
Si rammenti che, per decenni, il governo di Canberra aveva praticato la “politica dell’Australia bianca”. Vista la scarsità della popolazione, 25 milioni di abitanti in un Paese che ha le dimensioni di un continente, si cercò di favorire l’immigrazione. Erano graditi, però, soltanto anglosassoni e irlandesi, con l’esclusione non solo della gente di colore, ma anche degli europei del Sud. Il governo fece molti sforzi per attirare gli scandinavi, ma senza successo. La politica dell’Australia bianca terminò soltanto nel 1973, e da quel momento di verificò un significativo afflusso di italiani e greci, nonché di indiani e asiatici in genere. La premiership di Albanese è insomma il risultato di questo mutamento di rotta.
Con il nuovo premier si attendono cambiamenti di grande rilievo. Albanese è un ecologista e ha promesso di trovare rimedi per i disastri naturali che hanno spesso colpito la nazione negli ultimi anni. Si pensi agli incendi enormi che hanno devastato gran parte del territorio, colpendo anche la fauna tipica del Paese. I celebri koala, per esempio, stanno rischiando l’estinzione.
Non solo. Il nuovo premier è un repubblicano, e ha fatto capire che proporrà di abbandonare il sistema monarchico che vige in Australia dopo l’indipendenza dal Regno Unito ottenuta nel 1901. Attualmente il capo dello Stato è ancora la regina Elisabetta d’Inghilterra.
Albanese è pure favorevole al disarmo nucleare, e questo potrebbe causare problemi con gli Stati Uniti e gli altri alleati. Usa, Australia e Regno Unito hanno infatti firmato la nuova alleanza “AUKUS” in funzione anti-cinese. Gli americani forniranno alla marina australiana sommergibili a propulsione nucleare per aumentare le loro capacità difensive. E’ opportuno rammentare che questa mossa spiazzò i francesi, che avevano in precedenza firmato un contratto per vendere a Canberra sommergibili tradizionali. Macron reagì con molta durezza.
Il Paese è sempre stato considerato un alleato chiave da Usa e Regno Unito. Ancor più da quando la Repubblica Popolare Cinese ha avviato la sua politica di espansione nel Pacifico. E Albanese dovrà subito affrontare la questione, poiché la Cina sta rapidamente promuovendo accordi di alleanza e cooperazione con molti degli Stati insulari che circondano l’Australia.
Ha iniziato siglando un accordo “di sicurezza” con le Isole Salomone, che hanno una posizione strategica a circa 2000 km dalle coste australiane. Ora sta perseguendo la stessa strategia con gli arcipelaghi di Kiribati e Vanuatu, anch’essi minuscoli, ma strategicamente importanti nello scacchiere del Pacifico. Da notare che i due piccoli Stati avevano in precedenza rapporti diplomatici ufficiali con Taiwan, bruscamente interrotti grazie alle pressioni di Pechino che concesse generosi finanziamenti.
Washington e Londra temono che Pechino intenda portare in queste isole delle basi militari e soprattutto navali, che sarebbero di grande giovamento per le sue mire espansive. Morrison e i conservatori si erano opposti nettamente a tale strategia, ma nelle capitali occidentali ora sorge il timore che i laburisti adottino un approccio più morbido, anche per non danneggiare i fiorenti rapporti commerciali con la Cina di Xi Jinping.
Joe Biden ha subito espresso simpatia per Albanese e le sue idee progressiste. Si tratta però di capire se tale simpatia continuerà a fronte di eventuali cambiamenti anti-occidentali nella politica estera di Canberra.