Nuove tensioni Usa-Iran sul nucleare. Israele nuovo premier e minaccia Netanyahu

‘Nessun progresso nei colloqui indiretti tra Usa e Iran a Doha. La guerra all’orizzonte’, il titolo di Pagine Esteri ad aggiungere paure mediorientali a quelle ucraine. Intanto Israele ha un nuovo primo ministro, provvisorio. Yair Lapid, in carica fino alle elezioni di novembre. Dovrà cercare di impedire il ritorno al governo dell’Ultra destro Netanyahu.

«Ora i mai più»

«Sotto la pressione di questo imperativo erano ripresi nei giorni scorsi a Doha, nel Qatar, negoziati decisivi, ma indiretti, tra Iran e Stati uniti per il ripristino dell’accordo del 2015 sul programma nucleare iraniano». Trump lo aveva stracciato, Biden aveva promesso di riscriverlo. Ma ora gli Stati Uniti in guerra con la Russia e in corsa per ora commerciale con la Cina si dicono «delusi» della trattativa indiretta con Teheran.

Usa-Iran con Israele terzo incomodo

A un certo punto l’Amministrazione Biden è stata sul punto di accettare la richiesta iraniana di rimuovere i Guardiani della rivoluzione, i Pasdaran, dalla lista delle organizzazioni terroristiche fatta dal Dipartimento di stato.Ma Biden ha poi fatto retromarcia di fronte alle proteste del governo israeliano. Poi il gelo sceso tra Mosca e Washington -entrambe garanti del vecchio accordo- per l’inizio della guerra in Ucraina che non ha certo aiutato.

Quattro anni fa Trump-Netanyahu

La rottura di quattro anni fa da parte di Donald Trump in accordo con l’ex premier israeliano Netanyahu, ha innescato incidenti nel Golfo che per un soffio non sono sfociati in una guerra. L’Iran ha sempre negato di volersi dotare di ordigni nucleari ma dopo il 2018 ha utilizzato nelle sue centrali centrifughe avanzate e scorte crescenti di uranio arricchito lasciando intendere di essere in grado di raggiungere la soglia nucleare.

Il momento della verità

Il ritorno al tavolo delle trattative è stato anche frutto anche dell’aumento del costo dell’energia causato dalla guerra tra Mosca e Kiev. Il rilancio del Jcpoa e la fine delle sanzioni Usa sulla vendita del greggio e del gas iraniano, andrebbe incontro al proposito di Biden di trovare fonti alternative all’energia russa. Israele, nemico dell’Iran, invece spera nel fallimento, vuole che le sanzioni contro Teheran non siano revocate e si prepara a un possibile scontro militare.

Un’altra Nato israelo-araba

Il ministro della difesa uscente Benny Gantz avverte che sta nascendo un’alleanza contro l’Iran con partner regionali non meglio identificati. Una sorta di Nato israelo-araba con Arabia saudita, Qatar, Emirati, Egitto, Bahrein e Giordania, guidata dagli Usa, per contrastare eventuali lanci di missili e droni iraniani in caso di una guerra.

Domenica il Wall Street Journal aveva riferito che su iniziativa statunitense, alti ufficiali israeliani hanno avuto a marzo a Sharm El Sheikh incontri segreti con i rappresentanti di vari paesi arabi, tra i quali l’Arabia saudita, per coordinare strategie militari contro Teheran.

Israele, nuovo primo ministro, provvisorio

Da venerdì Israele ha un nuovo primo ministro: il leader centrista Yair Lapid ha preso il posto Naftali Bennett, che era in carica da poco più di un anno. Giovedì 30 giugno il Parlamento ha votato per il proprio scioglimento, mentre le elezioni sono state fissate al primo novembre. Lapid resterà in carica fino alla formazione del nuovo governo, quindi quasi solo per gestire gli affari correnti.

Quattordicesimo premier

Lapid è diventato il 14esimo primo ministro della storia israeliana. È il primo che non proviene dalla destra da 21 anni. «Faremo del nostro meglio per uno stato ebraico, democratico, forte e di successo», ha commentato Lapid durante il passaggio di consegne con Bennett. Lapid sarà anche uno dei pochi primi ministri israeliani a non avere fatto carriera nell’esercito, che ha lasciato dopo il servizio di leva obbligatorio. Il Times of Israel ha notato inoltre che per la prima volta l’ufficio del primo ministro sarà diretto da una donna, Naama Schultz.

Due popoli due Stati

Vicino alla destra sui temi economici e alla sinistra sui diritti civili, è a favore della cosiddetta soluzione a due stati per risolvere il conflitto coi palestinesi – cioè alla creazione di uno stato palestinese autonomo e limitrofo a quello israeliano – ma ha detto più volte che «al momento non ci sono le condizioni per applicarla». Problemi immediati sottolineati dal Post.

Subito una riunione col capo dell’agenzia di intelligence interna israeliana, lo Shin Bet, e un incontro di alto livello sui due soldati israeliani che dal 2015 sono prigionieri di alcuni gruppi radicali palestinesi.

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