
Un distillato di saggezza che un commentatore apprezzato, come Gideon Rachman, cuce su misura, sul “Financial Times”, per l’invasione dell’Ucraina. Il titolo della riflessione di Rachman, «La Russia impara una dura lezione sulla follia della guerra», già esprime tutto il senso della sua analisi, che non si fonda soltanto su elementi etici e giuridici. Ma abbraccia anche un alveo più vasto: quello della “convenienza” geopolitica. Sembra quasi una nemesi della storia, ma quando le grandi potenze aggrediscono Paesi più piccoli, ne escono quasi sempre malconce. Rachman non fa sconti e snocciola, come i grani di un rosario, esempi di clamorosi insuccessi mascherati da “operazioni speciali” (la II Guerra del golfo, l’Afghanistan) che hanno riguardato sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica. Ma non la Cina che, con grande lungimiranza, dopo gli scontri col Vietnam, alla fine degli anni ’70, ha pensato di concentrare tutto il suo sforzo in campo commerciale.
Sulla guerra in Ucraina, però, Rachman dice una cosa importante: le previsioni le hanno sbagliate tutti. Anche le agenzie di intelligence americane, che annunciavano una probabile invasione. Perché? Ognuno pensava che le armate di Putin fossero in grado di “liquidare la pratica ucraina” in una settimana. E, di conseguenza, la zigzagante diplomazia preventiva e delle prime fasi del conflitto, è stata condizionata da questa incredibile sottovalutazione delle capacità militari di Kiev. O, se volete, dell’altrettanto stupefacente “sopravvalutazione” delle forze convenzionali russe. A quel punto, il “Piano Gerasimov”, aggiungiamo noi, la nuova dottrina militare di Mosca, elaborata tra il 2012 e il 2013, è andata a farsi benedire.
È probabile che Putin avesse in mente un cambio di regime, perché i 150 mila uomini mobilitati per l’invasione, erano troppo pochi, in caso di forte resistenza, per occupare tutta l’Ucraina. Tra le altre cose, ha utilizzato soldati di leva, poco addestrati e con una logistica da far venire i brividi. Insomma, ha fatto una frittata, da tutti i punti di vista: politico, militare, strategico e, quello che per noi conta di più, umanitario. Però, dicevano i latini, “est modus in rebus”. Tutto questo, cioè, non deve diventare per qualcuno, Oltreoceano, la scusa, anzi, per dirla più tecnicamente, “la finestra di opportunità”, per regolare vecchi conti. O, peggio, per avere la tentazione di cercare di eliminare, una volta per tutte e con un’azione di forza, quello che viene ancora trattato come un “paria”.
Basta leggere qualche rivista specializzata di settore, per vedere se la Russia ha la capacità “convenzionale” di attaccare l’Europa. Chi lo dice mente, sapendo di mentire. Diverso è il discorso, come abbiamo detto più volte, per le armi nucleari “di teatro”. Quelle a corta gittata, lanciate da missili (anche “cruise”), sparate da pezzi di artiglieria o sganciate da aerei. Un Putin con l’acqua alla gola, già roso dalle sue mille nevrosi, potrebbe dare un ordine sbagliato. Scatenando una guerra nucleare “tattica”, che si combatterebbe (è ovvio) solo in Europa.
“Il conflitto in Ucraina si può vincere” ha detto il capo del Pentagono, Lloyd Austin, “anche se la guerra sarà lunga”. E sarà “di logoramento”. Lo sostengono tre analisti (Marc DeVore, Andrew Orr e Ash Rossiter) della “Military Review”, i quali scrivono che “più a lungo resiste l’Ucraina, maggiori saranno gli effetti delle sanzioni sull’economia russa. La combinazione di una crescente sofferenza economica, un numero elevato di vittime e una guerra senza fine può massimizzare la pressione su Putin, affinché cerchi una soluzione negoziata”.
D’altro canto, alla stessa valutazione sulle effettive potenzialità dell’esercito di Putin, arriva un approfondito report dell’Economist: “Quanto è marcio l’esercito russo”? L’articolo non è una riflessione. È un vero e proprio atto di accusa. Le testimonianze riportate (quelle di alti ufficiali occidentali) non ammettono dubbi. Chi doveva sapere sapeva e faceva finta di non vedere. Nella sfera militare, in molti conoscevano il “grande bluff” di Putin. Ovverossia, che le sue forze armate, a parte la componente nucleare e qualche punta di lancia avanzata, nel complesso erano assolutamente inadeguate, come si è accorta troppo tardi l’intelligence occidentale.