Salvato dalla guerra in Ucraina, Boris Johnson a rischio elezioni locali

Voto amministrativo dove circa la metà della popolazione è chiamata alle urne per rinnovare parte parte dei consigli comunali dell’Inghilterra, tutti quelli della Scozia e del Galles, e il parlamento locale dell’Irlanda del Nord: dove la tradizionale rivalità fra unionisti protestanti del Dup e repubblicani cattolici dello Sinn Fein potrebbe dar vita, secondo alcuni sondaggi, a uno storico sorpasso di questi ultimi. E Boris Johnson che ha cavalcato il sostegno militare all’Ucraina per recuperare quei consensi che erano in picchiata in casa, ora alla possibile resa politica dei conti nonostante la patriottica chiamata alle armi.

Elezioni locali test

Grande tornata elettorale nel Regno Unito: si vota per le amministrative in 200 enti locali di Scozia, Galles e Londra e in gran parte del resto del paese. Elezioni soprattutto “metropolitane”. Il confronto chiave sarà a Londra, guidata da un sindaco laburista, Sadiq Khan, dal 2016. Il partito controlla già 21 dei 32 council, i loro quartieri, mentre i conservatori ne difendono soltanto 7. «Il Labour cercherà di rafforzare il proprio controllo della capitale conquistando roccaforti Tory come Barnet e Westminster. A loro volta, i conservatori proveranno a strappare ai laburisti Croydon e Harrow», precisa Leonardo Clausi sul Manifesto.

Referendum Boris Si Boris No

«Soprattutto in Inghilterra, queste elezioni sono una sorta di referendum sull’ulteriore tollerabilità di un governo a guida Boris Johnson, con il premier che barcolla da una crisi all’altra al punto da essersi fatto superare nei sondaggi dal neo-New Labour sdoganato da Keir Starmer».

Scenari convulsamente mutati

A cinque anni dalle ultime elezioni amministrative, nel 2017, gli scenari nel Regno Unito sono radicalmente mutati. Allora il paese era ancora nell’Unione europea, il primo ministro era Theresa May e il Labour era guidato da Jeremy Corbyn. «Messi da parte la troppo filoeuropea May e il virulento antisemita Corbyn, a guidare (in retromarcia) il paese in questi tempi di pestilenza e guerra è rimasto questo Johnson, l’unico primo ministro europeo capace di incarnare la trinità collodiana di gatto, volpe e burattino».

Gatto, volpe e burattino

«Bravissimo a vincere le elezioni ma incapace di governare» è il ritornello che lo perseguita. E già dalla fine delle negoziazioni Brexit, Johnson sembrava avviato verso un declino accelerato «per via delle arcinote, innumerevoli marachelle: le sue – il partygate, le multe della polizia per le feste pandemiche – e quelle consustanziali all’accozzaglia di destra di cui è araldo: sessismi a go-go, appalti per gli amici degli amici, ecc».

Le ‘pinocchiate’ di Boris

La ‘working class del nord’. «Difficile che i Tory mantengano la fiducia presso comunità dove le pinocchiate di Johnson incontrano i severi sguardi puritani del Nord, a prescindere da quante volte si faccia paracadutare a Kiev». Anche e soprattutto per questo, secondo un sondaggio, i conservatori sarebbero sulla buona strada per perdere quasi 550 seggi nella peggiore performance da quando Tony Blair guidava al galoppo i laburisti nei formidabili anni ’90 (quando la City sprintava tachicardica a coca e champagne)».

«Se “Boris” non è ancora stato defenestrato, è per via dello schianto in gradimento dell’ex premier in pectore Rishi Sunak, travolto dall’oscena ricchezza esentasse della moglie e dalla propria».

In Galles e Scozia, bastonate

Nel Galles dominato ininterrottamente dai laburisti da un secolo non si aspettano sorprese che arriveranno invece in Scozia, dove si vota col proporzionale, e dove, secondo i sondaggi, ai conservatori di Boris è annunciata una mazzata che li ridurrebbe a terzo partito dietro Labour e naturalmente, agli indipendentisti scozzesi.

Ma la bomba è nord irlandese

Ma i veri guai per Johnson sono nordirlandesi, per quell’accordo sulla Brexit che crea un confine attraverso il Mare d’Irlanda. Secondo i sondaggi, per la prima volta dalla spartizione nel 1922, un partito unionista non sarà più alla guida di un assetto costituzionale pensato apposta per dargli la maggioranza. Non oltre il 20%, il Dup è dietro lo Sinn Féin, al 26-27%. I nazionalisti nordirlandesi potrebbero rivendicare la carica di primo ministro, lasciando quella di vice al Dup.

«Dopo la sutura frettolosa del pastrocchio Brexit, il bubbone nordirlandese è prevedibilmente cresciuto, ed è lecito temerne una non troppo remota esplosione. L’ultima, solo in ordine di tempo».

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