
Il rigore di Mark Rutte, premier olandese capofila dei Paesi economicamente virtuosi, questa volta sbaglia i conti e inciampa in più di ottomila cadaveri di musulmani bosniaci maschi lasciati nella mani dei plotoni di esecuzione delle milizie di Mladic, il comandante serbo bosniaco con cui il comandante dei caschi blu olandesi Tom Karremans brindava. In aggiunta potremmo forse trovare nostri filmati dei tempi Rai con le frasi scritte dai soldati che è andato ad omaggiare, sui muri della loro caserma di Srebrenica. Frasi in fiammingo sulla popolazioni che dovevano difendere e sulle loro donne. Pensieri e umanità più modello SS che da garanti armati delle Nazioni Unite.
Ma per Rutte, loro, i veterani del Dutchbat III, condannati moralmente dal tribunale internazionale dell’Aja, meritano scuse e addirittura «apprezzamento per il modo in cui, in circostanze difficili, continuarono a cercare di fare del bene, anche quando non era più possibile».
Nell’estate del 1995 l’esercito serbo-bosniaco comandato dal generale Ratko Mladić operava nella zona del paese più vicina ai confini serbi sud-orientali, abitata principalmente da popolazione musulmana. A inizio luglio i serbi erano entrati in città dove migliaia di profughi avevano cercato rifugio e protezione dai carchiu blu Onu, in quel caso olandesi. L’inizia della strage quando avevano iniziato a dividere gli uomini in età militare da donne, bambini e anziani, apparentemente per interrogarli
E anche quei caschi blu Onu fecero finta di credersi. I massacri iniziarono già allora, mentre decine di migliaia di civili si rifugiarono in una vicina base assegnata ai militari olandesi delle Nazioni Unite. Dal 12 luglio in poi più di ottomila bosniaci musulmani vennero uccisi nel peggior massacro avvenuto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, ed orrore noto e mille volte denunciato, senza giustificazione possibile. Almeno credevamo, sino a Mark Rutte.
Successivamente i Paesi Bassi vennero coinvolti nei processi internazionali per il massacro e ritenuti in parte responsabili. Nel 2014 la Corte dell’Aia stabilì che lo stato olandese era civilmente responsabile per l’uccisione di trecento musulmani bosniaci rifugiati nelle loro caserme e consegnati agli uomini di Mladic, per poi finire con un colpo alle testa nelle fosse comuni, e impose risarcimenti alle famiglie. Ora il premier olandese decide di risarcire invece «l’onore di perduto» da quei militari che, per il mondo, lo avevano gettato via a Srebrenica, in una della centinaia di fosse comuni in cui ancora si stanno cercando i resti.
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