Argentina tra debiti e peronismo a inseguire anche gli effetti Covid-Ucraina

L’economia è disastrata da un pezzo, ma ora lo scontro nel governo tra il presidente Alberto Fernández e la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner sta peggiorando la situazione, segnala allarmato il Post. E in quel lontano sud del continente americano, l’impatto economico di pandemia più guerra americana alla Russia in casa europea sta sviluppando più che altrove i suoi effetti devastanti.

Ancora il mito di Evita Peron

La due anime del ‘peronismo’

«Lo scorso fine settimana il ministro dell’Economia argentino, Martín Guzmán, ha dato le proprie dimissioni aggravando la difficile situazione politica del paese già complicata dalla crisi economica e sociale in corso da tempo. Guzmán era vicino al presidente Alberto Fernández, peronista moderato, ed era stato invece criticato e ostacolato dall’area più radicale del governo guidata dalla vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, che fu presidente tra il 2007 e il 2015 e che molti analisti politici ritengono essere ancora molto influente».

Populismo economico a perdere

«Le dimissioni del ministro Guzmán svelano le lacerazioni interne al governo», ha detto al New York Times Eugenio Marí, economista della Fundación Libertad y Progreso, un centro di ricerca privato e indipendente del paese. Il suo posto è stato occupato da Silvina Batakis, vicina alla corrente kirchnerista: la nomina di Batakis mostra come gli equilibri di potere, in vista delle presidenziali che si terranno nel 2023, si stiano di fatto spostando a favore della vicepresidente con un discusso passato da presidente.

Accordo politico invocato invano

Guzmán, in un documento di sette pagine, nel dare le dimissioni, sollecitava un «accordo politico all’interno della coalizione di governo», in modo che chiunque avesse preso il suo posto potesse avere quel margine di manovra su cui lui stesso non aveva potuto contare. Il tweet di rinuncia, certo non a caso, era arrivato proprio mentre Cristina Fernández de Kirchner stava parlando a una manifestazione per i 48 anni dalla morte di Juan Domingo Perón, il generale e ex presidente argentino che fondò il peronismo, e mentre stava criticando, davanti a centinaia di persone, le politiche economiche di Guzmán.

Ministro ‘cattivo’ e presidenti litigiosi

La crisi politica tra il presidente e vicepresidente a causa dell’accordo, chiuso da Guzmán, con il Fondo Monetario Internazionale per pagare correttamente i debiti. Nel 2019 l’Argentina era andata tecnicamente in fallimento a causa di un mancato pagamento di bond, e da allora i tentativi di stabilizzare l’economia erano stati in gran parte inefficaci. Nel 2020 l’economia argentina aveva risentito più di molte altre per la crisi provocata dalla pandemia, il PIL del paese era sceso di oltre l’11 per cento e il calo si era andato a sommare a quello degli anni precedenti.

Debiti e pandemia

Alberto Fernández, arrivato alla presidenza nel dicembre del 2019, si era dunque trovato ad affrontare una doppia crisi: un’economia già debole e fortemente indebitata (il suo predecessore, Mauricio Macri, era stato costretto nel 2018 a chiedere un prestito da 57 miliardi di dollari, circa 51 miliardi di euro, al Fondo monetario internazionale per evitare il default) e, nel giro di qualche mese, l’inizio di una pandemia globale.

2020 fallimento bis

A maggio del 2020 il paese era andato di nuovo in default perché non era riuscito a ripagare in tempo alcuni debiti. A causa dell’impossibilità di finanziarsi sui mercati, il governo aveva cominciato a stampare moneta provocando un aumento dell’inflazione, che aveva finito per danneggiare cittadini e aziende. Peggio di quella che sta attualmente devastando gran parte delle economie occidentali.

‘Ristrutturare il debito’, a chi e quanto restituire

Il governo era stato costretto a ‘ristrutturare il debito’, cioè a modificare le condizioni per la sua restituzione, prima con i privati e poi, all’inizio del 2022, col Fondo Monetario Internazionale. Una riduzione drastica della spesa pubblica a fronte di un tasso di povertà che colpiva il 37 per cento della popolazione. Prezzo politico alto da pagare. La vicepresidente, sconfitta della sua coalizione alle elezioni legislative di metà mandato (più o meno ciò che si sta preparando negli Stati Uniti per Biden), ha da allora il suo nuovo nemico.

E ora arrangiatevi voi …

Le dimissioni di Guzmán dopo quelle del ministro per lo Sviluppo produttivo, Matías Kulfas, altro uomo vicino al presidente che aveva criticato la vicepresidente e che era stato sostituito dal peronista Daniel Scioli, vicino invece a Cristina de Kirchner. Al posto di Guzmán, Silvina Batakis, 53 anni, già ministra dell’Economia della provincia di Buenos Aires tra il 2011 e il 2015, proprio durante il mandato di Daniel Scioli. Giro di giostra con protagonisti che si rincorrono.

A un anno e mezzo dalle prossime presidenziali, queste nuove nomine sono state interpretate come un segnale della fragilità del presidente e del peso sempre maggiore che il campo ‘kirchnerista’ sta invece guadagnando nella coalizione dell’attuale governo.

‘Club di Parigi, creditori generosi cercansi

Uno dei primi impegni della nuova ministra potrebbe essere l’incontro con il Club di Parigi, un gruppo di creditori composto da paesi economicamente avanzati con cui l’Argentina dovrebbe rinegoziare un debito di 2 miliardi di dollari, la cui ristrutturazione è considerata fondamentale per riattivare l’accesso del paese ai fondi esteri necessari per fare investimenti in infrastrutture ed energia. Nessuna certezza in vista.

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AVEVAMO DETTO

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