Non tutti gli uomini. Altrimenti il mondo sarebbe meno brutto e invivibile di quello che è. E anche in posti magici come la Val d’Orcia, dove il lavoro dell’uomo, la semplicità delle risorse e la sapienza rurale hanno costruito cattedrali di bellezza, dove alcuni paesaggi sono ormai iconici e sembra di vivere in un’opera d’arte, appaiono i bruttoni incivili. Ignoranti, privi di cultura del rispetto e della convivenza civile. Gli egoisti scintillanti e convinti del terzo millennio.
Quanta amarezza in queste parole, mi spinge a riflettere il barbiere anarchico alchimista rurale. Già, rispondo. E lui replica: avrai avuto un buon motivo per scatenare questo Polemos così teso. Sì, rispondo. Ora lo spiego.
Guardando su Instagram, per esempio, mi è apparso un bellimbusto in moto, tutto bardato con tanto di casco, in autoscatto ai Cipressini. Non bastando quelli che arrivano in macchina a frotte, parcheggiano lungo la strada dove non si potrebbe, creano ingorghi pericolosi di automobili in seconda fila e sciamano come fotografi della domenica in libero attraversamento e si riversano in massa verso l’icona turistica, rovinando con la loro presenza all’interno dello spazio delicato la foto di tutti gli altri. Che a loro volta fotografano i turisti col cappello di paglia e il vestitino svolazzante e poi si riversano nel campo in salita per prendere parte del paesaggio. No, non bastano questi personaggi. Ci vogliono anche quelli che forzano il blocco con le moto e con le auto. E che fai? Non ti fai un bel ritratto stile selfie instagrammabile nel paesaggio incontaminato con il tuo bestione metallico?
Poi ho capito che di persone simili è pieno il territorio, e quel che è peggio, la narrazione del territorio. Appaiono sempre più selfie in cui la protagonista è la macchina parcheggiata tra i filari dei cipressi, a ricordare una presenza armata nella bellezza. Non ne capisco il senso: arrivi in Val d’Orcia, è bellissimo, puoi camminare sui sentieri, nei boschi, lungo percorsi artistici e lo fai con la macchina? Scrivi sui social che hai bisogno di decomprimerti dal lavoro, quindi ammetti di fare una vita del piffero, e per decomprimerti vai con l’automobilina e la metti in posa nella bellezza rurale come se fosse una conquista militare?
Il sogno del “compresso dal lavoro che si decomprime in auto” immagino sia fotografarsi con la macchinina a Vitaleta, al solstizio d’estate in piazza a Pienza, davanti alle colonne intrecciate della Collegiata e, soprattutto, percorrere i passi del Gladiatore a Terrapille lentamente e carezzare le spighe di grano dal finestrino della Jeep.
La pandemia ci ha reso migliori, dice il barbiere. Pausa. Finalino: …infatti.