Geopolitica corrotta, storiaccia americana e bomba elettorale

Gli scheletri nell’armadio della politica e del potere. Indagini, alleanze, trucchi, interessi che spostano gli equilibri geopolitici nel mondo. Nel mirino del Dipartimento della Giustizia americano e dell’FBI, John Allen, ex generale dei Marines che è stato l’incaricato speciale di Barack Obama per la lotta all’Isis. Secondo quanto riportato dalla stampa americana e israeliana, avrebbe esercitato pressioni per conto del governo del Qatar. Cronaca giudiziaria di rilevante peso politico ed elettorale. E di tentazioni strumentali.

Scheletri nell’armadio

Il Medio Oriente, che Biden avrebbe voluto “cloroformizzare”, per concentrare la sua attenzione su altre aree di crisi, continua invece a essere una vera spina nel fianco della politica estera Usa. Ieri, il quotidiano israeliano Haaretz ha rilanciato, con grande evidenza, la notizia diffusa dal New York Times su un’inchiesta “eccellente”. A finire nel mirino del Dipartimento della Giustizia americano e dell’FBI è stato John Allen, che può essere considerato il braccio destro del Presidente Barack Obama nel progetto teso a riportare la pace tra Israele e i palestinesi. Secondo quanto riportato dalla stampa, l’ex generale dei Marines “è sotto inchiesta per avere segretamente esercitato pressioni per conto del governo del Qatar”.

New York Times e Haaretz

Il New York Times aggiunge che l’alto ufficiale (che è stato anche comandante delle truppe statunitensi in Afghanistan) e inoltre sospettato “di avere cercato di nascondere le prove relative alle indagini”. La matassa, come spiegano Haaretz e il New York Times, è abbastanza ingarbugliata. E le indagini rischiano di debordare, allargandosi a macchia d’olio e coinvolgendo, a torto o a ragione, imprese commerciali, centri di potere e istituzioni. Facendo così traballare un’area, come quella mediorientale, che già di suo è in perenne, precario, equilibrio. Per non parlare delle ricadute “di rimbalzo” (sia pure solo a livello di immagine) sulla politica interna americana e sull’Amministrazione democratica.

Generali al soldo?

Dunque, dice Haaretz, i documenti giudiziari citati dal New York Times “mostrano anche che Allen aveva legami commerciali con una società di sicurezza israeliana, precedentemente guidata dall’attuale Ministro della Difesa di Gerusalemme, Benny Gantz”. Il NYT, sempre citato da Haaretz, parla di compensi mensili e di percentuali ricevute da Allen e specifica che “Gantz era il capo dello Staff delle Forze di difesa israeliane, quando Allen stava lavorando al suo piano di sicurezza Israelo-palestinese, sotto l’Amministrazione Obama”.

Brookings Institution

Haaretz si sofferma anche sul fatto che l’ex generale Usa, secondo il rapporto, “ha cercato di prendersi il merito di aver convinto il Qatar a firmare un contratto del valore di 72 milioni di dollari con la società di sicurezza israeliana, che ha sviluppato tecnologie di raccolta di informazioni”. Allen dal 2017 è presidente della “Brookings Institution”, un prestigioso think-tank con sede a Washington, che si occupa di analisi geopolitiche, economiche e di governance.

Lobbying dal Golfo Persico

L’attività di lobbying del Qatar non è nuova ed è riconducibile alle difficoltà, spesso avuto in passato, nelle relazioni politiche con gli altri Stati del Golfo Persico e con gli stessi Stati Uniti. A parere del New York Times, “i documenti del tribunale sono l’ultima prova di un’ampia indagine da parte del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI sull’influenza che nazioni come il Qatar, gli Emirati arabi uniti e l’Arabia Saudita esercitano a Washington. Naturalmente, il fatto che un possibile scandalo di questo tipo coinvolga un “adviser” di rango dell’ex Presidente Obama, non è un buon viatico per i Democratici. E nemmeno il fatto che entri in ballo uno Stato come il Qatar lo è.

Qatar seconda Nato Usa

Tutti ricordano che, recentemente, l’Amministrazione Biden ha definito questo Paese “come il più importante alleato dell’America, al di fuori della Nato”. Ora, sicuramente non sarà così. Ma resta il fatto che, in successione, Obama, Trump e Biden hanno tutti “sdoganato” il ruolo di questo ex sceiccato, sempre molto ambiguo. Trump lo ha scelto come sede per i disastrosi colloqui di pace con i talebani, finiti come tutti sappiamo. Biden ne ha fatto una specie di fortino avanzato della politica americana nel Golfo Persico. Utilizzandolo come mediatore (e cassaforte) per gli scopi più disparati, dalla politica estera all’energia. Quindi, se il gas, la posizione (geografica e politica) e tutto il resto vanno bene, si può chiudere un occhio anche sulla grana dei diritti umani.

Rivelazioni bomba

Certo, fatti come quello che potrebbe interessare Allen hanno un potenziale dirompente, perché scombussolano gli equilibri geopolitici internazionali. In Israele il governo è così fragile che potrebbe cadere anche domani mattina. Gli equilibri del Golfo Persico, tra Arabia Saudita e Iran sono ancora tutti da definire. Col Qatar in mezzo. Una mossa sbagliata e il prezzo del petrolio parte per la tangente.

Problemi elettorali

Le ultime notizie economiche per Joe Biden non solo allegre. La Ministra Yellen ha recitato il mea culpa, ma l’inflazione parte da lontano e in molti cominciano a pensare che Biden abbia strafatto. Ha scaricato, come “stimulus” una montagna di trilioni di dollari (sei) nelle tasche degli americani, che se li sono spesi surriscaldando la domanda post-pandemia. Ora ci mancava solo Allen.

Perché, ricordiamocelo tutti, la cosa che conta sopra ogni cosa, in questo momento, per il Presidente degli Stati Uniti, è quella di non perdere le elezioni di Medio termine.

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