E non sono presunti putiniani a chiederselo, ma mezzo Congresso Usa. La tensione con la Russia si alza, dopo l’annuncio dell’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato? Sembra un copione già scritto da un pezzo. Fare entrare i nordici nell’Alleanza atlantica, di gran corsa, ora che l’armata di Putin arranca e, addirittura, perde terreno in Ucraina, suona molto come “excusatio non petita”.
Insomma, si mettano d’accordo: o i russi sono talmente malmessi sul campo di battaglia (come dicono tutti) da non riuscire manco a difendere quel paio di città che hanno spianato, sotterrandole di bombe, oppure la verità “vera” è radicalmente diversa. E cioè, che l’apparato militare convenzionale russo è talmente potente, che presto invaderanno l’Europa. Una barzelletta a cui non crede veramente nessun analista che si rispetti, ma che viene sventolata come una “muleta” da Biden e diversi politicanti europei, che gli vanno appresso. E qualche protagonista televisivo trombettiere ormai oltre misura di decoro.
Certo, il risultato di cotanta ambiguità strategica è una visibile confusione anche tattica e, quindi, diplomatica. Molti, giustamente, si chiedono quali siano i reali obiettivi di Putin. Noi, proviamo a capovolgere la domanda: cosa passa per la testa di Biden? Dove vogliono arrivare gli americani? Diciamo che, per qualcuno, l’Occidente è già in guerra, “non dichiarata”.
il leader democratico della Camera Usa, Steny Hoyer, rivolgendosi ai repubblicani, ha detto, testualmente: “Siamo in guerra con la Russia. Dimenticate di incolpare il nostro Presidente (Biden) e concentratevi sul nemico”. D’altro canto, le polemiche in America ormai sono furibonde.
Il repubblicano Randi Paul ha bloccato giovedì al Senato la tranche da 40 miliardi destinata a Kiev. Che aggiunta ai 6 forniti a partire dal 2014 e agli altri 14 erogati il mese scorso, in totale fanno 60 miliardi di aiuti (principalmente armi e rifornimenti bellici).
Sessanta miliardi che trasformerebbero l’Ucraina, per le risorse ottenute, nella 6ª potenza militare al mondo (la valutazione è di Elias Yousif, dello Stimson Center). Peccato che secondo il congressista Randi Paul, la pur ricca America, tutti quei soldi non ha. «Questi soldi non li abbiamo. Dovremo fare debiti, prendendoli in prestito da Pechino». Un capolavoro di geopolitica, insomma, con Biden che, per indebolire la Russia, dissangua (finanziariamente) l’America con la Cina. Paul fa anche un’analisi comparativa, non certo lusinghiera per i democratici.
L’ammontare degli stanziamenti per la guerra in Ucraina è 10 volte superiore a quello destinato alla ricerca sul cancro. Non solo, ma l’impegno costa quasi quanto tutto il Dipartimento di Stato ed eclissa i budget dei Ministeri della Sicurezza Interna, dell’Ambiente e dell’Energia. E, infine, l’epitaffio: «Con un debito di 30 trilioni di dollari, l’America non può permettersi di essere il poliziotto del mondo».
Quello che impressiona di più, nella stampa americana, quando si parla di guerra ucraina, è la varietà di posizioni e la ricchezza degli approfondimenti, che animano un dibattito vivace e non inquinato da pregiudizi ideologici. Nessuno mette in dubbio le gravi colpe di Putin, ma tutti cercano di “capire” per trovare una soluzione diplomatica, che a questo punto è inderogabile.
Harlan Ullman (Atlantic Council), per esempio, su “The Hill”, ripercorre tuti gli “errori strategici” commessi dalla Nato verso la Russia, negli ultimi 20 anni. Errori che, certamente, non giustificano la brutalità dell’invasione, ma che indicano all’Occidente una strada diplomatica da seguire nel futuro.
Resta un’impressione di fondo che, di giorno in giorno, si fa più evidente. Gli obiettivi strategici e, soprattutto i “rischi” dell’Europa, sono profondamente diversi da quelli degli Stati Uniti. Sia per l’effetto “rebound” delle sanzioni sui sistemi economici del Vecchio Continente e sia sulle prospettive di una malaugurata escalation bellica.
Lo ripetiamo: la forza militare convenzionale della Russia non può reggere lo scontro con quella della Nato. Messo all’angolo, Putin potrebbe arrivare alla follia di ordinare l’uso di armi atomiche “tattiche” (di teatro, a corta gittata). E così il risultato finale di questa crisi, nata male e condotta peggio, potrebbe essere una guerra nucleare limitata solo all’Europa.