
Così il presidente russo Vladimir Putin aprendo il suo discorso per la giornata della vittoria: “Compagni ufficiali, sottoufficiali, compagni, generali e ammiragli, mi congratulo con voi per il 77esimo anniversario della grande vittoria.
Anche ora in questi giorni voi combattete per la nostra gente nel Donbass, per la sicurezza della nostra patria. La Russia è sempre stata favorevole alla creazione di un sistema indivisibile per la sicurezza, ma la Nato non ha voluto ascoltarci. L’aggressione nelle nostre terre storiche della Crimea è stata una minaccia ai nostri confini, inammissibile per noi. Il pericolo è cresciuto ogni giorno, il nostro è stato un atto preventivo, una decisione necessaria e assolutamente giusta“.
Una delegazione di veterani americani della Seconda guerra mondiale “avrebbe voluto venire a Mosca per partecipare alle celebrazioni per la sconfitta del nazismo, ma è stato loro vietato di farlo“. “L’orrore di una guerra globale non si deve ripetere” ha detto Putin, sottolineando che con l’attacco all’Ucraina Mosca ha risposto ad “una minaccia diretta vicino ai confini russi“, perché “un attacco era stato preparato, anche alla Crimea”.
Discorso tanto cauto quanto atteso, ed è una cautela che induce a una piccola speranza, segnala il Corriere della sera. Perché per una volta, sono più importanti le parole non dette di quelle effettivamente pronunciate. Sul palco allestito nella Piazza Rossa, davanti agli «hurrah» dell’esercito schierato, Vladimir Putin non ha fatto alcun riferimento al nucleare, non ha dato inizio ad alcuna escalation, non ha trasformato l’Operazione militare speciale in guerra», sottolinea Marco Immarisio.
Per la prima volta Putin ha riconosciuto il prezzo in termini di vite umane che la Russia sta pagando. «La morte di ognuno dei nostri soldati e dei nostri ufficiali è un dolore che grava su tutti noi» ha detto, aggiungendo che «lo Stato farà di tutto per aiutare le famiglie, e darà un supporto speciale ai bambini delle vittime e ai nostri compagni feriti».
«La sorpresa è stata nei contenuti mancanti, e nel tono del discorso», l’osservazione di molti osservatori. Lo sfarzo tradizionale ma nessuna enfasi trionfalistica, «e neppure alla retorica nazionalista». Poi il ritorno alla questione sicurezza
«La Russia si è sempre battuta per creare un sistema di sicurezza equo e paritario, un sistema di vitale necessità per tutta la comunità mondiale. I paesi della Nato non ci hanno voluto ascoltare e ciò significa che avevano ben altri piani. Ci si preparava a una ennesima aggressione nel Donbass, all’invasione nelle nostre terre storiche, inclusa la Crimea. A Kiev intanto veniva dichiarata possibile l’acquisizione dell’arma nucleare».
«Gli Stati Uniti d’America, soprattutto dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, hanno curato solo la loro esclusività, umiliando così non solo tutto il mondo ma anche i propri Paesi satelliti che sono costretti a far finta di non accorgersi di nulla e a inghiottire tutto questo docilmente».
Non sono volati i caccia in formazione a Z, bloccati dalle avverse condizioni atmosferiche, ha detto il portavoce Dmitry Peskov. «Anche il suo presidente, tutto sommato, ha volato basso. Forse la vera novità è questa: quello di Putin è un discorso in tono minore, quasi sulla difensiva. Come se anche lui avesse voglia di farla finita».
Ma questa è solo una nostra impressione, scrive l’inviato. Una speranza per molti di noi.