
Il Comando della Missione NATO in Iraq e con la prossima assunzione del Comando della missione di coalizione Europea EMASOH. L’Ammiraglio se ne vanta e noi cittadini e probabilmente anche molti tra i distratti parlamentari alla vigilia delle vacanze, ne veniamo a conoscenza. Grazie.
Acronimo di European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz, EMASOH è la “missione di sorveglianza marittima” promossa nel gennaio 2020 dai governi di Danimarca, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo e Italia, dopo una serie di attacchi contro le unità utilizzate per il trasporto di gas e petrolio negli stretti di Hormuz e Bab el-Mandeb (tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden) e ai terminali petroliferi di Abqaiq e Khurais in Arabia Saudita, spiega Antonio Mazzeo.
«Principali responsabili delle incursioni a petroliere e navi metaniere, secondo Stati Uniti, Unione europea e petroregimi arabi, i pasdaran, i guardiani della rivoluzione islamica dell’Iran».
Nonostante l’apertura di nuove rotte commerciali e l’espansione del mercato globale, dallo Stretto di Hormuz continua a transitare il 21% delle risorse petrolifere. Attraverso questo tratto di mare lungo 150 Km. e largo 33, l’Arabia Saudita fa passare 6,4 milioni di barili di petrolio al giorno, l’Iraq 3,4, gli Emirati Arabi Uniti 2,7, il Kuwait 2, mentre il Qatar, il più grande produttore mondiale di gas naturale liquefatto ,quasi tutto il suo gas destinato all’esportazione. Da qui, lettura critica di Pagine Esteri, l’esigenza di alcuni dei principali clienti europei di concorrere alla rimilitarizzazione della regione.
Quartier generale di EMASOH è la base navale francese di Camp de la Paix ad Abu Dhabi (la Francia di Macron è il paese che più ha spinto per il lancio della missione aeronavale). La componente militare include sette unità da guerra e un pattugliatore aereo delle forze armate degli stati promotori più la Norvegia. Tredici fregate e dodici differenti velivoli di pattugliamento e riconoscimento marittimo, più di 1.000 ore di volo mentre le imbarcazioni hanno navigato per 750 giorni, attraversando lo Stretto di Hormuz oltre 170 volte.
Effetto preventivo duraturo della presenza di EMASOH, «e una missione destinata dunque a rafforzare la propria componente militare e il raggio operativo geo-strategico e che sarà a guida italiana molto presumibilmente dal semestre 2022 fino al febbraio 2023».
La nuova avventura militare nelle acque del Golfo eredita molti problemi. Voluta dall’allora governo Conte bis sull’onda dell’asse diplomatico-economico-militare tra Roma e Parigi, la partecipazione italiana è stata inaspettatamente bloccata per tutto il corso del primo anno di attività. Il 30 maggio 2020 il governo decideva l’annullamento della partecipazione di un’unità della Marina come era stato previsto a gennaio. Dall’allora premier Giuseppe Conte e dal riconfermato ministro della difesa nessuna spiegazione. Analisi Difesa denunciò una supposta pressione esercitata dal Ministero degli Affari Esteri, allora come adesso Luigi Di Maio.
Il successivo 5 agosto, con l’approvazione in Parlamento del documento di proroga delle missioni internazionali, l’operazione navale nello Stretto di Hormuz ricompare assieme ai 9 milioni per finanziarla. Il decreto fissa un tetto massimo nell’impiego del dispositivo militare: 193 militari, una unità navale, due mezzi aerei e un non meglio specificato ‘supporto di Intelligence‘, un drone MQ-9 Reaper dell’Aeronautica militare, precedentemente schierato in Kuwait per la “sorveglianza” dello scacchiere iracheno.
E la fregata missilistica ‘Federico Martinengo’, passa dall’anti pirateria al largo delle coste somale al Golfo. Teheran non gradì affatto, sostenendo che «la sicurezza della zona del Golfo dovrebbe essere assicurata soltanto dai Paesi vicini». International Maritime Security Construct, la chiama il Dipartimento della difesa USA, e la task force multinazionale Sentinel, come braccio operativo.
A IMSC-Sentinel oltre agli Stati Uniti contribuiscono Albania, Bahrain, Estonia, Lituania, Romania, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Regno Unito, mentre hanno espresso l’intenzione di offrire una forma di cooperazione Corea del Sud, Qatar e Kuwait. Il 6 agosto 2019, anche la disponibilità di Israele, con la scontata reazione delle Guardie del Corpo Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran.
Il Consiglio dell’Unione Europea, lo scorso mese di febbraio, ha esteso all’Oceano Indiano nord-occidentale il cosiddetto Coordinated Maritime Presence Concept: considerare un’Area Marittima di Interesse l’Oceano Indiano nord-occidentale, «una regione che si estende dallo Stretto di Hormuz al Tropico meridionale e dal nord del Mar Rosso fino al centro dell’Oceano Indiano».
Ancora più militari, navi e aerei da guerra Ue nel Golfo, nella corsa per differenziare i mercati delle risorse energetiche, «così da ridurre la dipendenza dalla Russia e aumentare l’import dagli impresentabili regimi super-armati della Penisola arabica», la sintesi finale di Mazzeo. A metà febbraio, prima dell’aggressione russa contro l’Ucraina, il governo italiano aveva sottoscritto un accordo strategico con il Qatar per accrescere le forniture di gas liquido.
L’Iran storicamente amico ma escluso dall’embargo americano non gradirà, e per noi la speranza mai certa di nuovi e più lucrosi affari di gas e petrolio con emiri e sceicchi.