo’ e ‘14 Marzo’. L’ambasciatore saudita a Beirut, Walid Boukhari, dichiara che «c’è sicuramente qualcosa di positivo per il Libano a seguito della distensione dei rapporti tra Iran e Arabia saudita». E fa sperare in un possibile accordo vicino.
Ma ad attendere sviluppi sorprendenti e positivo in Libano, è certamente Hassan Nasrallah, il segretario generale del movimento sciita Hezbollah. Nasrallah che in questi anni aveva rivolto non pochi dei suoi infuocati discorsi contro l’Arabia saudita, alleata degli Stati uniti e di Israele, potrebbe ora abbassare i toni in cambio di un tacito riconoscimento dall’erede al trono Mohammed bin Salman.
Il premier Netanyahu e il suo predecessore Yair Lapid si accusano a vicenda di non aver agito in tempo per spingere i sauditi a firmare gli Accordi di Abramo e a non riconciliarsi con gli iraniani, come se avessero nelle loro mani il volante della politica estera di Riyadh.
Sullo sfondo prosegue senza soste l’addestramento israelo-americano per un possibile attacco aereo alle centrali nucleari di Teheran, avverte ancora e sempre su ‘Pagine’ Esteri’, Michele Giorgio.
La Cina organizzarà entro la fine del 2023 di un grande summit a Pechino con i monarchi arabi del Golfo e i funzionari della Repubblica Islamica dell’Iran. L’iniziativa diplomatica promossa personalmente dal presidente Xi Jinping. Di fatto la Cina vuole sostituirsi agli Stati Uniti, che per decenni sono stati l’attore esterno più influente della regione. Dunque non solo interessi economici -idrocarburi e flussi commerciali- ma un nuovo capitolo nella competizione globale tra Pechino e Washington.
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