
Poiché il governo ucraino continua a limitare gli spostamenti degli uomini, a migrare sono soprattutto donne, bambini e anziani, rileva lo studio dell’Ispi. Logico oltre gli studi di politica internazionale. Ma intanto, mentre la guerra si concentra sempre più nella regione orientale del Donbass, in molti stanno già scegliendo la via del ritorno. La diverse Ucraina che si profilano, esistenti già prima sotto forma di guerra civile, e verso le sostanziali conferme un macello che ancora si sta completando.
Tornare a casa è un’opzione purtroppo non sempre percorribile, sottolinea l’UNHCR. Anzi, almeno guardando al mondo. Sempre l’Onu ha recentemente annunciato che il numero di rifugiati e sfollati nel mondo quest’anno supererà i 100 milioni. Una persona su 78 nel mondo ha dovuto lasciare la propria casa e non vi ha ancora fatto ritorno. Si scappa dalla guerra e dalle persecuzioni, ma anche dalla povertà estrema e dal cambiamento climatico.
Si scappa, soprattutto, da crisi che stanno diventando sempre più “protratte”: lunghe e irrisolvibili. Così il numero mondiali di rifugiati (cioè di chi oltre ad aver abbandonato la propria casa ha anche lasciato il proprio Paese), che dalla fine della guerra fredda era andato riducendosi, nel 2015 è tornato ai livelli del 1990 (20 milioni) e oggi supera i 27 milioni.
Insomma, siamo di fronte a movimenti migratori che non svaniranno nel breve periodo. Al contrario: «tra il rallentamento dell’economia mondiale, il perdurare dei conflitti e il surriscaldamento del pianeta il numero di persone indotte ad abbandonare il Paese natio è destinato ad aumentare», l’avviso ai governanti, nonostante la campagna elettorale itsaliana che già registra pericoloso ritorni di caccia al migrante.
Ma proprio lo spettro di un rallentamento economico, o addirittura di una recessione in Europa, spaventa quei governi che inizialmente hanno accolto gli ucraini in fuga a braccia aperte. Nei Paesi Ue il peso delle sanzioni (e soprattutto delle controsanzioni russe) aggrava un quadro già complicato dalle necessità di ripresa post-pandemia.
Fake news sugli aiuti e campagne d’odio sui social: tensioni in agguato in Est Europa. In Polonia gli ucraini sono accolti in spregio al nemico assoluto russo, ma le risorse sono ormai ridotte al lumicino. In Francia ad aprile gli elettori non hanno premiato Macron. In Ungheria ha invece stravinto Orbán, non certo un sostenitore delle “porte aperte”. In Italia le elezioni sono alle porte e già Salvini cavalca paure ed esclusioni. Quanto ancora resisterà la solidarietà europea?