
A giudicare dai pochi articoli e servizi dedicati alla ex colonia britannica non si direbbe proprio. Negli ultimi anni la città isola era costantemente al centro dell’attenzione grazie alle continue e oceaniche manifestazioni degli attivisti democratici, che sfidavano la polizia locale senza remore.
Ora un silenzio plumbeo è calato su quello che un tempo era un centro non solo commerciale, ma anche culturale tra i più vivaci al mondo. Indubbiamente, dal loro punto di vista, Xi Jinping e il suo gruppo dirigente hanno fatto un ottimo lavoro, spegnendo le proteste senza problemi eccessivi.
E infatti il leader supremo, per dimostrare a tutti che Pechino ha il pieno controllo, ha finalmente interrotto il suo isolamento anti-covid e si è recato in visita nella città, accolto da scolaresche debitamente istruite e sventolanti vessilli cinesi.
La “normalizzazione” è quindi riuscita in pieno. Anche se, in realtà, Deng Xiaoping, all’atto di restituzione alla Repubblica Popolare, aveva garantito alla città isola una piena autonomia amministrativa fino al 2047, grazie allo slogan “un Paese, due sistemi”.
Era stato pure firmato un trattato ufficiale in questo senso con il Regno Unito, diventato poi carta straccia quando Xi è salito al potere. Il capo supremo ha inteso dare una prova di forza davanti al mondo intero. Già nel 2019, infatti, stabilì che i futuri rappresentanti politici di Hong Kong avrebbero dovuto essere dei “patrioti”, il che significa fedeli al Partito.
Da allora è sparita la sia pur minima parvenza di pluralismo politico e, come accade in tutta la Cina, vengono eletti solo deputati che manifestano la più completa obbedienza alle direttive del centro.
Significativo, per esempio, che la contestatissima governatrice Carrie Lam sia stata sostituita da John Lee Ka-Chiu, un poliziotto di carriera che ha avuto un ruolo notevole nella repressione delle manifestazioni democratiche.
Il regime di lui si fida, e anche questo spiega perché Xi ha deciso di visitare personalmente la città. Nel frattempo a Hong Kong, un tempo grande centro internazionale, le autorità scoraggiano l’uso dell’inglese (in pratica parlato da tutti) incoraggiando al contempo la diffusione del mandarino. Anche se, in realtà, gli abitanti parlano il cantonese.
Si noti anche che, dal punto di vista economico e finanziario, il “porto profumato” ha perduto terreno rispetto a centri considerati più “fedeli”, come per esempio Shenzhen. Non è più, insomma, il grande “hub” finanziario che era una volta. Lo stesso turismo è molto calato poiché la città sta perdendo le caratteristiche “britanniche” che la rendevano unica in Asia.
A questo punto Xi Jinping, che intende ottenere un inedito terzo mandato dal prossimo congresso del Partito che si terrà in autunno, potrà vantarsi del successo ottenuto. Sarà però l’unico, poiché l’economia del Dragone sta soffrendo parecchio per i continui “lockdown” totali proclamati a causa della politica “zero Covid”. Mentre non è così sicuro che l’alleanza stretta con Vladimir Putin prima dell’invasione dell’Ucraina sia stata una buona idea.
Nonostante la ferrea censura e il controllo completo dei media continuano a filtrare voci di malcontento sia tra la popolazione sia nello stesso Partito. Tuttavia Xi ha eliminato ogni avversario e si è circondato di fedelissimi, ragion per cui si può prevedere che otterrà l’agognato terzo mandato, in attesa di sciogliere anche il nodo di Taiwan.