
Il Medio Oriente è in gran movimento, diplomaticamente parlando. Un esempio? Il principe ereditario saudita e leader de facto della potente monarchia wahabita, Mohammed bin Salman, l’uomo che ha un ruolo fondamentale all’interno dell’Opec, attore di primo piano del mercato del greggio a livello mondiale, sarà in visita in Turchia il 22 giugno prossimo: lo hanno reso noto le autorità turche.
La visita era da tempo nell’aria, perché Ankara e Riad, entrambe schierate sul fronte sunnita contrapposto al fronte sciita guidato da Teheran, stanno cercando di ricucire le relazioni diplomatiche dopo l’omicidio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi. I rapporti tra i due Paesi, rivali regionali, erano infatti scesi ai minimi termini dopo che una squadra di sicari sauditi aveva ucciso, nel 2018, l’editorialista del Washington Post nel consolato saudita a Istanbul. Si era giunti anche a una sorta di embargo non ufficiale dei prodotti turchi da parte delle autorità di Riad nel momento più difficile della crisi diplomatica tra i due paesi mediorientali.
Ma Mohammed bin Salman non è l’unico che cerca di riallacciare i rapporti diplomatici con i suoi vicini. Anche il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, da venti anni al potere ininterrottamente con il suo partito flo-islamico Akp, alleato con i nazionalisti dell’MHP di Devlet Bahceli, gli eredi politici dei “Lupi Grigi” di Alì Agca, sta cercando di rompere l’isolamento regionale della Turchia, riaprendo i contatti con Emirati Arabi Uniti e Israele e anche proseguendo il dialogo con l’Egitto dopo la caduta del governo guidato dai Fratelli musulmani sostenuti, ai tempi della rivoluzione di Piazza Tahrir contro il “faraone” Mubarak, da Ankara.