Diminuito dalle 70.000 testate dell’epoca della guerra fredda alle 12.700 bombe atomiche attuali, l’arsenale nucleare ufficialmente in possesso di nove Stati, da tempo sta crescendo qualitativamente attraverso la modernizzazione dei vettori (gli attualissimi F35 o i missili ipersonici), il potenziamento delle bombe di teatro come le B61-12, l’applicazione dell’intelligenza artificiale al settore militare e quindi anche a quello nucleare
La recente crisi con l’invasione russa dell’Ucraina ha evidenziato anche la determinazione delle maggiori potenze a considerare la possibilità dell’uso di tali armi, come più volte minacciato anche recentemente dal presidente Putin.
L’uso dell’arma nucleare rimane all’interno delle dottrine strategiche di tutte queste nove potenze. Ed alcune di queste nove programmano un aumento del numero delle proprie testate. Caso ufficialmente noto, quello inglese e cinese, mantenendo inoltre opacità e segretezza sul settore, con un conseguente aumento della insicurezza generale.
Nel corso degli ultimi anni inoltre sono stati abbandonati importanti accordi. Quello sui ‘cieli aperti’, quello sulle forze nucleari di gittata intermedia, e quello sul nucleare iraniano, mentre rimane in vigore solo il New Start.
La decima Conferenza di Revisione del Trattato di non proliferazione, in corso all’ONU, rischia di concludersi con un nulla di fatto come quella precedente, nonostante la pressione congiunta di moltissimi governi e della società civile per scelte volte verso un disarmo concreto. Non è casuale che nel 2017 sia stato approvato all’Assemblea Generale dell’ONU il ‘Bando delle armi nucleari’, con il voto favorevole di ben 122 paesi, ma con l’opposizione congiunta di tutte le potenze nucleari e dei loro alleati (Italia compresa, purtroppo).
Appare urgente, invece, avviare un percorso inverso che punti ad una sicurezza condivisa e non ad una supremazia foriera di tensioni permanenti, ad una maggiore trasparenza e informazione, alla costituzione di tavoli permanenti di confronto, e anche ad azioni coraggiose di disarmo unilaterale, anche puramente in forma minima e simbolica in grado però di avviare un percorso verso misure di fiducia reciproche.